Il ritorno di Ray
Breve nota su "Ritornati dalla polvere"- Autore:
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Un altro bel regalo di Ray Bradbury per la nostra collezione di libri.
Ritornati dalla polvere [1] è un libro inusuale (come piacciono a me) sia per genesi che per forma che, infine, per contenuto.
La genesi. «Dove prendo le idee per i miei racconti, e quanto tempo ci metto a scriverne uno dopo aver avuto l'idea giusta? Cinquantacinque anni oppure nove giorni. Nel caso di "From the Dust Returned" (Ritornati dalla polvere) il materiale cominciò a coagularsi nel 1945 ed è arrivato a compimento nell'anno 2000 (…)» [2].
La forma. Anche in quest'ultima fatica di Bradbury è possibile rintracciare la sua grandissima capacità narrativa: mirabile è l'unità che ci guida tra i vari racconti che compongono l'opera; sempre poetico nella sua essenzialità il linguaggio utilizzato [3]; e ancora smagliante la modalità di proporre il mito (ovvero l'utilizzo di eventi fantastici per descrivere, nella fattispecie il rapporto tra naturale e soprannaturale, e allo stesso tempo, per mettere in discussione la concezione che abbiamo di noi stessi e della realtà che ci circonda).
Il contenuto. In una casa che ha attraversato il tempo e lo spazio, vive una strana famiglia: una nonna che ha visto edificare la Sfinge, Padre e Madre che poco hanno a che fare col mondo dei "vivi", Cecy la bella figlia capace di assumere qualsiasi sembianza, lo Zio Einard con le sue ali, un gatto, un ragno ed un bambino (non figlio di Padre e Madre poiché accolto quando fu abbandonato in fasce e che, non a caso è definito "il Visibile, il beneilluminato, il facilmente rintracciabile" [4]). La casa e i suoi abitanti si stanno preparando ad una festa che riunirà i rami più lontani della famiglia.
L'immaginazione di Bradbury ha, ancora una volta, dato vita ad un'opera in cui il fantastico ed il meraviglioso (sotto le spoglie spettrali di spiriti e non vivi o vivi che sono stanchi di esserlo…) incarnano in maniera emblematica, come segno o metafora, tutta l'alterità che il mondo contemporaneo non sa più cogliere.
Il libro contiene diversi spunti interessanti. Ma prima di tutto una premessa di metodo: da subito ci si rende conto di trovarsi di fronte al tentativo (classico per Bradbury e, come al solito, molto ben riuscito) di dare voce a chi non ce l'ha…
I protagonisti dei racconti non sono "come noi".
«E il suo nome?» disse Miss Halliday alla fine. «Non ho un nome» sussurrò il paziente.
«Mille nebbie hanno strisciato sulla tomba di famiglia. Mille piogge hanno inzuppato la mia lapide. I segni dello scalpello sono stati cancellati dalla nebbia, dall'acqua e dal sole. Il mio nome se n'è andato con i fiori, l'erba e la polvere di marmo.» [5]
I protagonisti di Ritornati dalla polvere sono gente "come loro"…
«Sei uno dei nostri?»
