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Giuseppe Ungaretti, un grande dimenticato 3 - Il porto sepolto

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ma il PORTO SEPOLTO non è solo una metafora affascinante: in Ungaretti ha anche un’origine precisa legata alla sua storia.

Quando infatti egli ancora abitava in Egitto aveva sentito parlare
“…di un porto, di un porto sommerso che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima di Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città “ (NOTE al Porto Sepolto).

Questo PORTO SEPOLTO diventa dunque il mito che rappresenta un’ASSENZA, un’ORIGINE profonda da ricercare, da riportare alla luce.

Sia Ungaretti che Montale peraltro (ma si potrebbe dire altrettanto per tutta la poesia del ‘900) partono da una negatività, dal sentimento di un’assenza (Montale lo chiama “male di vivere” “disarmonia”).
Da questo punto di partenza il percorso dei due poeti però sarà molto diverso e quello di Ungaretti si potrebbe quasi leggere in senso biblico come l’itinerario che lo portò dal ‘deserto’ alla ‘terra promessa’ ( Egli nasce ad Alessandria d’Egitto ai limiti del deserto e La Terra Promessa è una delle sue ultime raccolte di poesie).

Seguiamo ciò che Ungaretti ci dice di sé:

“in qualsiasi forma di cui l’uomo si sia appropriato con la poesia o con l’architettura o la pittura, c’è sempre una specie d’abisso che lo attrae, nell’interno stesso della forma che ha inventato, edificato. C’è sempre nella sua opera, come in sé, un’assenza e quell’assenza produce vertigine, spavento. E l’uomo, alla vertigine, che sarebbe come la definizione materiale, spaziale, dell’assenza d’essere, l’uomo risponde con la sua frenesia di agire e in particolare di agire come poeta, come artista”(Note a Sentimento del Tempo – p.534).

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