"Il mio nome è Asher Lev" 9 - Lo scandalo della Crocifissione
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Il giorno dell’inaugurazione della grande mostra, dell’avvenimento che a New York lo consacrerà pittore indiscusso agli occhi di tutti, i suoi genitori accettano di venire.
Si muovono lungo le sale timorosi, presaghi di una sventura che si abbatterà su di loro a causa del loro figlio e avanzano assieme, stringendosi l’uno all’altra davanti ai dipinti per loro indecifrabili, finché nell’ultima sala appariranno gigantesche e sconvolgenti nella loro drammaticità le due grandi tele della Crocifissione con la figura della madre al centro, con le braccia spalancate, la figura di Asher con un lungo pennello in mano, simile ad una lancia e quella del padre con la sua ventiquattrore, ai piedi della croce.
Due segmenti compongono il volto della madre: in uno il suo sguardo si volge alle persone amate, nell’altro è volto verso l’alto.
Per tutto il dolore che hai sofferto, mamma. Per tutto il tormento dei tuoi anni passati e futuri, mamma. Per tutta l'angoscia che questo quadro di dolore ti causerà. Per l'inesprimibile mistero che mette al mondo padri e figli buoni e permette che una madre li veda azzannarsi. Per il padrone dell'universo il cui mondo di sofferenza io non capisco. Per i sogni di terrore, per le notti d'attesa, per i ricordi di morte, per l'amore che ho per te, per tutte le cose che ricordo, per tutte le cose che dovrei ricordare ma che ho dimenticato, per tutte queste cose ho creato questo quadro, io, un ebreo osservante che lavora su una crocifissione perché nella sua tradizione religiosa non esiste alcun modello estetico al quale far risalire un quadro di angoscia e di tormento estremi.(pag.280)
E al Padrone dell’Universo Asher dedica il suo dipinto, quasi invocazione e grido per mostrare nella Crocifissione l’amore di chi si sacrifica per gli uomini e assume su di sé il dolore dell’umanità.
Riconosciuti e inseguiti dai giornalisti, increduli e umiliati, Aryeh e Rivkeh lasciano la mostra.
Come il protagonista del romanzo, anche lo scrittore ha dipinto La Crocifissione di Brooklyn e sa bene ciò che questo ha significato per la sua vita e per la comunità ebraica.
Lo stesso giorno in cui Asher, il giovane pittore chassid ladover ribelle è consacrato dalla critica grande maestro, lo strappo è avvenuto: la scelta della verità dell’ispirazione e quindi dell’arte e l’ascolto del dono che egli ha ricevuto, sono stati più forti di ogni divieto tramandato e di ogni paura.
Ma questo lo colloca fuori dal suo mondo e durante il sabato successivo, nella sinagoga, la gente gli volta le spalle.
Per un ultimo colloquio lo convoca il Rebbe:
“...non sono d’accordo con coloro che credono che tutta la pittura e la scultura provengano dalla sitra achra – l’Altra parte di dio, la parte sinistra, cioè il potere demoniaco, satanico - Io credo che doni simili provengano dal padrone dell’universo. Ma devono essere usati con saggezza, Asher.
Ciò che hai fatto ha recato offesa. La gente è risentita. Fa domande, e io non ho risposte che potrebbe capire. Le tue donne nude mi hanno creato grosse difficoltà. Ma questa non è superabile.”
Rimase per un lungo istante in silenzio. Vedevo i suoi occhi scuri nell’ombra proiettata dalla tesa del cappello.
Poi disse: “Devo chiederti di non continuare a vivere qui, Asher Lev. Devo chiederti di andare via . Non va bene che tu resti qui. Qui sei troppo vicino alle persone che ami. Non ti capiscono. Le ferisci e le esasperi… Asher Lev, hai attraversato un confine. Non posso aiutarti. Sei solo ora. Ti do la mia benedizione” gli dice il Rebbe.
Il dolore scorto nel volto del Cristo crocifisso ha evocato in Asher il dolore presente nella sua vita portandolo a dipingere le sue opere più belle, e non aveva altri modelli pittorici che lo esprimessero se non la Crocifissione, ma per lo scandalo provocato deve lasciare i suoi famigliari e la sua comunità.
Sentii un gelido tremore dentro di me. Uscii dall’ufficio del Rebbe. Camminai per ore sotto gli alberi spogli del viale, in strade che una volta erano state il mio mondo ma che ora erano fredde e mi avevano abbandonato…
Padrone dell’universo, devo vivere in questo modo per tutto il resto della mia vita?
Sì, giunse il bisbiglio dai rami degli alberi. Ora viaggia con me mio Asher. Dipingi l’angoscia del mondo intero. Mostra agli uomini il dolore. E per il dolore, crea i tuoi propri modelli e il tuo proprio gioco di forme. Dobbiamo dare un equilibrio all’universo”. (pag 311)
Quando Asher si prepara ad abbandonare la casa e la sua città, tutt’intorno è buio e freddo.
Un’ultima volta alza lo sguardo.
In silenzio, provati dal dolore, i genitori lo accompagnano con lo sguardo dalla finestra del soggiorno.
Come ha affermato papa Benedetto XVI nel testo “La bellezza. La Chiesa”:
"Nel Cristo sofferente si apprende anche che la bellezza della verità comprende offesa, dolore, e che essa può essere trovata solo nell’accettazione del dolore e non nell’ignorarlo”.