Il pensiero di Chesterton – La libertà 1 - La seconda caratteristica essenziale dell'uomo

La libertà che è la seconda caratteristica dell'umano non è però un fattore accanto ad un altro fattore. Chesterton sembra quasi considerare questi due fattori un'unica realtà: dice infatti ragione o volontà. La libertà è infatti figlia della ragione, perché senza la coscienza di sé non ci può essere libertà.
Autore:
Platania, Marzia
Fonte:
CulturaCattolica.it
Vai a "Chesterton: il pensiero"

Se la ragione è dunque costituzionalmente apertura all'Essere, resta da spiegare la natura e l’origine dell'errore razionalista. Esso consiste in una caduta di tensione, in un cedimento della ragione che abdicando alla sua natura di ricercatrice inesauribile, crede di poter porre fine alle sue fatiche, identificando in qualche sua spiegazione la consistenza ultima del reale, oppure arresta la ricerca giudicandola impossibile. Nella ragione c'è come una debolezza intrinseca, per la quale essa non regge la vertiginosa tensione che pure la costituisce e cerca di porre da sé stessa il fondamento di tutto, acquietandosi in esso, sia esso il principio evoluzionistico, il materialismo o lo scetticismo. Tutte queste posizioni filosofiche operano una censura iniziale ed arbitraria della realtà, in quanto identificano una parte con il tutto; così facendo eliminano dalla considerazione della ragione una parte del reale e perciò alla lunga finiscono col paralizzare la ragione e affondare nella confusione.
Identificata la natura dell'errore possiamo chiederci che cosa è che opera questa riduzione e questa censura. Non possiamo fare a meno di scorgere qui l'azione di un principio non razionale che si inserisce nel procedimento della ragione, facendole abbracciare una posizione non sufficientemente provata, sia essa il materialismo o lo scetticismo. Questo secondo fattore che entra in gioco è la volontà. E' la libertà ciò che rende l'uomo una creatura razionale ma non semplicemente ed unicamente logica. La ragione mostra all'uomo un universo illimitato ma finito, che non ha in sé il fondamento del proprio essere: nessuna delle spiegazioni che la ragione escogita è infatti adeguata, non esaurisce il reale, non riesce a rendere conto di tutto; nell'arco del suo orizzonte che abbraccia tutto l'universo, la ragione non trova il fondamento ultimo delle cose. Qui si arresta il processo puramente razionale, nell'affermazione per così dire esperienziale che il fondamento non è ancora stato trovato, che nulla di ciò che è stato trovato soddisfa i requisiti di una spiegazione totale dell'esperienza e della realtà. Su questa affermazione si situa la scelta della volontà che compiendo un passo che non è più interamente razionale afferma un particolare inadeguato come fondamento oppure che il fondamento non c'è; oppure ancora che il fondamento non è nell'orizzonte della ragione solo perché è al di là. Questa scelta è una pura opzione e la sua sede è la volontà. La possibilità dell'errore, dell'eresia, risiede nella libertà (conformemente a Chesterton, usiamo libertà e volontà quali sinonimi).
La libertà che è la seconda caratteristica dell'umano non è però un fattore accanto ad un altro fattore. Chesterton sembra quasi considerare questi due fattori un'unica realtà: dice infatti ragione o volontà. La libertà è infatti figlia della ragione, perché senza la coscienza di sé non ci può essere libertà. E' la ragione che pone l'uomo fuori della natura, rendendolo perciò libero. La libertà è però in un altro senso madre della ragione; nel senso almeno che ha il potere tanto di farla crescere che di costringerla a rattrappirsi. Questi due fattori sono così inestricabilmente connessi. E come riguardo alla ragione la modernità commetteva due errori uguali e contrapposti, la sopravvalutazione e la sottovalutazione, così anche riguardo alla libertà le filosofie moderne cadono negli eccessi o di negare addirittura la sua esistenza o di negare l'esistenza di tutto il resto per fare di essa l'unica realtà.
Tra questi due errori contrapposti, quello che determinava più profondamente l'atmosfera del tempo era il determinismo. Esso era infatti affermato dal materialismo e dell'evoluzionismo, ma anche dal socialismo emergente nel campo politico e sociale e da numerose teosofie di stampo orientaleggiante che si rifacevano al fatalismo asiatico e che andavano per la maggiore nei salotti degli intellettuali e nei ritrovi degli artisti, da Chesterton stigmatizzate nel cattivo Lord Ivywood.
La prima mossa polemica di Chesterton per modificare questa atmosfera è proprio quella di togliere il determinismo dall'aria per riportarlo sulla terra, riportarlo dall'astrattezza del dibattito intellettuale alla concretezza della vita.
Così voi potete dire, se volete, che il fiero pensatore determinista è libero di non credere nella realtà del volere, ma è cosa assai grave ed importante che egli non sia libero di lodare, di bestemmiare, di ringraziare, di giustificare, di stimolare, di punire, di resistere alle tentazioni, di eccitare le folle, di far propositi per il nuovo anno, di perdonare ai peccatori, di biasimare i tiranni, o anche di dire "Grazie" prendendo la mostarda”. (GKC, Ortodossia, pagg. 35 e 36)