L'Asino d'oro di Apuleio 2 - Il bisogno religioso e i culti misterici
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Lo scioglimento dell’azione avviene dopo un’interminabile serie di avventure quando Lucio, ormai stanco e sfiduciato di poter riavere la sua figura umana, abbandonato su una spiaggia, si rivolge alla divinità lunare (spesso adorata come ipostasi di diverse divinità femminili) in una preghiera di grandissima intensità:
“O regina del cielo, o sia pure tu l'alma Cerere, l'antichissima madre delle messi, che per la gioia d'aver ritrovata la figlia, offristi all'uomo un cibo più dolce che non quello bestiale delle ghiande, e fai più bella con la tua presenza la terra di Eleusi (…), tu che con la tua virginea luce illumini tutte le città, che nutri con i tuoi umidi raggi le sementi feconde, e nei tuoi giri solitari spandi il tuo incerto chiarore, sotto qualsiasi nome, con qualsiasi rito, sotto qualsiasi aspetto sia lecito invocarti, soccorrimi in queste mie terribili sventure, sostienimi nella mia sorte infelice, concedimi un po' di pace, una tregua dopo tanti terribili eventi, che cessino gli affanni, che cessino i pericoli. Liberami da quest'orrendo aspetto di quadrupede, rendimi agli occhi dei miei cari, fammi tornare il Lucio che ero. E se poi qualche divinità che ho offesa mi perseguita con una crudeltà così accanita, mi sia almeno concesso di morire se non mi è lecito vivere.”
La preghiera apparentemente segue gli schemi delle preghiere antiche, con l’invocazione al dio e la descrizione minuziosa delle sue prerogative, ma il sentimento che anima l’orante è quanto mai profondo: “fammi tornare il Lucio che ero”, rendimi la mia umanità, risollevami da questa inarrestabile caduta di cui pure sono responsabile. La preghiera ottiene accoglienza da parte della dea Iside che si presenta e si fa riconoscere da Lucio, il quale l’indomani durante una processione dedicata alla dea può cibarsi delle rose e riacquistare così la sua forma umana, per poi iniziarsi ai suoi culti misterici.
Senza entrare nei molti problemi che la lettura del romanzo propone, vorrei sottolineare tre punti.
L’opera è palesemente autobiografica: Apuleio narra, attraverso le vicende di Lucio, una sua vicenda personale. Formalmente l’Asino d’oro appartiene a un genere letterario molto diffuso nel periodo imperiale, quello del romanzo. Nei romanzi dell’epoca si narra di solito la vicenda di due innamorati che vengono divisi e allontanati da una qualche vicenda della vita e passano attraverso svariate disavventure e disgrazie finché, nell’ultima parte, si ritrovano e coronano il loro sogno d’amore. Nel romanzo di Apuleio ci sono sì le disavventure e c’è anche, in certo modo, il ricongiungimento finale: ma la divisione non è tra due innamorati, bensì fra Lucio e la sua umanità, e il ricongiungimento non è con una donna, bensì con la dea Iside che gli dona la sua protezione. Lucio, con la sua smania avventata di penetrare l’occulto e l’inconoscibile, ha messo in atto delle pratiche che lo hanno come diviso dal vero sé stesso, e solo l’intervento della dea nella parte finale del romanzo sanerà la lacerazione.
La preghiera finale, abbiamo detto, non è sostanzialmente diversa dallo schema abituale delle preghiere antiche. In realtà, nell’enumerazione dei diversi aspetti e delle diverse personalità divine che si confondono nell’astro lunare, non viene nominata Iside. E’ la dea stessa che si presenta spontaneamente e si fa riconoscere, proponendo a Lucio l’iniziazione ai suoi misteri. L’uomo che si rivolge agli dèi può confidare nel loro aiuto, ma la salvezza gli giunge in un modo inatteso e con modalità diverse da quelle che si sarebbe immaginate. Lucio è esaudito, ma il dio agisce in modo diverso e sorprendente. Nelle pagine finali del romanzo il motivo autobiografico si fa ancora più netto: nell’affermazione di Lucio che ammette di essere stato a un passo dalla morte e di avere ritrovato il bagliore di una luce inattesa si cela in realtà la figura stessa di Apuleio che, dopo essersi dedicato all’arte magica, ne ha riconosciuto l’inutilità e il danno, e alla fine ha ritrovato sé stesso.
Infine, il romanzo indica la popolarità e la diffusione dei culti misterici nell’epoca. Nel culto misterico l’uomo dedica tutto sé stesso a una pratica religiosa i cui aspetti possono essere pienamente rivelati solo agli adepti del culto stesso: i misteri promettono salvezza eterna in un aldilà felice, ma richiedono di seguire delle norme di vita abbastanza severe (ad esempio Lucio promette di accettare una pratica di castità). Nella perdita di attrattiva della religione tradizionale, i culti misterici, nelle loro varie forme, suppliscono in maniera efficace al bisogno religioso dell’uomo: benché la loro origine fosse antica, la loro diffusione raggiunge l’apice nei primi secoli dell’era cristiana, nel momento stesso in cui il Cristianesimo, con ben altra profondità e definitività, comincia a proporre all’uomo le risposte decisive per colmare la sua domanda religiosa. Anche in questa vicenda si coglie una traccia di quella praeparatio evangelica, di quella progressiva educazione al riconoscimento del divino di cui parlano molti antichi Padri della Chiesa.