Percorso iconografico sul Volto di Cristo - 2
Tu sei bellezza!L'Umanesimo cristiano: da Giotto a Leonardo
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Proprio a contatto con il carisma e il movimento francescano emerge la personalità di Giotto, impegnato nel cantiere di Assisi per gli affreschi sulla vita del Poverello.
Giotto (1267ca.-1337) approfondendo la spiritualità di Francesco scopre e poi propone l’Uomo-Dio pienamente umano, uomo tra gli uomini, in un “hic et nunc” preciso e circostanziato. Nella padovana cappella degli Scrovegni (1304-1306) il pittore esprime a pieno l’evento dell’Incarnazione, proponendo una singolare figura di Gesù.
Ne Il bacio di Giuda osserviamo il drammatico confronto del Signore con il traditore: mentre lo sguardo di Gesù è teso, fisso sull’”amico”, quello di Giuda è sfuggente; al volto nobile e calmo del Cristo si contrappone quello sfigurato di Giuda, quasi animalesco nel gonfiore delle guance che stanno scoccando il bacio. Figura 1
Una delle ultime sequenze della cappella mostra il Noli me tangere. Lo sfondo è arido, segno del lutto della natura per la morte di Gesù, ma il passaggio del Risorto, nuova creatura, rivivifica il creato e il verde spunta sotto i suoi piedi. La nuova creatura risorta da morte possiede un corpo trasfigurato - individuato dalla veste bianchissima con le bordature dorate - eppure reale, un corpo che occupa uno spazio preciso tanto che sotto la veste emerge il volume della gamba. Con una mano Gesù tiene il vessillo della vittoria sulla morte, con l’altra trattiene il gesto proteso di Maddalena, invitandola a considerare il cambiamento di natura del loro rapporto, ormai dettato dalla nuova creazione. Figura 2
Il Risorto viene rappresentato al margine estremo della raffigurazione: non è certo casuale la scelta di Giotto; il pittore sottolinea il venir meno della presenza sensibile di Gesù nella storia e l’avvenimento della misteriosa sua presenza nel corpo della Chiesa.
Il Quattrocento, nell’ampio movimento umanistico-rinascimentale, a partire dalla considerazione della centralità dell’uomo inizierà un lento, ma inesorabile allontanamento dalla concezione teocentrica e cristocentrica, fino alla moderna negazione di Dio.
Gli artisti, nel nuovo indirizzo culturale teso ad ordinare la realtà e a valorizzare l’uomo, propongono immagini di Cristo estremamente suggestive ed interessanti, sottolineandone il risvolto umano e storico. Masaccio (1401-1428) nella cappella Brancacci a Firenze nell’episodio evangelico de Il tributo (1425) costruisce l’intero episodio, in tre sequenze, attorno alla persona di Gesù. Figura 3
Al centro il dialogo tra Gesù e Pietro: tutti gli occhi degli apostoli sono rivolti a Cristo, centro del cosmo e della storia,ma lo sguardo di Pietro è il più teso, interrogativo fino alla immedesimazione con il gesto del Maestro. Il volto di Gesù rivela l’autorità della sua parola, quella divina autorità che si esprime nella intensa bellezza del suo sguardo. Di alcuni decenni dopo è l’affresco di Piero della Francesca (1415/1420-1492) raffigurante Cristo risorto (1461-1464). E’ un’immagine temporale e nel contempo atemporale: il momento della vittoria sulla morte. Figura 4
La forza e calma che sprigionano dal corpo glorioso della nuova creatura sono bene individuate nel volto singolare, volutamente asimmetrico e imperfetto nelle fattezze, dove lo sguardo è ancora più intenso e scrutatore. Cristo risorto, nella sua presenza misteriosa tra noi, rivolge la domanda che segna la vita di ogni uomo: “Chi sono io per te?”
La ricchezza della pittura quattrocentesca sfocia alla fine del secolo con la poliedrica personalità di Leonardo (1452-1519). Del maestro di Vinci presentiamo il Cristo (1495-1497) del refettorio di Santa Maria delle Grazie di Milano, da poco restaurato. Leonardo ha fissato per sempre il momento drammatico in cui Cristo rivela il tradimento di uno dei suoi. L’annuncio crea scompiglio e reazioni diverse tra gli apostoli che si raggruppano a tre a tre, creando il vuoto attorno a Gesù. Figura 5
Al centro, immobile nel frastuono, contro lo sfondo luminoso di una finestra, campeggia isolato Cristo che apre le braccia in atteggiamento di offerta ed abbandono, indicando il pane e il vino che sono sulla tavola. Cristo, sacerdote e vittima, è in relazione con l’eucaristia appena istituita e si propone alla meditazione dei padri domenicani che in quel luogo si riunivano per i pasti; cosicché quando questi ultimi sedevano a mensa facevano memoria dell’Ultima cena, commensali dello stesso Signore che per la loro salvezza aveva offerto la vita.
