Percorso iconografico sul Volto di Cristo - 3

Tu sei bellezza!

La crisi dell'uomo contemporaneo: chi è l'uomo? chi è Cristo?
Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
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Dal Neoclassicismo in poi l’arte sacra, intesa come quell’arte che si fa per le chiese e per gli edifici di culto, segna il passo. L’arte, la grande arte che fino a quel momento era stata sacra perché al servizio della Chiesa, in stretto rapporto con i suoi intenti didattici, educativi e celebrativi, reclama la sua autonomia e indipendenza, tanto che sorge spontanea la domanda di Eliot: “E’ la Chiesa che ha abbandonato gli uomini o gli uomini hanno abbandonato la Chiesa?”

La cultura antropocentrica umanistica, nel corso dei secoli, attraverso i cambiamenti culturali e storici, perviene nel Settecento, in modo evidente con l’Illuminismo, alla negazione di Dio e alla persecuzione della Chiesa. L’uomo trova la sua autonomia, la sua libertà dal Creatore e dal Figlio redentore; tanto acclamata conquista avrà come conseguenza la perdita di un centro unificatore e minerà lentamente la solidarietà tra gli uomini, non più fratelli, figli di uno stesso Padre; minerà il rapporto cordiale con la realtà, minerà il rapporto dell’uomo con se stesso. L’aver rinnegato e poi perso il Volto a cui guardare, il Volto da imitare e a cui tendere, l’uomo non riesce più a ritrovare se stesso. La crisi del senso della realtà e dell’esistenza coincide con una crisi delle capacità figurative dell’artista.
Tre artisti moderni bene esemplificano il clima di dissociazione e dissoluzione culturale in cui viviamo.

Il grido (1893) di Münch (1863-1944) delinea in questa larva umana l’inconsistenza della vita e la perdita di ogni riferimento oggettivo. L’uomo è tutto risolto nell’urlo che pare annichilire la realtà, ormai liquefatta. Figura 1

Questo ritratto (1948) di Giacometti (1901-1966) evidenzia la fragilità umana, l’uomo è un essere evanescente senza vita e concreta fisicità.
Quali a questo punto le strade dell’artista? quale può essere il rapporto con l’esperienza cristiana? Figura 2

Molti artisti oggi, anche non accostandosi direttamente alle tematiche del religioso, si attestano però nell’area del sacro, del mistero, dell’oltre come il contemporaneo Timoncini (1928) che, in tutta la sua produzione, denuncia nella condizione dell’uomo moderno una mancanza di significato e i tentativi della ricerca esistenziale. In questa acquaforte del 1982, Sulla soglia si rivela la tensione metafisica dell’artista, spesso anche direttamente impegnato con committenze religiose.
Una figura di adolescente sta su una soglia e guarda seria e compunta una luce che la colpisce: la stanza alle sue spalle è scura, con ombre derivate da un tratteggio incrociato fittissimo, mentre in alto le ombreggiature del cielo sfumano in una sorta di puntinato che trascolora dal grigio intenso al chiaro. Figura 3

L’impressione è che questa opera sia emblematica della acquisita coscienza da parte di Timoncini di quello che cerca; questo reiterato tentativo, sempre operato e mai pienamente compiuto di condurre sulla soglia; afferrare la presenza del significato, coglierlo per un istante e subito perderlo e per questo tentare di ridirlo ancora.

Per un ritorno al volto di Cristo

L’approccio diretto degli artisti contemporanei al tema sacro, alla figura di Cristo in particolare, presenta molte sfaccettature, diverse ramificazioni, caratteristiche per la molteplicità di storie e tradizioni degli artisti interessati.

Chagall
(1887-1985) pittore russo di origine ebraica, durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale dedica parecchie tavole alla figura di Cristo, divenuto segno di tutti gli innocenti che soffrono. Ne L’anima della città (1945) ci presenta una sintesi della sua vita e della sua cognizione del dolore nel momento angoscioso della guerra. Il pittore si raffigura con due volti: uno proteso al crocefisso, simbolo della sofferenza e della trasfigurazione salvifica del dolore; uno verso la moglie Belle, da poco scomparsa, che si snoda nell’abito da sposa e giunge fino alla tela rossa del tabernacolo della Torah, dalle fiamme accese di un candelabro, segno del fuoco purificatore. Figura 4

Anche il drammatico percorso esistenziale dell’americano Congdon (1912-1998), tra gli esponenti di spicco della Action painting, trova, dopo la conversione al cattolicesimo e in particolare tra gli anni Sessanta e Settanta, nel Crocefisso il punto nodale della sua esperienza umana ed artistica. Nel Crocifisso n° 2 (1960) la figura del Cristo è colta in un delicato equilibrio tra l’apparire e lo scomparire. Il corpo teso nella sofferenza, l’inarcarsi della cassa toracica sotto la massa dei capelli del capo riverso e le lunghe braccia quasi disarticolate. Il legno della croce è scomparso, il corpo stesso è divenuto legno, eterno segno di sofferenza e salvezza nella identificazione dell’artista con la passione di Gesù. Figura 5

Scrive Congdon: “Il Crocefisso non è altro che la nostra carne sofferente/peccante...E’ la mia carne Crocefissa!”

Sicuramente suggestiva la Salita al Calvario (1984) di Mitsuuchi (1948), artista giapponese “scoperto” da Giovanni Testori e da lui invitato a misurarsi con il Cristo sofferente. In una intervista del 1984 così il pittore descrive l’impatto con la drammatica bellezza del volto sofferente di Gesù. “E’ la bellezza del suo cuore, del grande cuore di Cristo. E’ la forza, l’energia e la purezza che ho visto nel suo cuore. E’ una bellezza che non richiede sforzi. Per questo è tanto grande: perché ti capisce, ti riguarda. Perché entra nel tuo cuore. Ed entra anche nella notte di cui sono fatte le mie opere.” Figura 6


Alla domanda sul perché oggi gli artisti non tentino più di affrontare un tema così provocatorio con decisione Mitsuuchi risponde: “Siamo nel deserto e la pietà è la dimensione del cuore che sta più lontana dal deserto. I pittori di oggi sono artisti ma non sono uomini. Vivono chiusi. Nessuno osa uscire. Perché uscire significa combattere. E per combattere bisogna essere forti. Invece oggi nessuno riesce a superare l’orizzonte del desiderio, l’orizzonte della pura interiorizzazione.” Vorremmo concludere il nostro itinerario con una insolita immagine della cattedrale di Chartres: Dio pensa l’uomo (XII secolo). Forse questa è la strada che gli artisti e tutti gli uomini devono cercare di ripercorrere: ritornare con cordialità al Volto originale da cui l’uomo dipende e a cui ogni uomo, anche senza saperlo aspira. Figura 7


Ricordava san Giovanni Damasceno: “Se chi non ha corpo, né forma, né quantità, né qualità e che trascende ogni grandezza grazie all’eccellenza della sua natura divina; se costui pur essendo di natura divina ha fatto sua la condizione dello schiavo, riducendosi alla quantità e alla qualità e rivestendosi delle umane fattezze, dipingi allora sul legno la sua immagine e presenta alla contemplazione colui che volle divenire visibile. Se tu vedi che l’Incorporeo si è fatto uomo per te, allora puoi esprimere la sua immagine umana...”. E a noi piace aggiungere “e allora puoi esprimere la tua immagine umana”.