Il pensiero di Chesterton – Chesterton e l’evoluzionismo 1- l’anello mancante
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La prima interpretazione dell'uomo con cui il filosofo Chesterton doveva fare i conti era quella propagandata dalla scienza sua contemporanea, o sarebbe forse meglio dire dallo scientismo di stampo positivistico. I miracoli resi possibili dalle nuove scoperte scientifiche avevano infatti conferito agli scienziati il rango di ultimi giudici della realtà.
La scienza antropologica pretendeva in definitiva di spiegare l'uomo come frutto dell'evoluzione delle grandi scimmie antropomorfe e dedicava le sue energie ad individuare la prova di tale discendenza, l'"anello mancante" della catena evolutiva tra queste e quello.
L'eventuale ritrovamento sarebbe stata la prova, sostenevano gli evoluzionisti, che l'uomo non è che un animale, un meccanismo di carne e sangue che le leggi di natura bastano a spiegare. In questo contesto Chesterton ebbe a rammaricarsi che
“la parola antropologia sia stata degradata a studio degli antropoidi. [...] Quelli che sono chiamati antropologi devono circoscrivere i loro pensieri su cose che non sono considerevolmente antropiche. [...] Dovrebbe esservi una vera e propria scienza, chiamata antropologia corrispondente alla teologia”. (GKC, San Tommaso, pag. 134)
Egli non aveva nulla in contrario allo studio dei fossili o ad una disciplina puramente fisica che si occupasse dell'uomo come oggetto di studio. Il problema era che la scienza non sembrava intenzionata tanto a occuparsi dell'uomo quanto a negare che l'uomo esistesse.
In questo arrovellarsi e in questo discutere di anelli mancanti, denunciava Chesterton, è all'opera una sostanziale confusione o meglio un assunto aprioristicamente accettato che falsa anche la ricerca scientifica, pur legittima. Dalla affermazione che la scienza non risolve, per sua natura, interrogativi metafisici, si è passati alla affermazione che tali interrogativi non esistono. La scienza, negandola, sostituisce la metafisica. Non si limita a descrivere i fenomeni e le loro connessioni, ma pretende di darne ragione fino in fondo. Così:
“Nessuno ha mai supposto che gli uomini possano immaginare come il mondo fu fatto più di quel che siano capaci di crearne un altro. Ma l'evoluzione facilmente è scambiata per una spiegazione. Essa fatalmente autorizza molti cervelli a credere di capire questo e altro; allo stesso modo che c'è chi vive nell'illusione di avere letto l'origine delle specie”. (GKC, L’uomo eterno, pag. 213)
Gli scienziati si illudono pensando che mostrare l'uomo come effetto di una lunga evoluzione basti a rendere conto della sua esistenza e delle sue caratteristiche.
“Il razionalismo è riuscito ad imporre questa curiosa e confusa idea: che le difficoltà sono evitate e i misteri eliminati per il solo fatto di indugi e di dilazioni nel corso dei fenomeni”. (Ibidem, pag. 22)
La questione fondamentale che interessa l'uomo non è se il corso degli eventi che lo hanno prodotto sia stato lento o veloce, una creazione istantanea o una lunga evoluzione; se le cose vadano lentamente o velocemente,
“La questione ultima è il perché vadano; e ognuno che si renda conto di questa questione ammetterà che si tratta di una questione religiosa; o ad ogni modo filosofica o metafisica”. (Ibidem, pag. 22)