"I quaderni di Serafino Gubbio operatore" 3 - "Senza amore, senza Cristo"
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Discorso analogo vale anche per le altre tecnologie che invadono sempre più ogni campo della vita. Se il fine del loro sviluppo e utilizzo è il servizio di quella nuova umanità e di quella comunione che l’uomo ha scoperto in Cristo, non possono essere per il nostro male. Viceversa, quando viene eliminato Cristo, l’uomo torna ancora al livello dell’uomo delle caverne, anche se può usufruire di ogni tecnologia.
In maniera icastica lo afferma Quasimodo (1901-1968) in «Uomo del mio tempo» appartenente alla raccolta Giorno dopo giorno. Potente e lucido è il giudizio del poeta su una contemporaneità che ha fatto del connubio tra scienza e tecnica l’idolo incontestabile, che ha creduto di poter conservare i valori portati dalla novità del cristianesimo e, nel contempo, eliminare Cristo ed è, così, ritornata all’epoca primitiva, al livello dell’uomo delle caverne, anche se può usufruire di ogni tecnologia. Quasimodo scrive:
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
-t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
-alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo.
Qui, i richiami sono ancora, come spesso accade in Quasimodo, all’Antico Testamento, addirittura alla Genesi e all’episodio di Caino ed Abele:
Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata».