Creazione e Apocalisse 3 - Ma quale Dio? E quale Creazione?

Russell dà risposta emotivamente sbrigativa a una serie di problemi su cui metafisica e teologia hanno scavato abissi di riflessione: il senso ultimo dell’Universo, il piano divino, la libertà dell’uomo di fronte alla proposta divina, il dolore, il peccato, il bene e il male…
Autore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Ma quale Dio? E quale Creazione?
Si risentono nel racconto influssi filosofici greci (dal plotinismo: la dispersione di Dio nel molteplice e il ritorno all’unità come scopo finale del cosmo; alla concezione drammatica dello “fthònos theòn”: l’invidia degli dei, sostanzialmente crudeli e nemici degli uomini).
Il Dio di Russell è solo e triste, e piega la sua onnipotenza a un disegno di “rottura della solitudine” per avere “molte esperienze, tanta compagnia, innumerevoli avventure, stimoli mentali, divertimento, calore, amore, e perfino il suono di nuove voci e il tocco di altre mani”.
Il palcoscenico e il teatro vengono predisposti con gran cura, e Dio stesso si prepara a dividersi in miliardi di entità in dialettica reciproca, fissando regole per il gioco e separando così i “buoni” dai “cattivi”. La “tragicommedia” rappresentata si rivela sostanzialmente inutile (dal momento che tutto è panteisticamente parte di Dio stesso), se non appunto come “Sole solution”, risposta ad una solitudine.

Il clima culturale degli anni Settanta
La concezione di Russell, riscontrabile peraltro in varie epoche storiche e in varie espressioni filosofiche e poetiche (dagli antichi Greci a Schopenauer) è amaramente pessimistica. Dio mette in scena una complessa sceneggiatura in cui l’uomo è solo un burattino al servizio di una “Sole solution”. Ma basta leggere alcuni testi di quegli anni per cogliere questo diffuso e ribellistico senso di negatività assurda dell’esistenza: ad esempio Elsa Morante in Aracoeli (1982) racconta di una vita “Lager, dove ogni atto è una degradazione, carcere senza uscita, murati fra due orrori, la sopravvivenza e la morte, l’una e l’altra impossibili...”. Il giornalista Giorgio Bocca in reazione al famoso suicidio collettivo della Guyana del 1978 (5) descrive l’orgoglio razionale dell’uomo “di fronte a chi – il caro Dio – lo ha messo in questa situazione”. Anche il cantautore Francesco Guccini in una sua parodistica canzone del 1973, dal titolo “La Genesi”, dipinge un Dio vecchio solitario che crea l’Universo per vincere la noia:
“Per capire la nostra storia bisogna farsi ad un tempo remoto:
c'era un vecchio con la barba bianca, lui, la sua barba, ed il resto era vuoto.
Voi capirete che in tale frangente quel vecchio solo lassù si annoiava,
si aggiunga a questo che, inspiegabilmente, nessuno aveva la T.V. inventata...
Beh, poco male, pensò il vecchio un giorno, a questo affare ci penserò io:
sembra impossibil, ma in roba del genere, modestia a parte, ci so far da Dio!”

La risposta di Russell e il vertiginoso Piano divino
A ben pensare, la tentazione e la caduta originali sono nate da un medesimo atteggiamento (sfiducia nella bontà di Dio e nella positività del Destino concepito per la libertà dell’uomo). Russell dà risposta emotivamente sbrigativa a una serie di problemi su cui metafisica e teologia hanno scavato abissi di riflessione: il senso ultimo dell’Universo, il piano divino, la libertà dell’uomo di fronte alla proposta divina, il dolore, il peccato, il bene e il male…
La risposta di Russell può suscitare echi emotivi nel lettore, come un ergersi prometeico di fronte a un destino non desiderato, a un senso di profonda inutilità, di beffa soprannaturale insito nell’esistenza. Tuttavia è assente qualunque riferimento alla Rivelazione e quindi al “piano nascosto da secoli”, che sorpassa ogni immaginazione, anche fantascientifica (in questo senso il racconto di Russell diventa una moderna versione “laica” ed arbitraria di un qualsiasi mito cosmogonico). Questo “piano” parla invece di una Trinità, quindi non di solitudine e di fredde tenebre da riempire, ma di perfetta gioia comunionale che si comunica nel Mistero e nell’incomprensibile gesto d’amore della Creazione per una “Gloria di Dio” che non è autocompiacimento, ma partecipazione al fulgore del Bello, del Buono e del Vero. Così “bene” e “male” non sono categorie casuali, criteri storici o addirittura dispoticamente imposti a casaccio, ma risposte profonde alle Leggi dell’Essere, cioè dell’Amore (come ha mirabilmente tratteggiato Benedetto XVI parlando del Lògos).
Come afferma il grande teologo Henry De Lubac, “il dramma sociale e umano trova allo stesso tempo la sua chiarificazione e la sua soluzione non nell’uomo solo ma in Gesù Cristo, Uomo-Dio”. Senza Cristo “il paradosso fondamentale che costituisce il rapporto tra l’uomo e Dio”(6) non trova risposta. Il Dio di Russell invece è più simile ai semidei fabbricanti di Universi ben noti alla Fantascienza e orbitanti tra l’Olimpo greco e le miriadi di divinità orientali.

NOTE
5. Il 18 novembre 1978, a Port Kaituma, nel paese sudamericano della Guyana, 913 uomini, donne, anziani e bambini che facevano parte della setta “Tempio dei Popoli”, sviluppatasi intorno al predicatore statunitense Jim Jones, si avvelenarono in una sorta di macabro rito ingerendo delle bibite al cianuro.
6. citato in H. DE LUBAC, Agostinismo e teologia moderna, Introduzione di Franco Buzzi, Jaca Book 1978, pagg. 15-16.