“Padrone della vita...” 3 – Il dittatore del mondo
"Una delle prime cose di cui si era reso conto, all’inizio di quel drammatico periodo, era stato il fatto che il direttore di Poppy aveva poteri di vita e di morte sull’umanità. Padrone della vita, padrone della morte.Come un Dio, aveva assunto entrambe le responsabilità".
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Roy Walton, il protagonista del romanzo di Silverberg, è a suo modo un personaggio tragico.
Non è inquietante e luciferino come Giuliano Felsemburgh, “il padrone del mondo” dell’omonimo romanzo di Benson, ma si trova proiettato per il tumultuoso succedersi degli avvenimenti in una responsabilità di cui sente tutto il peso. Invidia il piccolo cameriere del suo club, il quale “non aveva mai da compiere una scelta, non aveva mai da prendere le decisioni dolorose delle quali era fatto ogni minuto della sua vita, di una vita terribilmente, odiosamente complicata, che Walton sentiva di odiare profondamente, con tutte le sue forze”.
Catapultato suo malgrado al vertice di Poppy (il Piano per il Controllo della Popolazione), nel corso della storia Walton si trasforma via via in un essere sempre più spietato e crudele, tanto che il cinismo sembra la chiave di lettura dell’intera opera. Il motto preferito del vecchio direttore poi assassinato, recitava: “Se vuoi conservare la ragione, pensa a quella gente come a pedine su una scacchiera, non come a esseri umani, mai, in nessun caso”.
Subito all’inizio Roy viene meno a questo principio insano: con grande rischio personale modifica la scheda medica di un neonato destinato all’eutanasia. Il piccolo Philip Prior, perfettamente sano ma potenzialmente destinato alla tubercolosi, è stato condannato al “Sonno Felice” (un bell’esempio di neo-lingua). Il padre, Lyle Prior, è il poeta preferito di Roy, che coltiva nel poco tempo libero un interesse per la poesia. Lyle riesce a penetrare nello studio riservato di Roy, e gli chiede accoratamente la grazia per il figlio. Walton sulle prime rifiuta: la Legge sul Controllo non permette eccezioni. Ma poi lavorano in lui due pensieri:
“Era una cosa normale stare seduto là, in quell’orrendo edificio, e firmare gli ordini di invio al Sonno Felice... ma vedere “di persona” una di quelle persone, e cercare di convincerla della necessità...”.
E poi: “Anche Keats era stato tubercoloso. ‘A che servono i poeti?’ si chiese rabbiosamente, con un impeto disperato. E la risposta venne in fretta: ‘A che serve tutto il resto, allora? Keats, Shakespeare, Eliot, Yeats, Donne, Pound, Matthews... e Prior. Come sarebbe stata più cupa la vita senza di loro’, pensò Walton...”
E Roy Walton decide di salvare Philip: una sola eccezione e poi basta... Questo gesto, scoperto dal fratello, peserà come una spada di Damocle su di lui per l’intera storia, e sarà più volte occasione di pentimenti e di ripensamenti.
Questo personaggio, capace di umanità vera e di pietà, si trasforma poi in un machiavellico dittatore. Si isola sempre più nel suo studio dal quale dirige i destini del mondo (tanto che il romanzo è quasi un “Kammerspiel”, un teatro da camera, anche se parla di mondi vertiginosamente lontani come Venere o Nuova Terra). “Ma tu sei un ‘dittatore’! Tu muovi gli uomini come se fossero pedine degli scacchi, Roy”, gli urla il fratello appena condannato alla segregazione e poi all’eutanasia coatta. E alla fine Walton non esita a manipolare i popoli, utilizzando i mass media per cambiare l’opinione generale (anche in questo Silverberg è un profeta).
Il bilancio che Roy, ormai disperato per il precipitare degli avvenimenti, trae del suo lavoro è di una lucidità spietata:
“Walton ripensò agli eventi degli ultimi nove giorni. Una delle prime cose di cui si era reso conto, all’inizio di quel drammatico periodo, era stato il fatto che il direttore di Poppy aveva poteri di vita e di morte sull’umanità. Padrone della vita, padrone della morte.
Come un Dio, aveva assunto entrambe le responsabilità. Aveva dato la vita a Philip Prior; questo era stato l’inizio della catena degli eventi, e il primo di una lunga catena di errori... perché la vita non si poteva concedere, quando la legge diceva che bisognava toglierla.
E adesso, aveva dato la morte a Frederic Walton, un atto di per se stesso più che giustificabile, anzi, doveroso, ma le cui conseguenze lo avevano portato a essere il più grande di tutti i suoi errori. Tutti i suoi piani erano giunti alla fine di un vicolo cieco. Ora qualsiasi aiuto avrebbe dovuto giungergli dall’esterno. I suoi sforzi erano stati compiuti in tutta onestà. Lui non era Dio. Eppure aveva cercato di fare il maggior bene possibile. Se qualcuno, chiunque, l’avesse approvato in quel momento, era il momento di venirgli in aiuto”.
Questa vera e propria “preghiera” si basa su due presupposti equivoci: la intoccabilità della legge, e la “tutta onestà” di Roy, dittatore suo malgrado.