"Il pranzo di Babette" 8 - Il Salmo del ritorno dall'esilio
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Il Salmo del ritorno dall’esilio
Il generale sentì che era arrivato il suo momento e se un tempo quel luogo lo aveva paralizzato e intimorito, ora sentiva un fiume di parole sgorgare dal suo cuore e risuonare a lui stesso come nuove, sincere e commosse.
«Misericordia e verità si sono incontrate, amici miei,» disse il generale. «Rettitudine e felicità debbono baciarsi.» Parlava con un voce limpida che s’era allenata nei maneggi e aveva echeggiato dolcemente nei saloni regali, eppure parlava in un modo tanto nuovo a lui stesso e tanto commovente che dopo il primo periodo dovette fare una pausa. Egli era uso formulare i suoi discorsi con cura, consapevole del loro scopo, ma qua, in mezzo alla semplice Congregazione del decano, era come se tutta la figura del generale Loewenhielm, col petto coperto di decorazioni, fosse soltanto il portavoce d’un messaggio che doveva essere comunicato.
«L’uomo, amici miei,» disse il generale Loewenhielm, «è fragile e stolto. A tutti noi è stato detto che la grazia deve essere ricercata nell’universo. Ma tanta è la nostra umana stoltezza e imprevidenza che immaginiamo la grazia divina essere finita. E perciò tremiamo…» Il generale non aveva mai, prima di allora, dichiarato di tremare; era sinceramente sorpreso e perfino scandalizzato udendo la propria voce proclamare quel fatto. «Noi tremiamo prima di scegliere l nostra strada nella vita, e dopo averla scelta tremiamo nuovamente nel timore di aver scelto quella sbagliata. Ma viene il giorno in cui i nostri occhi si aprono e vediamo e capiamo che la grazia è invece infinita. La grazia, amici miei, ci chiede soltanto di aspettarla con fiducia e di accoglierla con riconoscenza. La grazia, fratelli, non pone condizioni e non preferisce uno di noi piuttosto d’un altro, la grazia ci stringe tutti al suo petto e proclama un’amnistia generale. Ecco! Ciò che abbiamo scelto ci è dato, e pure, allo stesso tempo, ci è accordato ciò che abbiamo rifiutato. Anzi, ciò che abbiamo respinto è versato su noi con abbondanza. Perché la misericordia e la verità si sono incontrate, la rettitudine e la felicità si sono baciate!»
I Fratelli e le Sorelle non avevano ben capito il discorso del generale, ma la sua espressione raccolta e ispirata e il suono di parole note e amate avevano toccato e commosso tutti i cuori.
Le frasi di questo discorso erano mutuate dal Salmo 84 della Bibbia ricorrente nei sermoni del Decano e rifletteva il momento gioioso del ritorno di Israele dall’esilio babilonese nella terra dei padri.
Ma, accanto a questo ritorno fisico, il Salmo celebra un ritorno più interiore e spirituale. che vale non solo per l’antico Israele ma per i fedeli di tutti i tempi. In esso agisce efficacemente il Signore, rivelando il suo amore nel perdonare l’iniquità del suo popolo e, nel cancellare tutti i suoi peccati.
Dopo quelle parole, come per incanto, i convitati presero la parola e si alternavano nel rievocare con affetto e ammirazione la vita del decano, la sua grande saggezza e spiritualità, la memorabile conversione di un abitante del luogo provocata dalle sue prediche infiammate, il miracolo di una tempesta sedata per permettergli di raggiungere tutti gli abitanti del fiordo. E venivano anche citate con condivisa approvazione e gratitudine le due Sorelline, le loro opere di carità, l’instancabile presenza nelle case dei malati. Come non lodarle e non riconoscere il dono della loro presenza in mezzo a loro?
Ognuno dei commensali aveva la sensazione di aver ritrovato se stesso con le doti di bontà di un tempo e di assistere al compimento di eventi irrisolti (9): le due vecchie nemiche si riconciliarono serenamente, i due Fratelli litigiosi scherzarono con lieta ilarità sui passati rancori, la vedova si scambiò un lungo bacio con l’innamorato rimasto fedele, senza più rimorsi e sotterfugi.
La anziana signora Loewenhielm fu la prima ad andarsene.
Quando il generale si accomiatò da Martina, le confessò che la sua immagine era stata sempre viva accanto a lui e così sarebbe stato per il resto della sua vita. E Martina ricambiò la promessa. La frase del giovane Lorens di molti anni prima poteva essere ora ripresa e ribaltata ed egli infatti disse:
“Ho trascorso con voi ogni giorno della mia vita. Ditemi che lo sapete. [...] Ditemi che sapete anche che io sarò ancora con voi ogni giorno che m'è dato da vivere. Ogni ora siederò a pranzare con voi: non con il mio corpo, che non ha importanza, ma con il mio spirito. Perché stasera, cara sorella, ho imparato che in questo mondo ogni cosa è possibile”. Martina pacatamente ripeté nel commiato: “Sì, è così, caro fratello. In questo mondo qualsiasi cosa è possibile”.
Quando alla fine la compagnia si sciolse, non nevicava più. Le città e le montagne erano immerse in uno splendore bianco che nulla aveva di terreno e il cielo, leggiamo, era illuminato da migliaia di stelle.
I fratelli uscirono dalla casa gialla barcollando sulla neve e si sentivano tornati bambini e avanzavano tenendosi per mano fisicamente e spiritualmente, quasi danzando travolti da questa celestiale seconda infanzia.
NOTE
9. Affermava Ricoeur (V. Aforismi, Identità e racconto, ’intervista del 1991) che la persona col passare degli anni può cambiare, subire variazioni nel carattere e nei sentimenti, diventare irriconoscibile a sé stessa, ma di fatto non perde mai la sua identità profonda, quella che attende per sé il compiersi della promessa, cioè dello svelarsi del suo vero volto, e si mantiene nel tempo e si conserva.