"Il mio nome è Asher Lev" 5 - La profezia: "un piccolo Chagall"

"Stavo lavorando al terzo disegno, quando lui e mio padre entrarono nella mia camera. Restarono fermi dietro di me. Mio zio sbirciava i disegni da sopra la mia spalla. "Questo è un bambino di sei anni?" disse con dolcezza.
Mio padre non disse nulla. "Un piccolo Chagall" disse mio zio.
Curatore:
Leonardi, Enrico
Fonte:
CulturaCattolica.it

La profezia
La rigidezza di Aryeh un giorno assumerà il volto della intransigenza.
Lo zio Yitzchok viene a trovare durante la malattia di Rivkeh il fratello e lo richiama al fatto di doversi riferire al Rebbe, come ogni membro della comunità fa quando si trova in una situazione difficile da affrontare.
Durante la visita getta un’occhiata distratta sui disegni del nipote, chino sulla scrivania .
Stavo lavorando al terzo disegno, quando lui e mio padre entrarono nella mia camera. Restarono fermi dietro di me. Mio zio sbirciava i disegni da sopra la mia spalla. "Questo è un bambino di sei anni?" disse con dolcezza.
Mio padre non disse nulla.
"Un piccolo Chagall" disse mio zio.
Più che vedere, sentii mio padre fare un movimento con le mani e la testa.
"Aggiusto orologi e vendo gioielli" disse mio zio. "ma gli occhi li ho anch'io".
"Chi è Chagall?" chiesi
"Un grande pittore", disse mio zio.
“È il più grande pittore del mondo?"
"È il più grande pittore ebreo del mondo"
"Chi è il più grande pittore?"
Mio zio rifletté un momento. "Picasso" disse.
"Picasso”, ripetei, assaporando il nome.
”Picasso è americano?"
"Picasso è spagnolo. Ma vive in Francia"
"Com'è Picasso?"
"È piccolo di statura e ha due ardenti occhi neri"
"E' tardi" mi disse mio padre "infilati il pigiama Asher. Torno per metterti a letto"
"Un autentico Chagall" disse mio zio.
Mi voltai sulla sedia e levai lo sguardo su di lui.
"No" dissi "il mio nome è Asher Lev"
Lo zio a questo punto offrì ad Asher una moneta. Prese un disegno e la mise al suo posto.
"Ora posseggo un primo Lev" disse con un sorriso.(pagg. 34,35)
Ma poco dopo, Aryeh rientra nella sua stanza e restituisce il disegno ad Asher e la moneta ricevuta. E’ arrabbiato e condanna le parole e il comportamento del fratello.
Potok sa bene cosa significhi la disapprovazione del proprio padre, perché l’ha vissuta a sua volta e con straordinario spirito critico nei confronti della mentalità del suo popolo; ha spiegato nel corso di una conferenza che “Il protagonista del romanzo appartiene a un popolo e ad una famiglia per i quali le arti figurative non sono ammesse, perché dipingere è attività pagana, infrange il divieto del Decalogo:
(Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.)”
Coltivarle coincide col cedere al lato oscuro della vita, alla “Sitra achra”, rinnegando la propria cultura anti-iconografica.
Per il culto pagano infatti era fondamentale l’idolatria e la rappresentazione di Dio in forma umana. Pertanto gli ebrei si sono sempre astenuti fino ai tempi recenti dalle rappresentazioni artistiche di ogni tipo, in particolare se collegate al culto, per differenziarsi dai pagani.
Rivkeh riprende a vivere, come risvegliandosi lentamente da un lungo sonno popolato da incubi, ma non ha più tempo per giocare col bambino o accompagnarlo nelle passeggiate. Riempie i tavoli di libri, si compra una piccola libreria, studia di giorno e di notte e cerca in continuazione su giornali e riviste notizie riguardanti la situazione degli ebrei in Russia. E’ decisa a continuare gli studi del fratello morto, a prendere il suo posto e insegnare come lui Storia russa all’Università.