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"La nuova colonia" di L. Pirandello 3 - Il nuovo diluvio

Autore:
Fighera, Giovanni
Fonte:
CulturaCattolica.it
Parte terza. Un nuovo diluvio universale e la distruzione

Dopo un po’ di tempo sbarcano sull’isola altri uomini che portano con sé tante donne. La scena è assai emblematica e allusiva. L’arrivo di così tante donne segnerà un cambiamento anche nel modo in cui gli abitanti dell’isola si rapportano con La Spera, la redenta dal viaggio e dalla maternità: trattata in un primo tempo con rispetto, quasi come simbolo della nuova vita e del nuovo corso, ritorna ora ad essere considerata la donna di tutti. La figura richiama, così, il primo peccato, il peccato originale e non a caso, quasi a voler sottolineare l’acquisita consapevolezza dell’impossibilità di un nuovo Eden! Si presti, infatti, attenzione a questa scena:

Osso di seppia: L’hai indovinata, furbacchione, a portarci le donne!
Burrania: Appena le abbiamo viste sulle paranze!
Crocco: Eh, lo sapevo! - Ma persuaderli - padri e fratelli e mariti - a portarle (rivolgendosi a Papia) non è stato mica facile, sai? È che ho dipinto a tutti quest’isola come il paradiso terrestre.
Osso di seppia: - Sì, dopo il peccato originale! -


L’Eden riconquistato si mostra per quello che è, il paradiso che è stato perduto per sempre. Nuovi sistemi di forza sono imposti, un nuovo ordine è stato stabilito. Anche nel nuovo mondo non si può sradicare il male, il peccato. La remissione dei peccati è, infatti, un grande miracolo e non è dell’uomo.

Tobba: Ah no, perché così vieni ora ad affermare ciò che prima hai negato: che ha diritto la forza. – No!
Fillicò: Il diritto è nostro! La licenza d’occupare l’isola è stata data a noi, l’ha lui, Tobba; non l’hanno mica loro!
Tobba: Lascia star la licenza! Noi abbiamo stabilito un ordine qua, messe le nostre leggi; divise le terre, diviso il lavoro-
Currao: E ora vengono loro e buttano all’aria tutto. Glielo puoi impedire? No. E dunque basta!


Nell’incontro con Padron Nocio, Currao lo accusa di aver portato sull’isola tutti i vizi della città, le donne e il denaro («Il bene, padron Nocio, è difficile a farsi; è troppo facile il male…»). Il proposito di rifondazione generale della società può degenerare in una violenza inaudita. In maniera simbolica l’isola rischia addirittura di sprofondare per i canti, i balli e i tripudi dei nuovi arrivati. Fuori di metafora, l’umanità, dimentica del peccato originale e non realista, è a rischio di autodistruzione.
Il terzo e ultimo atto si apre con i preparativi di una grande festa: sembra lo scenario biblico che precede il diluvio universale. Si allestiscono i festeggiamenti per la celebrazione di finti matrimoni. La Spera è disprezzata e reietta come all’inizio dell’opera. Alcuni marinai confabulano tra loro con l’intento di ritornare a terra, perché sull’isola «non c’è più né Dio, né legge».
Il nuovo mondo, l’utopia sociale, si rivela per quello che è davvero, un luogo fuori dal mondo, l’inferno in terra: è il mondo creato dall’uomo che ha eliminato Dio e si è eletto guida e capo e Dio stesso («Fuori del mondo, dicono! E così è davvero! Mi par d’essere all’inferno!»).
Alla fine Currao abbandona La Spera e viene accusato di voler diventare padrone di tutto. Si assiste ad un corteo con finti sposi, tra musiche e balli in cui nessuno riesce a godere del divertimento che si aspettava. Su istigazione, La Spera accusa Currao di voler uccidere Dorò. L’opera si conclude con i violenti litigi finali che vengono sommersi dal terremoto che ingoia l’isola. Solo spunta fuori dal mare uno scoglio su cui ha trovato la salvezza La Spera con il figlio!
La nuova colonia è il paradigma delle ideologie che hanno imperversato nel secolo scorso, più in generale di tutte le ideologie che hanno pensato di progettare una risposta al problema umano, non partendo da uno sguardo realista sulla natura umana, ma da un’idea, da un sistema costruito a tavolino.

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