«Sono uno dei vostri o sono semplicemente insieme a voi? (…) E cosa sei tu o tutti noi? Abbiamo un nome? Una forma? Quale è la nostra stagione? Siamo simili alle piogge d'autunno o alle foschie sulla brughiera? Le nebbie del crepuscolo ci somigliano? E come ci muoviamo: di corsa, acquattandoci, saltando? Siamo forse ombre su un muro in rovina, siamo polvere sollevata dagli starnuti degli angeli di pietra che stanno sulle tombe? Levitiamo, voliamo, ci limitiamo a strisciare negli ectoplasmi di ottobre? Siamo un rumore di passi che ci sveglia per richiuderci sotto il coperchio di bare chiodate? Ma forse non siamo che il battito di un cuore che freme mentre è stretto in un artiglio, in una mano o tra i denti (…) Siamo le immagini furtive nello specchio, che esistono anche quando nessuno le guarda? Abitiamo nei muri, come insetti della morte che segnano il tempo? Il nostro terribile respiro è il risucchio dei camini? Quando le nuvole velano la luna, noi siamo nelle nuvole? Quando l'acqua scroscia dalla bocca dei doccioni, siamo noi quei suoni senza lingua? (…) Quando dagli alberi d'autunno piovono foglie gialle, siamo noi quell'oro di Mida, quella cascata che risuona di sillabe secche? (…)» [6]
Interessantissima sfida, poiché ancora una volta Bradbury ci invita a "entrar in metafora": come nel suo capolavoro (Cronache marziane) ha usato di Marte per parlare della Terra, oggi, con Ritornati dalla polvere usa spiriti e "non vivi" (dark side of the moon) per venire a ricordarci una serie di "questioni non da poco". Alcuni esempi?
La cultura del pettegolezzo
«Questa è l'epoca delle scoperte e delle rivelazioni. Le immagini volano nell'etere, i suoni rimbalzano nel vento. Le cose sono sotto gli occhi di molti, le voci possono essere udite da tutti. Decine di milioni di viaggiatori sulle strade. Non c'è via di fuga, e noi siamo stati scoperti dalle parole che riecheggiano nell'aria, dalle immagini che un raggio di luce trasporta nelle case, dove i bambini e i loro genitori assistono tranquillamente allo spettacolo di Medusa che, con un paio di antenne da insetto in testa, parla senza pudore, cercando il modo di farsi punire.»
«Per che cosa?»
«Non c'è bisogno che vi sia una ragione. Quello che conta è la rivelazione del momento, gli insignificanti allarmi e digressioni della settimana, il panico di una singola notte, tanto nessuno chiede il perché. Morte e distruzione sono servite in diretta e i bambini guardano con i genitori alle spalle, impietriti da un gelido incantesimo di pettegolezzi non richiesti, di calunnie innecessarie.» [7]
La non memoria della morte
«I muti parleranno, gli stupidi ragioneranno e noi siamo distrutti. Distrutti (…) Il diluvio verrà presto (…) inondazioni, maree di uomini …»
«Ma cosa abbiamo fatto?»
«Niente. Siamo sopravvissuti, questo è tutto. Quelli che verranno a sommergerci sono invidiosi delle nostre vite secolari, millenarie. Poiché siamo diversi, dobbiamo essere spazzati dalle onde.»
«Volete sapere un altro motivo per cui il tempo cambierà e arriveranno le inondazioni?» chiese la vecchia mummia. «Mi odiano perché io sono la conoscenza accumulata della Morte. Conoscenza che per essi è una maledizione, anziché un utile fardello.»
«Ma si può (…) si può ricordare la morte?»