Segno di contraddizione: il volto di Cristo dalla Riforma al Barocco
Lo sguardo febbrile del Cristo risorto (prima metà XVI secolo) di Bramantino (1465ca.-1536ca.) suggerisce una diversa temperie culturale e spirituale, una sensibilità tragica che Martin Lutero farà esplodere dando vita alla Riforma Protestante. Figura 6
Pur nell’evidenza del corpo risorto altri dettagli creano un netto ed ambiguo contrasto: il volto affilato dalla bocca socchiusa, il risalto delle ferite, il bianco spettrale del lenzuolo in contrasto con l’oscurità del sepolcro. Questo Risorto non comunica speranza e gioia, ma sottolinea la condizione di sofferenza e l’incomprensione dell’uomo per il martirio del Cristo; il Signore è dolente e sconfitto nonostante la resurrezione. Decisamente tragico il Cristo portacroce (1525ca.) di Grünewald (1480-1528). La spietata violenza espressiva nella rappresentazione del volto martoriato di Gesù, in diretto rapporto con la citazione di Isaia presente nel quadro, “E’ stato colpito a causa dei nostri peccati”, sottolinea l’abisso del male che travolge Gesù, uomo senza via di scampo, disperato tra i disperati che lo torturano. Simpatizzante del movimento protestante Grunewald esprime in questo volto tumefatto il cupo pessimismo di Lutero riguardo la salvezza dell’uomo. Figura 7
Una pacata certezza sostiene invece la sofferenza del Cristo di El Greco (1541-1614), nella tavola intitolata Espolio - Cristo spogliato delle vesti (1577-1579). Attorniato da una folla vociante, dai volti bene individuati, Gesù alza lo sguardo al Padre la cui continua presenza è fonte di pace e certezza nella prova. Nel tono brunato dell’insieme spicca la veste rossa, segno di amore, umanità e martirio. Lo spagnolo El Greco propone una figura di Gesù aderente a ciò che la Chiesa, attraverso l’opera della riforma tridentina, stava riproponendo: l’integrità dell’Incarnazione e della croce salvifica di Cristo. Figura 8
Nello stesso periodo in ambito italiano troviamo l’opera di Caravaggio (1573-1610); il pittore tratta i soggetti religiosi già in uso in modo nuovo, creando iconografie particolari in cui si nota un profondo rispetto della sacralità dell’evento rappresentato, spesso attualizzando gli episodi con la presenza di personaggi abbigliati con costumi moderni. La chiamata di Matteo (1599-1600) in San Luigi dei Francesi a Roma rappresenta il momento in cui Gesù vede Matteo al banco dell’esazione delle tasse e lo chiama a divenire suo discepolo. La raffigurazione è di grande sospensione: il gesto di Cristo, nell’ambiente scuro, coincide con l’entrata, a destra, del violento fascio di luce (una luce chiaramente simbolica e spirituale che illumina e chiama Matteo e che si contrappone all’opaca finestrella della parete). Figura 9
Accanto a Gesù, in un secondo tempo, Caravaggio dipinse Pietro, segno della Chiesa che nella storia continua a chiamare gli uomini al servizio del Vangelo. Pietro infatti, anche se in modo più goffo e stentato, imita il gesto deciso e disteso di Gesù. Il giovane volto di Cristo è proposto di profilo nella luce radente che si sprigiona alle sue spalle.
In ambito riformato olandese si situa l’opera pittorica di Rembrandt (1606-1669). L’autore fu attento osservatore della storia sacra e della figura di Gesù, frutto delle sue simpatie per i circoli religiosi del protestantesimo riformato, dell’ebraismo e del residuo cattolicesimo da cui proveniva la sua famiglia. La stampa dei cento fiorini (1648-1650) è il capolavoro di Rembrandt, opera riassuntiva della sua ricerca e domanda su Gesù. Il pittore ha cercato la verosimiglianza delle due nature del Cristo, indagando il mistero della sua incarnazione e tentando di percepire e realizzare un volto del Signore che fosse il più umano e il più atemporale, il più umile e il più glorioso. Infatti, in questa stampa conosciuta anche come “Le beatitudini” o “Cristo tra i malati”, il volto di Gesù è un groviglio di tratti consumati, bruniti, cancellati, ripresi. Figura 10
Questa “imprecisione” è il segno del tentativo del pittore di avvicinarsi alla “immagine interiore” di Cristo. Solo la sovrapposizione di più schizzi cerca di esprimere la pienezza indicibile di questo volto. Da tale “Imprecisione” nasce l’impressione di uno sguardo che vede “dentro” senza fissarsi in nessun luogo, mentre la bocca parla senza quasi aprirsi. Questo volto trema, illumina e riscalda: è la presenza di Gesù che ponendosi orienta la realtà e a noi chiede silenzio, preghiera e contemplazione. Il Cristo assorto (XVIII-XIX secolo) dell’arte popolare lituana non ha alcun riferimento canonico; pur con la corona di spine questa figura non è direttamente collegata alla vicenda del Golgota. Simboleggia il Gesù di ogni giorno, continuamente presente in una terra perseguitata ed oppressa tanto da essere chiamata “terra delle croci”, accanto alla sofferenza del popolo.
Cristo è seduto, la testa appoggiata alla mano, profondamente immerso nella compassione, nel silenzio, nella preghiera.