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"Cigni selvatici" 9 - Dal confino alla morte di Mao/Giudizio sull'opera

Fonte:
CulturaCattolica.it

1969. Il confino
Nel ’69 la stagione delle Guardie Rosse può dirsi conclusa, ma gli abitanti della città e tutta la famiglia dell’Autrice vengono espulsi dalla regione in cui abitano e dispersi nelle più remote zone rurali, lontani gli uni dagli altri.
Secondo la retorica di Mao, milioni di cittadini dovevano essere esiliati nelle campagne per essere riformati e soprattutto i giovani divenuti una minaccia per la loro ferocia e potenza sarebbero stati impegnati in campi di lavoro, costituiti apposta per loro. E quella - precisa l’Autrice - fu una delle più grandi migrazioni della storia, una vera e propria deportazione di massa di 16 milioni circa di giovani. (4)

Il duro lavoro
Confinata ai piedi dell’Himalaya, la Chang è costretta a lavorare come contadina e come medico scalzo (privo cioè di titolo e di esperienza). Le giornate trascorrono per tutti in lavori massacranti, circondati da popolazioni ostili, con una vita in cui tutto è comune e controllato. La persona deve cessare di essere tale, di avere legami famigliari e una memoria del passato da conservare e custodire. Ognuno deve vivere solo per la dedizione al partito, unico scopo e riferimento della propria esistenza e consistenza.
In questi anni durissimi l’adolescente Jung lascia il posto alla giovane donna maturata dalle prove e dalle sofferenze patite. Raccoglierà la forza e l’eredità spirituale della nonna e della madre e dedicherà le sue giornate a spendersi per i genitori e i fratelli, ad affrontare con coraggio i sacrifici, a conservare la fede nella vita e l’amore alla cultura e alla poesia.
Non nutre più alcun dubbio sulla protervia e crudeltà del regime e ogni sforzo è mirato a sopravvivere isolandosi nelle sue letture e nello scrivere versi senza farsi vedere, rifuggendo i ritrovi oceanici asserviti all’ideologia maoista e salvaguardando la trama di legami con le persone amate. Diviene scaltra nell’evitare situazioni pericolose, cerca di non attirare mai l’attenzione su di sé, sa mentire per ottenere ciò che vuole, è abile nel falsificare documenti e permessi per raggiungere l’adorata nonna e i genitori. Sarà lei a riunire i fratelli e a indicare loro come assistere la madre e il padre che morirà nel campo di reclusione, consunto dal male, ma confortato dell’amore dei suoi.
Nel ’73 la Chang ottiene di iscriversi all’Università, studia di nascosto l’inglese sui testi della Austen, di Dickens e di Wilde, ma il suo segreto desiderio è ormai quello di espatriare.

L’anno 1976. La morte di Mao
Improvvisamente la mattina del 9 settembre 1976 tutti gli studenti sono invitati dall’altoparlante a riunirsi all’esterno per comunicazioni gravissime: Mao, il grande dittatore, l’assoluto dominatore per decenni della storia cinese, è morto. Il risultato del suo dominio non è stato solo per un’intera generazione la rinuncia al diritto all’istruzione, ma anche la creazione di un vuoto morale e psicologico.
Fra lo sconcerto di tutti e i falsi rimpianti di tanti.
Inizia una nuova era: Jung abbandona i campi e torna a casa e all’Università alcuni docenti che l’ammirano e la stimano, l’aiutano ad affrontare l’esame per vincere una borsa di studio per l’Inghilterra.
Nel ’78 approda a Londra, dove si stabilisce, sposa lo storico britannico Jon Halliday e si afferma come scrittrice.
Da allora viaggi periodici permettono all’Autrice di tornare nella terra amata, raccogliere documentazioni e testimonianze, visitare la sorella e i parenti e ricordare con loro la sua vita e la storia del suo popolo.

Naturalmente questo libro è ancora censurato in Cina, perché racconta la storia di una persona che ha inizialmente creduto nel comunismo cinese pagando poi personalmente le scelte fatte e decidendo di raccontare al mondo il volto demoniaco del potere cui la Cina per anni è stata sottomessa. (5)
Nel 2010 l’Autrice ha presenziato anche ad un incontro promosso per lei dal Centro Culturale di Milano ed è stata a lungo applaudita per le dichiarazioni e le testimonianze rese.

Il valore dell’opera
Riteniamo che quest’opera occupi un posto rilevante nella letteratura contemporanea, prima di tutto perché è avvincente e appassionante per la forza narrativa che la attraversa, perché i protagonisti in tutte le vicende drammatiche raccontate mostrano di non arrendersi mai, di non rinunciare ad un loro giudizio su ciò che li travolge e ad una azione concreta che affermi quei valori in cui credono, difendono la loro unità famigliare e l’educazione dei figli, coltivano di nascosto la passione per la scrittura e la lettura, affermano la propria libertà senza piegarsi all’ideologia, hanno pietà per chi è perseguitato, sia egli cinese o giapponese.
Essa inoltre ci permette di far luce su una pagina della storia del ‘900 che si conosce ancora troppo poco, e ci chiama direttamente in causa, da un lato, per condannare le atrocità e le ingiustizie commesse e dall’altro, per riconoscere e difendere quei valori di libertà, bellezza e giustizia che sono irrinunciabili nella vita di ogni uomo.

NOTE
4. Secondo le statistiche rilasciate dal governo cinese, dal 1967 al 1979, ultimo anno di applicazione di tale programma politico, 16 milioni di giovani residenti in città vennero inviati nelle campagne.
5. A quarant’anni dalla morte di Mao Tse-tung, siano stati pubblicati più o meno contemporaneamente tre libri intorno alla figura del Grande Timoniere: la biografia dell’americano Philip Short (Mao. L'uomo, il rivoluzionario, il tiranno, Ed. Rizzoli), l’autobiografia di Chen Ming, professore vittima della Rivoluzione Culturale (Nubi nere s’addensano, Ed. Marsilio) e Mao, la storia sconosciuta, scritto dalla cinese Jung Chang e dal marito, lo storico britannico Jon Halliday, con documentazioni ufficiali reperite negli archivi russi e cinesi e testimonianze dirette di chi ha vissuto ed è sopravvissuto a quegli anni.

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