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“Il Visconte dimezzato” di Italo Calvino 5 – “Dimezzare ogni cosa intera”

Fonte:
CulturaCattolica.it
Smarrita la propria umanità e negata ogni dipendenza, tutti gli esseri devono riflettere la straziata natura di Medardo e mostrarsi nella loro parzialità: “Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi” afferma nella sua follia devastante il protagonista.

La narrazione procede con la descrizione della malvagità di Medardo che si scatena: regala dei funghi velenosi al nipote, caccia la vecchia balia confinandola fra i lebbrosi, appicca incendi a boschi e case, condanna a morte innocenti e colpevoli, tronca a metà fiori e animali e rivela al nipote:
Così si potesse dimezzare ogni cosa intera, così ognuno potesse uscire dalla sua ottusa e ignorante interezza. Ero intero e tutte le cose erano per me naturali e confuse, stupide come l’aria; credevo di veder tutto e non era che la scorza. Se mai tu diventerai metà di te stesso e te l’auguro ragazzo, capirai cose al di là della comune intelligenza dei cervelli interi. La metà rimasta sarà mille volte più profonda e preziosa. E tu pure vorrai che tutto sia dimezzato e straziato a tua immagine” (pag. 51)
Smarrita la propria umanità e negata ogni dipendenza, tutti gli esseri devono riflettere la straziata natura di Medardo e mostrarsi nella loro parzialità: “Ogni incontro di due esseri al mondo è uno sbranarsi” afferma nella sua follia devastante il protagonista (pag. 55).
Così tutti i personaggi che lo circondano ne subiscono l’influenza e conoscono esperienze nuove e contraddittorie, dimentichi di qualcosa del loro essere e dei loro doveri di un tempo: Mastro Pietrochiodo carpentiere inizia a costruire forche sempre più perfette, ma deve dimenticare lo scopo per cui sono costruite; gli abitanti di Terralba le contemplano, sentendosi smembrati fra sentimenti di orrore e di ammirazione; il dottor Trelawney, una volta medico sulla nave del capitano Cook, abbandona i malati e insegue i fuochi fatui di cui vuol capire la natura, aiutato dal terribile visconte che per favorirlo moltiplica il numero dei condannati a morte; il piccolo gruppo di Ugonotti che abitano nel territorio di Medardo sono decisi a non abbandonare la loro religione, ma hanno perso le tracce dei loro libri di canti e preghiere e non dicono più la messa.
La storia subisce una svolta quando il visconte un bel giorno vede fra le balze di Terralba la pastorella Pamela che ”grassottella e scalza, con indosso una semplice vesticciuola rosa, se ne stava bocconi sull’erba, dormicchiando, parlando con le capre e annusando i fiori”.
Medardo se ne innamora e dimezza margherite e scoiattoli per parlarle del suo amore, ma la furba fanciulla fugge e si nasconde perché non vuol finire chiusa ermeticamente nel castello, dove lui vorrebbe tenerla sottochiave.

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