Giona - Introduzione

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Giona, Lorenzetto

Prima di addentrarci nel libro di Giona, è necessario dare uno sguardo panoramico retrospettivo al cammino fatto sin qui. Possiamo notare, guardando indietro e, per così dire, dall’alto come la pedagogia divina segua sempre un iter preciso con ogni singolo uomo e con l’umanità intera: prima fa balenare davanti all’uomo il progetto che egli ha su di lui nella sua totalità. Quasi lo sprona al cammino facendogli intuire mete sconfinate, poi inizia l’opera dell’incarnazione del progetto assaporato da lontano e sceglie un individuo, la cui vita è intessuta di prodigi e difficoltà, potenza e fragilità, dall’individuo nasce un popolo, piccolo, ma scelto che ha il compito di rivelare il volto di Dio in mezzo alle genti realizzando così, nella storia, quel progetto iniziale intuito e contemplato di lontano.
Ripensiamo ad Abramo, radice delle tre religioni monoteiste, padre di tutte le genti: in lui il Padre rivela la sua paternità universale. La discendenza effettiva di Abramo sarà però un uomo solo, Isacco dal quale tuttavia avrà origine il popolo di Israele, nella persona del figlio Giacobbe. In Giacobbe ha origine il nome del popolo, Israele, e comincia di fatto la storia del popolo eletto, un popolo che dovrà essere seme di salvezza fra tutte le genti.
Ripensiamo poi a Mosé, il quale rappresenta in certo senso l’ultimo dei patriarchi e il primo dei profeti. Mosé contempla la terra promessa da lontano, riceve il dono della legge e il popolo acquista una fisionomia precisa, con una terra e una legislazione, un culto. In Mosé tutto viene dato, ma ancora in germe. Sarà con Davide, re e profeta, l’amato da Dio, il Consacrato, che popolo, legislazione e culto acquisteranno stabilità, diventeranno storia. Questo piccolo regno dovrà fare i conti con i regni circostanti e comincerà anch’esso la sua storia travagliata. Per diventare seme di salvezza fra le genti dovrà difendersi dal sincretismo e dall’idolatria, perciò il Padre invia i suoi profeti, i quali hanno il compito di scuotere le coscienze e rivelare chi al popolo chi è il vero Dio e quali i veri credenti. É ciò che abbiamo contemplato in Elia. In questa fase il volto del Padre è soprattutto quello dell’educatore che addestra e prepara il figlio alle lotte della vita.
Ed ora in Giona, un libro che è a metà strada tra la profezia e la narrazione a scopo educativo, la parabola, potremmo dire, Dio rivela al suo popolo qual è la sua vera vocazione. Troviamo qui, sia pure in un linguaggio figurato, il senso profondo della vocazione del popolo eletto: essere segno dell’amore sconfinato di Dio per ogni uomo a qualunque popolo, razza, lingua, nazione esso appartenga. In Giona abbracciamo, ancora una volta, con un solo sguardo la sconfinata opera di salvezza del Signore. Un opera che sarà pienamente rivelata e attuata in Gesù, culmine e centro della storia della salvezza, uomo perfetto che compie in tutto l’opera del Padre. In lui sarà rivelato il senso delle promesse e delle profezie ed si aprirà di fatto la via all’attuazione della vocazione d’Israele: portare a Dio tutte le genti. Anche da Gesù, uomo solo, per quanto Unico nel suo essere Figlio, anzi Figlio dell’uomo e perciò Messia, Dio stesso fatto carne, nascerà un popolo nuovo, fedele, la Chiesa, che completerà nel corso dei secoli l’opera da lui iniziata. In questa terza sezione abbiamo la piena rivelazione del volto del Padre.

Il Libro di Giona
Giona è un libretto di quattro capitoli inserito nei profeti minori. Lo stile si differenzia totalmente dalla letteratura profetica e colloca il libro entro il genere narrativo. L’autore del racconto non fa nulla per rendere più verosimile la sua storia, il suo intento è e rimane chiaramente pedagogico, l’intera opera per gli studiosi è infatti un midrash, cioè una finzione didattica.
La datazione stessa dell’opera rimane incerta. Giona, figlio di Amittai, è un profeta menzionato nel II libro dei Re (c. 14, 25) e vissuto al tempo di Geroboamo II (783-743 a. C.), ma non può essere questa l’epoca di composizione del libro. La descrizione che qui viene fatta di Ninive indica che questa città era, all’epoca dell’autore già scomparsa e avvolta nella leggenda (Ninive fu distrutta nel 612), inoltre: idee, linguaggio, riferimenti ed espressioni dipendenti dai profeti Geremia ed Ezechiele invitano a collocare l’opera nel periodo post-esilico cioè dopo il 530 a. C
Il libro di Giona rappresenta comunque uno dei vertici della rivelazione del primo testamento, quasi un portale d’ingresso alla rivelazione del Dio Padre di tutti, manifestata da Gesù.
Addentriamoci anche noi alla scoperta di questo volto seguendo la vicenda di Giona che si sviluppa in quattro tappe, una per capitolo.

Chi è Giona?
Secondo la tradizione rabbinica, che accetta l’identificazione di Giona con il profeta del tempo di Geroboamo, Giona sarebbe quel figlio della vedova di Zarepta risuscitato da Elia. Tante del resto sono le corrispondenze di questo profeta minore con la figura di Elia: come Elia lottò contro Gezabele e i profeti pagani, così Giona viene mandato a lanciare i suoi strali contro Ninive, città dell’Assiria, in cui c’era il più grande tempio eretto in omaggio alla dea Istar. Come Elia si inoltrò una giornata di cammino nel deserto e, sfinito sotto un ginepro implorò la morte su di sé, così Giona si inoltra nella città di Ninive per una giornata di cammino e, dopo la conversione dei niniviti, sotto l’albero di ricino secco invoca la morte. Notevoli però sono anche le differenze. Elia è un uomo di Dio esemplare, la cui vita si svolge alla presenza del Signore, egli è pieno di zelo per il Signore degli eserciti, solo contro tutti. In Giona invece è la narrazione, il racconto, e non il profeta, ad essere esemplare. Il narratore anzi, guarda tutti con occhio benevolo, pieno di simpatia: marinai, Niniviti, persino il grosso pesce, tutti, tranne Giona. Questo profeta, non solo non sta alla presenza del Signore, ma lo fugge volgendogli le spalle, Giona non teme di restare solo, teme piuttosto la conversione della città di Ninive.