"Il potere e la gloria" 7 - Una misericordia più grande del peccato
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Greene non fa dunque morire il suo protagonista come un martire che sfida la morte o un santo impavido: tutto sembra compiersi nel racconto in un mondo senza senso, dove Dio tace e la Sua presenza è soverchiata dalle forze del male.
Ma proprio in questa conclusione ci si trova davanti all’idea cristiana più profonda dell’Autore e la storia del prete peccatore è una delle sue pagine più intense e religiose. Da esse il lettore non può non sentirsi profondamente interpellato, anzi sfidato sul giudizio da esprimere su questo prete e le sue azioni. Il protagonista del romanzo è senza dubbio un peccatore ed è quindi condannabile, ma rimane un ministro di Dio che rinuncia per tre volte a mettersi in salvo, celebra la messa nonostante i militari siano vicini, va incontro alla morte per non lasciare morire un bandito rinnegato senza i sacramenti.
Charles Moeller commentando il finale de “Il potere e la gloria”, afferma: “Dio vede in modo diverso dall’uomo. Se è vero che, vista nella sua trama fondamentale, la vita umana appare così estranea al Cristianesimo, è vero anche che Dio, che scruta le reni e i cuori, è il solo a scoprire le scintille di bontà sparse in ogni esistenza: nulla va perduto, basta anche una piccola lacrima, il movimento più superficiale di carità è contato da Dio come se emanasse dalle acque profonde della nostra anima… ci perderemmo d’animo se Dio non capovolgesse le cose e non raccogliesse anche le nostre briciole di virtù per poter volgere la bilancia a nostro favore.” (Charles Moeller, Letteratura moderna e Cristianesimo, Vita e Pensiero,1961, vol. 1, pag. 278)
Dopo la morte del protagonista, cambia lentamente il cuore di tutte le persone che lo hanno avvicinato, compreso quello del ragazzo che un tempo aveva tanto ammirato i soldati, le armi e la violenza, disprezzando il giovane Juan che nel racconto della madre aveva affrontato il martirio gridando “Viva Cristo Re“.
“Niente più preti e niente più eroi” pensava. Tutti erano stati uccisi ed anche il prete che avevano ospitato nella sua casa era stato ammazzato all’alba, per la sua fede. “Si sentì truffato e deluso, come se avesse perduto qualcosa” e al passaggio del luogotenente davanti alla sua finestra sputò nella direzione della sua pistola.
Poco dopo, nell’oscurità, alla fioca luce di una candela, si sentono dei colpi alla porta: è uno sconosciuto appena arrivato al villaggio con una lettera di presentazione per la sua famiglia e ha bisogno di aiuto.
“Se mi facessi entrare“ disse l’uomo con uno strano sorriso spaventato, poi, abbassando di colpo la voce, aggiunse. “Sono un prete” “Un prete?” esclamò il ragazzo. “Sì - disse l’uomo in tono mite - Mi chiamo padre…” Ma, prima ancora che potesse darsi un nome, il ragazzo s’era già portato la sua mano alle labbra” (pag. 250).
Per Greene la morte del prete peccatore non è stata vana e la sua attesa di un ministro più degno di lui è stata esaudita da un Dio misericordioso che ha pietà degli uomini e si serve di loro per manifestare la Sua grazia e la Sua vittoria sul male, il Suo Potere e la Sua Gloria.