Ray Bradbury: fantasy cowboy

Per approfondire la conoscenza di Ray Bradbury
Autore:
Pagani, Pietro
Fonte:
CulturaCattolica.it



Bradbury è uno scrittore veramente unico. Leggendolo [1] (e rileggendolo) ho scoperto che mi è davvero simpatico e per diversi motivi: scrive molto bene; ha una fantasia sterminata; non ha bisogno di particolari "effetti speciali", poiché le sue immagini sono piene di reale poesia; e (cosa fondamentale) non si vergogna delle proprie idee… magari non tutte condivisibili ma sicuramente coraggiose, schiette e "provocatorie" nel senso più intelligente del termine.

Ray nasce il 22 agosto 1920; terzo figlio di Leonard Spaulding Bradbury (un operaio elettrico) e di Esther Marie Moberg (di origine svedese) e passa i primi anni della sua vita nel Midwest (a volte nascere in mezzo a sconfinate pianure spesso prede dei tornado segna tutta una vita).
Dal 1934 (in piena depressione) la famiglia Bradbury si trasferisce a Los Angeles (a contatto con l'ambiente californiano Ray scopre la fantascienza).
Nel 1938 si diploma alla Los Angeles High School (il suo percorso scolastico termina qui; continuerà a studiare per conto suo: di notte nelle biblioteche e di giorno presso la tipografia in cui lavora).
Nel 1939, pubblica quattro numeri di Futuria Fantasia, un suo fan magazine, contribuendo con suoi scritti alla maggior parte del materiale pubblicato.
Dal 1943 interrompe il suo lavoro come distributore di giornali ed inizia a scrivere a tempo pieno, fornendo numerosi racconti brevi a vari periodici.
La sua reputazione di scrittore di fantascienza è sancita con la pubblicazione di The Martian Chronicles: siamo nel 1950.
Nel 1953 esce Fahrenheit 451: è il trionfo.
Gli scritti di Bradbury hanno ricevuto molti riconoscimenti [2], ma il più inusuale è sicuramente quello attribuitogli da un astronauta della missione Apollo 11 che battezzò un cratere lunare con il nome Dandelion dopo aver letto il racconto di Bradbury, Dandelion Wine [3].
Oltre alla produzione narrativa [4] è bene ricordare il suo impegno anche in campo cinematografico, teatrale e poetico.
Per John Huston ha scritto la sceneggiatura del celebre Moby Dick con Gregory Peck; in teatro ha adattato parecchi dei suoi racconti e anche episodi delle Cronache marziane.
Bradbury vive ancora in California e… continua a scrivere.

La Fantasia come Scienza (e Fantascienza) del reale

Bradbury è sempre stato definito come uno dei maggiori scrittori di fantascienza, ma il rifiuto di questa "etichetta" ed alcuni "distinguo" da lui enunciati, rappresentano degli interessanti spunti di riflessione.
"Non ho mai scritto molta fantascienza, è un'etichetta che mi hanno appiccicato (…). La fantascienza che ho scritto è Fahrenheit 451: infatti tutto quello che è nel libro è completamente possibile (…). Gli altri miei scritti sono fantasy; (…). Le Cronache marziane sono una fantasia. La differenza? La fantascienza è la scienza del possibile, io invece scrivo l'impossibile (…). La fantascienza deve essere possibile, la fantasia è l'arte dell'impossibile: se fai camminare la gente attraverso i muri, è fantasia; se scrivi fantascienza devi disintegrare il muro per poterlo attraversare, e devi farlo usando le leggi della fisica (…). Io sono uno scrittore di mitologie e un raccoglitore di metafore (…)" Bellissima sfida.
Entusiasmante però rendersi conto che proprio perché nei suoi scritti realizza tale prospettiva, essi sono pieni di una concretezza e di una bellezza inusuali.
Ma come è possibile ciò?