«Oh, sì, ma solo i morti possono farlo. Voi vivi siete ciechi; noi siamo bagnati dal Tempo, rinascendo come figli della terra, eredi dell'Eternità. Siamo andati alla deriva, dolcemente, per fiumi di sabbia e torrenti di buio, abbiamo familiarizzato con il bombardamento incessante delle stelle, i cui raggi piovono sulla terra dopo milioni di anni, e vengono a cercare delle piantagioni d'anime … Le nostre anime imbozzolate come grandi semi, sepolte sotto strati di marmo, scheletri in bassorilievo e rettili volanti che spiegano ali larghe un milione d'anni, ma profonde appena un respiro! Siamo noi i guardiani del Tempo. Voi camminate sulla terra e conoscete l'attimo che sparisce con il prossimo respiro. Poiché vivete e vi muovete, non potete custodire. Noi siamo granai di oscuri ricordi; le urne funebri non contengono soltanto i nostri occhi, ma i nostri abissi, più profondi di quanto possiate immaginare. E là si accumulano, come ore perdute e sotterranee, tutte le morti del mondo, le morti su cui l'umanità ha costruito molti edifici di carne e castelli in pietra che s'innalzano al cielo, mentre noi ci immergiamo sempre più nel profondo, protetti dalla penombra e oscurati dalla mezzanotte. Noi custodiamo. Siamo ricchi in addii. Non vorrete negare, ragazzi, che quaranta miliardi di morti rappresentino un bel po' di saggezza: messi insieme, gli abitanti del sottosuolo sono un gran regalo per i vivi, perché fanno in modo che possano continuare a vivere. (…) Il vostro lieve fardello sarà una conoscenza fondamentale per l'esistenza, perché solo la morte può liberare il mondo e farlo rinascere.» [8]
L'incapacità a credere
«Ascoltami, e io racconterò la storia di questa crescente marea di incredulità. Il mondo giudaico – cristiano è in rovina. Il roveto ardente di Mosè non brucia, Cristo teme di uscire dalla tomba perché l'incredulo Tommaso potrebbe non riconoscerlo. L'ombra di Allah scompare a mezzogiorno, sicché cristiani e mussulmani si affrontano in un mondo tormentato da guerre, per prepararne una più grande. Mosè non scese dalla montagna perché non vi salì mai. Cristo non morì perché non fu mai messo al mondo (…) Non solo Gesù è stato abbandonato e Nazareth è in rovina, ma gran parte della popolazione non crede più a niente. Non c'è spazio per il sacro e il terribile. Siamo in pericolo anche noi, intrappolati nella tomba di un falegname che non fu mai crocifisso, spazzati nel vento con il roveto ardente, mentre la Nera Pietra d'oriente spara i suoi colpi di mortaio prima di crollare. Il mondo è in guerra. Essi non ci chiamano Nemici perché questo equivarrebbe a darci carne e sostanza (…) Ci fanno la guerra fingendo (…) che non abbiamo carne né sostanza. È una guerra di finzioni (…) ora il mondo è pieno di guerrieri che non attaccano, di gente che si volta dall'altra parte o ci passa attraverso (…) un'altra ondata di noncuranza, un'altra tempesta di nichilismo venuta dal nulla (…) e la Famiglia (Elliott) sarà cancellata da un semplice verbo la cui declinazione suona così: voi non esistete, non esistevate, non siete mai esistiti.» [9]
Grande Bradbury che ci ricorda che il vero problema dell'uomo contemporaneo è la sua incapacità a dar credito a ciò che sta fuori di lui…
"Incredulità", "non curanza" e "nichilismo"; ecco le premesse alla ratzingeriana "dittatura del relativismo" con cui siamo chiamati a fare i conti, ogni giorno.
Note
[1] RAY BRADBURY, Ritornati dalla polvere, Collezione Strade blu Mondadori 2002. Una piccola curiosità: l'edizione Mondadori ha scelto una bellissima copertina: un disegno di Charles Addams ("inventore" della celeberrima "Famiglia Addams"), eseguito proprio agli inizi degli anni Quaranta per la prima pubblicazione di uno dei racconti contenuti nell'attuale edizione, raffigurante un'orrorifica casa verso cui tendono spiriti e strane creature.
[2] Dalla postilla dell'autore, Raduno di famiglia, presente nell'edizione sopra citata.
[3] Ottima anche la traduzione poiché riesce a rendere con chiarezza il livello poetico del testo.
[4] Cfr. pag. 106, Cap. XIV "Gente d'ottobre"
[5] Cfr. pag. 87, Cap. XII "Sull'Orient Express"
[6] Cfr. pagg. 99 e 100, Cap. XIII "Nostrum Paracelsium Crook"
[7] Cfr. pag. 158, Cap. XXI "Ritorno alla polvere"
[8] Cfr. pagg. 159 e 160, Cap. XXI "Ritorno alla polvere"
[9] Cfr. pagg. 105 e 106, Cap. XIV "Gente d'ottobre"