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"Barabba" 3 - Il percorso dello sguardo di Barabba

Fonte:
CulturaCattolica.it

Avventuriamoci ora nel romanzo seguendo una pista che mi sembra assolutamente da privilegiare: il percorso “dello sguardo di Barabba”:

Leggiamo dall’incipit del romanzo:

Tutti sanno come egli venne appeso là, su quella croce, e conoscono quelli che stavano raccolti intorno a lui: Maria sua madre e Maria di Magdala; Veronica e Simone da Cirene, che ha portato la croce, e Giuseppe d’Arimatea, che poi lo ravvolse nel lenzuolo. Ma, un tratto più in giù, sul pendio, un po’ in disparte, stava un uomo, che guardava continuamente colui che era appeso lassù e moriva, e ne seguì l’agonia dal principio fino alla fine. Il suo nome era Barabba. Di lui tratta questo libro.
Era un uomo di circa trent’anni, di corporatura robusta, ma dal colorito terreo; aveva la barba rossiccia e i capelli neri. Le sopracciglia erano anch’esse nere, e gli occhi molto infossati, come se lo sguardo avesse quasi voluto celarsi. Sotto un occhio aveva una cicatrice profonda che scompariva tra la barba.
(…) Adesso egli era là, sul colle de supplizio e guardava colui che era appeso alla croce di mezzo, e non riusciva a staccare gli occhi da lui.
(…) Fin dal primo momento in cui lo aveva visto nel cortile del Castello aveva sentito che in quell’uomo c’era qualcosa di insolito. Che cosa poi fosse non avrebbe potuto dirlo; era qualche cosa che soltanto si sentiva. Gli sembrava di non avere visto mai, prima d’allora, un uomo come quello. Certo ciò avveniva perché allora egli usciva diritto dalla segreta del carcere e i suoi occhi non erano ancora assuefatti alla luce. Perciò, a tutta prima, lo aveva visto come circonfuso di uno splendore abbagliante. Subito dopo, s’intende, quello splendore era svanito e la sua vista era tornata come prima e aveva afferrato tutte le cose e non soltanto quell’uomo che se ne stava solitario nel cortile del Castello. Ma egli continuava a pensare che ci fosse qualche cosa di straordinario in quell’uomo, e che non assomigliasse a nessun altro.”


Da qui una inizia serie di incontri in cui Barabba continua a guardare, a spiare, a informarsi, a cercar di capire perché lui sia stato salvato da quell’uomo; ma non riesce a capirne il motivo, e la ragione per cui non riesca a liberarsi di lui, ma nonostante tutto non si lascia convincere a rinunciare alla sua logica, alla sua autosufficienza, in fondo, alla sua solitudine.
Barabba è sempre un uomo solo, anche se fa degli incontri; è attratto dall’unità dei discepoli di quell’Uomo, e li va a cercare; incontra Pietro (“…era uno di quegli uomini che non si potevano trascurare, ai quali si doveva guardare per forza"…),accetta, suo malgrado, di incontrare Lazzaro risuscitato, ma la logica di quell’uomo che “aveva lasciato che lui, Barabba, la scampasse in vece sua…” gli appare del tutto incomprensibile e quindi inaccettabile:

"Come si può voler soffrire? Soprattutto quando non è necessario, quando non vi si è costretti. Ciò è davvero incomprensibile e quasi si prova ripugnanza a pensarvi. Mentre così meditava, si rivedeva davanti quel corpo smagrito, misero, con le braccia che appena si reggevano e la bocca inaridita al punto che a stento aveva potuto chiedere un po’ da bere. No, a lui non garbava chi aveva cercato la sofferenza a quel modo e che si era inchiodato da sé su di una croce. Non gli garbava affatto."

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