Bradbury è "scrittore di mitologie" poiché il "mito", per lui, coincide concretamente con la capacità di utilizzare eventi fantastici per descrivere i rapporti tra gli uomini, tra l'uomo e la natura, tra la natura e ciò che è soprannaturale e quindi poter spiegare le origini delle cose e del mondo; e non è forse dal mito così inteso che ha origine la filosofia, la scienza stessa e dunque la capacità di riflettere, con metodo, sull'esperienza?

Ma questo, sorpresa, vale anche per l'utilizzo delle metafore. Metaphorá significa "mutamento", deriva da metaphérein, termine composto: metá - "oltre" e phérein - "portare".
Compresa ed utilizzata in questo modo la metafora è qualcosa di più di una figura retorica (paragonabile a una similitudine abbreviata): è strumento efficace per superare, appunto "andare oltre". Oltre le apparenze, oltre a quello che si capisce, che si sa o si crede di sapere [5].

E poi la fantasia di Bradbury è anch'essa una capacità ben precisa (e quindi un' esperienza):
"(…) Einstein aveva detto chiaramente che la teoria è una cosa, l'immaginazione un'altra; ma ha anche detto che il più grande dono che puoi avere come scienziato è l'immaginazione, l'abilità di fantasticare (…). E la conquista dello spazio, adesso! E nessuno si occupa delle trasformazioni straordinarie che avvengono in conseguenza della conquista dello spazio: in filosofia, in psicologia, nelle arti, nella teologia stessa! (…). E i problemi che ne sorgono? (…)". La fantasia in Bradbury diviene metodo per dilatare l'osservazione della realtà: la conquista dello spazio è il sasso lanciato nell'acqua, tutte le questioni derivanti sono i cerchi concentrici che si allargano intorno al punto d'impatto del sasso. Insomma tra le sue righe si può scoprire il mondo.
È per tale ragione che, in Bradbury, risiedono e convivono senza alcuna discrepanza le immagini fantastiche (ad esempio quella degli uomini-libro che imparano a memoria un determinato testo e lo tramandano - con la quale si chiude Fahrenheit 451; oppure quella del manicomio marziano in cui sono rinchiusi gli esploratori terrestri [6]) e una capacità di giudizio sulla realtà tale da fargli dire che tra le sfide più importanti del futuro vi è: "L'istruzione prima di ogni altra cosa. Negli Stati Uniti l'istruzione è andata al diavolo, non riusciamo più a insegnare adeguatamente a leggere e a scrivere, stiamo crescendo una generazione di idioti. Non so quale sia la situazione in Italia, ma problemi simili esistono anche in Inghilterra in Francia in ogni parte del pianeta. E senza istruzione non c'è futuro. Né tanto meno cambiamenti. Viviamo in una società tecnologica. E se non sappiamo leggere e scrivere non possiamo neanche usare e padroneggiare queste macchine che stanno influenzando le nostre vite (…). È da imbecilli no?"

La questione allora non risiede nel fatto se Bradbury sia o meno uno scrittore di fantascienza ma nel tipo di fantascienza che egli propone: "(…) Il problema con la fantascienza è che ormai si occupa solo di scienza impazzita (…)". Mi sento di condividere in pieno la sua sottesa obiezione alla fantascienza contemporanea: quella di essere priva della capacità di fantasticare sul serio; in questa prospettiva è allora chiaro cosa significhi che "(…) la fantascienza deve nascere da un sogno. La fantascienza sogna il futuro e ne fa una mappa".

Un po' cowboy un po' pellerossa…

Fahrenheit 451 è il suo libro più importante?
"Non faccio mai graduatorie: ho 4 figlie, 8 nipoti, 7 gatti, 40 libri, 600 racconti".


