Il pensiero di Chesterton - L'uomo naturale e l'enigma del mondo 13 - Ottimisti e pessimisti
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L'esperienza del male è legata in Chesterton in particolare modo a quel periodo di crisi intellettuale e morale parallela alla sua frequenza alla scuola d'arte.
Questa crisi ha per sua stessa ammissione lasciato per sempre nella mia mente la certezza della solidità oggettiva del peccato. (GKC, Autobiografia, pag. 80)
L'unica parte della teologia cattolica di cui Chesterton confessava di non gloriarsi è quella relativa all'esistenza del demonio, perché egli la conosceva per averne fatto personale esperienza e non era questa cosa di cui andare orgogliosi. In quel suo periodo che egli definisce di follia, egli ebbe esperienze di spiritismo e frequentò compagnie alquanto ambigue e pericolose, tra cui, come riportato in un articolo svariati anni più tardi, quella di un satanista dedito a tutti i vizi non per debolezza ma per una sorta di reale ricerca del male. Chesterton mantenne sempre un nucleo di reale sanità, che lo avrebbe condotto infine alla violenta reazione contro questa sua propria follia; la morbosità delle sue immaginazioni tuttavia lo convinse della reale esistenza del male, e uno dei motivi di ordine personale che lo condusse alla conversione alla Chiesa Cattolica fu proprio la sua pretesa di poter perdonare i peccati, la sua capacità di scendere con un uomo nelle profondità di lui stesso per portarvi la purificazione.
La realtà politica e la storia forniscono una facile esemplificazione della reale presenza del male; è sufficiente osservare come i migliori istituti politici, creati per la libertà del popolo diventino in breve tempo un nuovo strumento di oppressione.
Abbiamo notato che una delle ragioni che ci si offrono per essere progressisti è che le cose tendono a diventare migliori; ma la sola ragione per essere progressisti è che le cose tendano naturalmente a diventar peggiori. La corruzione delle cose [...] è il solo argomento contro l'essere conservatori. Tutto il conservatorismo è basato sull'idea che se lasciate le cose sole, le lasciate come sono. Ma non è così. (GKC, Ortodossia, pag. 157)
Ciò che si può rimproverare al conservatorismo, al di là del campo specifico delle scelte contingenti, è il suo disconoscimento della realtà del male.
Se lasciate sola un insegna bianca, sarà presto una insegna nera; se tenete a che rimanga bianca, dovete sempre ritingerla di bianco. [...] E questo che è vero delle cose inanimate, è vero, in un senso speciale e terribile, di tutte le cose umane. (Id. Ibid., pag. 158)
Quando a sua moglie Frances venne chiesto chi l'avesse convinta ad entrare nella Chiesa cattolica ella rispose perentoriamente "il demonio".
La storia personale di ognuno, il caso emblematico della civiltà greca, l'esperienza storica e quella quotidiana della politica sono invocate per dimostrare la reale esistenza del male, di questa segreta deviazione delle cose, di cui il dolore e la morte sono gli ultimi e definitivi segni.
Può sembrare pletorico il tentativo di dimostrare l'esistenza del male, e certo le due guerre mondiali, con tutto ciò che esse hanno significato e per le crudeltà di cui hanno mostrato capace l'uomo, non permettono più il facile ottimismo cui si indulgeva ancora all'inizio del secolo. La cosa ha però la sua importanza, perché occorre non dimenticare la conclusione cui siamo arrivati nei precedenti paragrafi e soprattutto occorre non dimenticare il fatto che neppure Chesterton l'ha dimenticata.
La realtà si rivela infatti contraddittoria; la presenza del male è un reale paradosso, proprio perché la nostra ragione ci rivela innanzitutto la positività del reale. Positività e negatività coesistono e pertengono entrambe alla sostanza stessa del reale. Questa è l'origine radicale della polemica che contrappone pessimisti e ottimisti.
Il mondo è rotondo, cosi rotondo che le scuole degli ottimisti e dei pessimisti hanno sempre potuto discutere se stia su dalla parte giusta. La difficoltà non nasce dal semplice fatto che bene e male vi sono mescolati in parti pressappoco uguali; ma soprattutto da ciò, che gli uomini hanno sempre avuto opinioni diverse intorno a quali siano le parti buone e quali le cattive. (GKC, Eretici, pag. 70)
Di questo dilemma filosofico Chesterton fornisce la soluzione pragmatica nell'ottimismo irrazionale, nella sublime fedeltà alle cose del patriota, pur avvertendo che essa non è una soluzione stabile e definitiva. L'uomo che fu Giovedì riprende il problema ad un diverso livello di profondità, ma anche in esso il problema rimane aperto, pur avvalendosi della figura di Syme per definire il problema nella sua sinteticità e pur in qualche modo attingendo alla sfera religiosa per delineare la soluzione. Proprio la figura ambigua di Domenica con il suo irrisolto ondeggiare tra la versione panteistica e quella cristiana denuncia la insufficienza della ragione nell'affrontare la questione del male. La ragione con le sue sole forze constata la presenza di una positività radicale del reale, che la sua contingenza invece di sminuire esalta, e insieme una altrettanto radicale presenza del male, che è testimoniata nel mondo naturale dalla corruzione e dalla morte e in campo umano dalla eterogeneità dei fini, dal drammatico distacco tra intenzioni e fini.
La posizione più ragionevole, quando la realtà si riveli contraddittoria e paradossale, è di mantenere aperto il paradosso. Di contro agli ottimisti, Chesterton ribadisce allora la realtà del male, e di contro ai pessimisti la reale positività del reale; la necessità oltremodo razionale di con cuore di fanciulli dire le meraviglie di questo splendido universo di cose sensazionali. (Id. Ibid. pag. 129)
E dire ciò malgrado tutto, ma senza dimenticare che nel tutto grava anche la presenza del male. L'uomo realmente ragionevole dovrà perciò anche qui mantenersi nella contemporanea affermazione di due realtà che si escludono a vicenda, nel paradosso quindi, nella ricerca giammai conclusa del misterioso analogo, del concetto capace di rendere conto di entrambi e della loro sintesi.