Creazione e apocalisse 2 - "Solitudine" di E. F. Russell

"Viveva nella notte eterna ed era solo, senza poter mai udire né una voce né un sussurro, senza potersi mai sentire sfiorare da una mano, riscaldare dal calore di un altro cuore.
La notte eterna.
La solitudine senza limiti.
Un eterno confino nel quale tutto era buio e silenzioso e nulla si muoveva. Una prigionia che non era stata preceduta da alcuna condanna. Una punizione da scontare per una colpa che non si era mai commessa. Un destino intollerabile che andava però subìto, a meno di trovare un modo per sfuggire al fato atroce".
Fonte:
CulturaCattolica.it
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“Solitudine” di Eric Frank Russell (4)
Viveva nella notte eterna ed era solo, senza poter mai udire né una voce né un sussurro, senza potersi mai sentire sfiorare da una mano, riscaldare dal calore di un altro cuore.
La notte eterna.
La solitudine senza limiti.
Un eterno confino nel quale tutto era buio e silenzioso e nulla si muoveva. Una prigionia che non era stata preceduta da alcuna condanna. Una punizione da scontare per una colpa che non si era mai commessa. Un destino intollerabile che andava però subìto, a meno di trovare un modo per sfuggire al fato atroce.
Con un espediente tipico dei racconti di SF con finale a sorpresa, l’autore centellina le informazioni sul protagonista della storia, presentandocelo come un essere alle prese con la propria terribile misteriosa solitudine.
C’era una cosa sola che poteva afferrare e sentire, e quella cosa era lui stesso.
Ecco perché le uniche risorse con le quali poteva sperare di porre fine a quell’assurda situazione erano solo quelle che aveva dentro di sé. Lui stesso doveva essere lo strumento della propria salvezza
.
Il protagonista della storia ha una certezza:
Non esistono problemi insolubili. Su questa premessa si basa la scienza. Senza di essa, la scienza morirebbe. E lui era lo scienziato in assoluto. In quanto tale, non poteva respingere questa sfida alle sue capacità.
Ecco che l’essere misterioso comincia ad elaborare un progetto di una complessità sbalorditiva, in cui miliardi di aspetti particolari si riflettono su altrettante conseguenze.
Diede forma e materia al più incredibile e colossale dei suoi sogni, creando e rifinendo in ogni minuscolo dettaglio e particolare uno spazio infinitamente complesso. E all’interno di questo spazio, avrebbe potuto esserci lui stesso. Ma non come se stesso. Si preparava infatti a suddividere la sua persona in innumerevoli parti, una sterminata moltitudine di forme variegate, ciascuna delle quali avrebbe dovuto conquistarsi a forza e a fatica il diritto alla vita.
E lui avrebbe fatto di tutto per rendere ancora più dura la lotta negando a tutte quelle parti la minima informazione e conoscenza, obbligandole così a riscoprire tutto di nuovo ogni volta. E avrebbe seminato l’odio e l’ostilità tra di esse stabilendo delle regole per quel gioco. Quelli che le avrebbe osservate sarebbero stati definiti ‘buoni‘. Gli altri ‘cattivi‘. In questo modo ci sarebbero stati sempre infiniti piccoli conflitti all’interno dell’unico, grande conflitto.
Eccoci giunti al finale della storia:
Quando tutto fu pronto egli si preparò a dissociarsi e a diventare non già una singola persona, ma un enorme concorso di entità separate, che avrebbero dovuto soffrire e lottare per riuscire a riconquistare l’unità dell’unica personalità iniziale.
Ma prima doveva preoccuparsi di dare forma e materia al suo sogno. Era una sfida incredibile!
Il momento era giunto. L’esperimento doveva aver inizio.
Protendendosi in avanti, egli fissò l’oscurità e disse: “Sia fatta la luce”.
E la luce fu.

Proprio così: come il lettore ha già intuito dopo le prime righe, questo racconto brevissimo di Russell è di quelli da “brivido metafisico”: vuole essere infatti nientemeno che una lettura fantascientifica del gesto divino della Creazione e quindi un’interpretazione del significato complessivo dell’Universo. Il protagonista è quindi Dio stesso.

NOTE
4. “Solitudine” (Sole solution), di Erik Frank Russell, 1956, in AA.VV. , Racconti di fantascienza, cit., trad. di Walter Saudi.