Mr. Bradbury è vero che ha inventato il walkman?
"Non io. Io ho immaginato degli auricolari stereo nel mio romanzo Fahrenheit 451, quarantotto anni fa. Quindici anni fa degli ingegneri giapponesi della Sony si sono presentati nel mio ufficio con una radio Walkman, me l'hanno messa all'orecchio e hanno detto, "Fahrenheit 451, Fahrenheit 451!". Avevano letto il libro e hanno inventato quell'aggeggio. Sempre in Fahrenheit 451 potete trovare schermi televisivi a tutta parete, e la tv interattiva. In un altro racconto intitolato "Il veldt" ho inserito la realtà virtuale, mentre ne "L'assassino" c'era l'antesignano dei cellulari. Ma sono la persona meno indicata a parlare di tecnologia… Non ho nemmeno il computer" [7].


Cosa pensa della clonazione?
"Ma a che diavolo serve? Ci sono gli uomini e le donne, non è meglio clonarsi andando a letto insieme?"


Ha una regola per la felicità?
"Scrivere duemila parole al giorno, ma per farlo bisogna essere sempre innamorati. Non è un lavoro, è un divertimento. Mai avuto bisogno di prendermi una vacanza."


Sua moglie è mai stata gelosa dei suoi libri?
"Cinquantacinque anni fa la mia dichiarazione era stata chiara: "Marguerite, andrò sulla Luna e su Marte, vuoi venire con me?". Avevo 8 dollari in banca. Al matrimonio ho dato al prete una busta con 5 dollari. Mi ha chiesto: "Ma non sei uno scrittore?". E me li ha restituiti."


Questo mondo le piace?
"Ho cercato di cambiarlo non solo nelle mie storie. Pochi lo sanno ma ho realizzato anche progetti urbani, a San Diego, Century City, Pasadena e Hollywood. Il concetto è restituire alla gente spazi umani."
[8]

E uno suo consiglio a un aspirante scrittore?
"È la quantità che produce la qualità."

Cosa pensa dell'insegnamento della letteratura?
"(…) Non credo affatto all'insegnamento della letteratura! Capita continuamente, in America, che lo scrittore più o meno celebre sia avvicinato da madri ansiose di consigli per un figlio con tendenze letterarie. La risposta onesta è una sola: "comprargli una macchina da scrivere"! Poi, che s'arrangi. Le lezioni private di un Premio Nobel non servono a nulla! E sono convinto che invece di frequentare le classi di letteratura si impara molto di più nelle biblioteche pubbliche. Anche solo passeggiando e leggendo i titoli negli scaffali; e annusando i libri; e aprendone uno ogni tanto ".


E allo stesso tempo lo sentiamo affermare:
"(…) perché so bene quello che voglio!. Influenzare una comunità mentre si sta formando!... Coi libri, coi saggi, certo, ma anche con racconti sulle riviste, con articoli sui giornali... Servendomi di ogni mezzo d'espressione: cinema, teatro, radio, televisione... Scrivere oggi di trasporti pubblici e di gallerie d'arte, di pubbliche relazioni e urban planning, è un modo pratico di insegnare a essere umani... Ecco perché trovo irrilevante e inutile ogni letteratura dell'assurdo e deploro che non esista in America un teatro di idee".

Chiudo riportando alcune affermazioni sui viaggi spaziali in cui emerge tutta la "visionarietà" e la capacità di fantasticare di Bradbury, e al contempo un interessante giudizio sull'uomo come "dato" e quindi come soggetto della creazione.
"(…) Sullo spazio io voglio essere religioso. È così meraviglioso il miracolo della vita, è così fantastico (…). Dopo tanto caos, dopo tanta attesa, sulla terra (…) è cominciata la vita primitiva, il vasto teatro del miracolo sul nostro pianeta. Non abbiamo idea di come sia successo ma è successo: improvvisamente i minerali della terra sono diventati vivi. Poi c'è voluto un altro miliardo di anni perché le forme primitive di vita si mettessero a nuotare verso il sole, sviluppassero un occhio, un'ala, l'uomo. Ed eccoci qui, e cosa siamo? Siamo il pubblico di cui l'universo ha bisogno per essere visto (…). Non possiamo vivere la nostra vita senza restituire il dono che dobbiamo all'universo per averci creato (…). Andiamo su Marte perché vogliamo sapere di più sul miracolo dell'universo che ci circonda".

