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"Il Gattopardo" 9 - Il colloquio con lo Chevalley

Fonte:
CulturaCattolica.it

Prima del ballo, caduti i Borboni e fatta l’unificazione con il plebiscito (12), fra l’altro alterato nella menzognera unanimità dei consensi degli abitanti di Donnafugata, il Principe ospita il cavaliere emissario piemontese Aimone di Chevalley, incaricato di offrirgli il seggio di senatore nel nuovo Regno.
Un lungo dialogo si svolge fra i due uomini, con timide proposte da parte dello Chevalley e inconfutabili ragionamenti da parte del Principe, che dà un quadro sfiduciato di se stesso e della sua terra e alla conclusione dell’incontro respinge la nomina proponendo Sedara al suo posto.
L’immobilità della Sicilia e dei suoi abitanti è determinata da tre tipi di fattori, egli dice: dalla lunga storia di colonizzazione e presenza di stranieri, e l’arrivo dei Piemontesi non fa eccezione, essendo stata anch’essa una sorta di occupazione; dall’indole dei suoi abitanti ormai troppo vecchi e svuotati di ogni entusiasmo, e infine dalla natura, infuocata per sei mesi all’anno, con un paesaggio violento e crudele plasmatore, con i suoi eccessi e contraddizioni, della terrificante insularità di animo dei suoi abitanti, condannati ad un sonno secolare, ad un riscatto senza risorse.
Una decadenza inarrestabile contrassegna la storia dell’ isola e la sua esistenza. Vana illusione è tentare di contrastarla.
Chevalley cerca dapprima di convincere il principe a non rifiutare, a pensare che il futuro sarà diverso, ma alla fine cede davanti alla sua profonda disillusione e amarezza.

In questo celebre colloquio sono esplicitate le amare riflessioni sulla storia e sulla intima natura della Sicilia, del Principe e del Narratore che, a cento anni di distanza, rileva che nulla è mutato nel tempo: la questione meridionale è irrisolta, l’estraneità e l’incomprensione del Nord nei confronti del Sud sono insanabili, l’insieme delle promesse di miglioramento socio-economico è andato deluso, domina una classe di corrotti approfittatori e rapaci sciacalletti.

Il protagonista esprime un giudizio negativo sulla realtà che sta vivendo, non per una nostalgica fedeltà ai precedenti sovrani o per una volontà di denuncia e polemica nei riguardi dell’unificazione e delle scelte politiche dello Stato Italiano. Egli ascrive solo in parte la colpa del degrado della sua terra ai sovvertimenti storici del suo tempo, che vengono giudicati accidenti inevitabili, ulteriori conferme del fatale destino dell’isola.
Nella esistenza di Don Fabrizio si è radicata la consapevolezza della progressiva, inarrestabile dissoluzione della classe nobiliare e delle tradizioni e valori del passato, nonché dell’inerzia e incapacità di agire di chi, come lui, si sente privo di motivi e di ideali per cui muoversi.
Forse, l’Autore afferma attraverso le parole del Principe, alla base dell’incapacità di agire sua e degli altri c’è un peccato di superbia luciferina, la convinzione di essere perfetti, una vanità più forte della miseria.
La ragione della rovina del Sud rispetto alle altre popolazioni, egli dichiara, non è la persistenza del feudalesimo e del latifondo, come potrebbero sostenere Proudhon e Marx, e neppure le invasioni degli stranieri, perpetratesi per secoli, che ci sono state peraltro sempre e dappertutto,
ma quel senso di superiorità che barbaglia in ogni occhio siciliano, che noi stessi chiamiamo fierezza, che in realtà è cecità. Per ora, per molto tempo non c’è niente da fare, egli conclude(13).
Il cavalier Chevalley di Monterzuolo riparte all’alba e la rappresentazione del paesaggio arido e desolato diviene immagine della sconfitta e dell’ineluttabilità del destino dell’isola.
Chevalley pensava: Questo stato di cose non durerà; la nostra amministrazione nuova, agile, moderna cambierà tutto. Il Principe era depresso: Tutto questo pensava, durerà, sempre…Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore continueremo a crederci il sale della terra(14)

NOTE
12) 21 ottobre 1860. Un plebiscito sull'annessione al Piemonte si svolge nel Regno delle Due Sicilie. In Sicilia su circa 575.000 iscritti (su 2.232.000 abitanti) i votanti sono 432.720 (75,2%), di cui 432.053 favorevoli e 667 contrari.
13) "Il Gattopardo", pag. 184
14) Ibidem, pag. 185.

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