"Il Gattopardo" 10 - Il ballo
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Il grande ballo nel palazzo dei Ponteleone segnerà l’ingresso della bella Angelica e della classe dei nuovi ricchi nel mondo dei nobili, ora che le barriere di divisione sono state abbattute dalla storia e dal denaro.
La giovane appare nella sua smagliante bellezza con una veste rosa e i capelli lucenti e intrecciati, e Tancredi, affascinante nel perfetto frac, danza con lei nella sala dorata fra i pannelli rococò un poco stinti dal tempo, sotto lo sguardo delle divinità greche dipinte sui soffitti dei saloni.
Il cuore del Principe è diviso fra la soddisfazione di aver presentato la bellissima Angelica e un’ombra di tristezza: mentre si recava in carrozza al palazzo il suono di una campanella annunciava un prete che portava il viatico ad un agonizzante.
Egli si era inginocchiato sulla strada, e quella Presenza nascosta, quella Latens Deitas, gli aveva ricordato la morte e la vanità delle cose.
Nei saloni del ballo, il suo sguardo si posa sui volti delle donne incipriate e simili a scimmiette, alcune delle quali un tempo sue amanti, sugli uomini estranei e ostili, sulle consunte decorazioni delle sale, dove i fiori avevano perso i loro colori: quei colori bruciati dal tempo gli facevano venire alla mente le stoppie riarse della campagna, e la musica la voce del vento.
Il valzer le cui note traversavano l'aria calda gli sembrava solo una stilizzazione di quell’incessante passaggio dei venti che arpeggiano il proprio lutto sulle superfici assetate, ieri, oggi, domani, sempre, sempre, sempre. La folla dei danzatori, fra i quali pur contava tante persone vicine alla sua carne se non al suo cuore, finì col sembrargli irreale, composta di quella materia della quale son tessuti i ricordi perenni, che è piú labile ancora di quella che ci turba nei sogni. Nel soffitto gli Dei, reclini su scanni dorati, guardavano in giú sorridenti e inesorabili come il cielo d'estate. Si credevano eterni: una bomba fabbricata a Pittsburg, Penn., doveva nel 1943 provar loro il contrario.
Don Fabrizio sentí spetrarsi il cuore: il suo disgusto cedeva il posto alla compassione per tutti questi effimeri esseri che cercavano di godere dell'esiguo raggio di luce accordato loro (15).…. Come era possibile infierire contro chi, se ne è sicuri, dovrà morire?. Anche le scimmiette sui poufs, anche i vecchi babbei suoi amici erano miserevoli, insalvabili e cari come il bestiame che la notte mugola per le vie della città, condotto al macello; all'orecchio di ciascuno di essi sarebbe giunto un giorno lo scampanellío che aveva udito tre ore fa dietro San Domenico(16).
Per un solo breve spazio di tempo il dolore si cancella, quando Angelica gli chiede di danzare con lei: nella contemplazione della sua bellezza e nell’antico vigore il principe ritrova la sua forza e giovinezza, e delusione e tedio si dissolvono se pur per poco.
NOTE
15) “questo senso di pietà, questa saggezza della vita che si fa compassione e commozione per gli uomini, amarezza verso gli eventi, non nascono da altro che da una memoria assidua della morte, da un vivere accanto alla morte, col suo pensiero costante davanti”, Giorgio Barberi Squarotti, Giuseppe Tomasi di Lampedusa - Il Gattopardo, Lettura critica
16) "Il Gattopardo", pag. 221