Davvero pensa che l'uomo andrà a vivere su Marte? "Certo. E non importa se troveremo o meno l'acqua o altri materiali. Noi siamo i marziani, non possiamo aspettarci di trovare la vita altrove, portiamo la vita con noi. Noi siamo come gli italiani di mezzo millennio fa, come Colombo e Caboto e Verrazzano (…). Noi siamo la nuova specie di italiani che andrà su Marte".

Bradbury forse rischia il panteismo ma la sua positività (capacità ormai rara) fa comunque ben sperare…

Note

1. Commento liberamente tratto da alcune interviste (Liberal, 29 luglio 1999; La Repubblica, 21 aprile 1999; Panorama, 23 maggio 2002; La Repubblica, 5 gennaio 2004).

2. L'opera di Bradbury è stata inclusa nelle collezioni del Best American Short Story (1946, 1948, 1952). Ha vinto l'O. Henry Memorial Award, il Benjamin Franklin Award nel 1954, l'Aviation-Space Writer's Association Award per il miglior articolo sullo spazio su American Magazine nel 1967, il World Fantasy Award per tutta la sua opera, e il Grand Master Award dall'associazione degli scrittori americani di fantascienza Science Fiction Writers of America. Il suo film sulla storia del volo, Icarus Montgolfier Wright, è stato nominato per un academy award.

3. Dandelion Wine, 1957. Presente anche nelle raccolte L'estate incantata e 34 Racconti (ed. Mondadori 1985 - 1991)

4. Bibliografia essenziale. Romanzi: Fahrenheit 451, 1953 (Mondadori 1989); Dandelion Wine, 1957 (L'estate incantata Mondadori 1991); Something Wicked This Way Comes, 1962 (Il popolo dell'autunno Rizzoli 1995); The Halloween Tree, 1972 (L'albero stregato Emme 1976); A Graveyard for Lunatics. Another Tale of Two Cities, 1990 (La follia è una bara di cristallo Rizzoli 1995). Antologie: Cronache marziane (Mondadori 1990); L'uomo illustrato (Editori Associati 1995); Molto dopo mezzanotte (Mondadori - Oscar 1979); 34 Racconti (Mondadori - Oscar 1984); Viaggiatore del tempo (Rizzoli 1989).


5. Cfr. Giugno 2002 L'immensità o meglio ancora Agosto 2002 - Incontro di notte (Night Meeting) in Cronache Marziane

6. Cfr. Agosto 1999 I terrestri in Cronache Marziane.

7. Molta critica ha spesso indicato l'opera di Bradbury come caratterizzata da una aperta ostilità nei confronti della tecnologia. In merito a tale questione ed anche sul come il "radicale ottimismo" dell'autore sia riuscito a informare la "concezione della macchina e del rapporto di essa con l'uomo" si rimanda all'ottimo saggio di Ilaria Biondi: IL "SOGNO ELETTRICO" DI RAY BRADBURY, reperibile su www. futureshock-online.info (N. 41). L'autrice approfondisce l'interessante concetto che Bradbury, nei suoi scritti, al limite si oppone "(…) nei confronti di ogni forma di tecnologia che venga utilizzata per soffocare la libertà individuale e lo spirito democratico, e che distrugga e disgreghi il nucleo familiare (…)."

8. Ray Bradbury è stato l'ideatore del padiglione degli Stati Uniti nel 1964 al New York World's Fair. Ha contribuito alla realizzazione di Spaceship Hearth, EPCOT, Disney World, e all'Orbitron space ride a Euro-Disney in Francia. E' stato il consulente creativo per la Jon Jerde Partnership, lo studio di architettura che ha progettato la Glendale Galleria, il Westside Pavilion a Los Angeles, e Horton Plaza a San Diego.