Per cominciare... non solo jazz
Introduzione al Jazz- Autore:
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"L'arte è una menzogna che ci fa comprendere la verità".
Pablo Picasso
Lessi per la prima volta questa citazione tanti anni fa, tra le pagine di una di quelle sbrigative raccolte iconografiche in cui si pretende di rendere tascabile ciò che è già difficile comprendere in dimensioni reali.
A quel tempo rilevai solamente la contraddizione in termini.
Il destino ha voluto che, diversi anni dopo, dovessi imbattermi nuovamente nella medesima frase, ma in un contesto differente. Mi accingevo infatti a leggere un romanzo (1) che mi avrebbe reso evidente ciò che anni prima avevo sbrigativamente liquidato: menzogna, perché è solamente la via. Verità, perché è oltre lo specifico soggettivo.
Suono jazz da circa quindici anni e ho avuto la fortuna di incontrare musicisti che hanno scritto pagine importanti della storia di questa musica. Ognuno di loro è stato capace, anche spesso inconsapevolmente, di testimoniare una realtà umana profonda che riusciva a trovare forma soprattutto in ciò che risultava più immediato e semplice: la musica.
Con il tempo ho capito che le note, e più in generale il pensiero musicale, rappresentano per il musicista di jazz la possibilità di dirsi nella propria totalità. I princìpi che inevitabilmente regolano il flusso sonoro nascondono l'universale che questi uomini portano dentro. Il poterlo comunicare diventa per loro essenziale ma non detta le regole; semmai è conseguenza della propria onestà artistica. In questo senso ho imparato a non utilizzare il mio giudizio estetico come atto definitivo per andare invece oltre l'impressione iniziale e scegliere di approfondire ciò che anche solo per un attimo trova in me una corrispondenza.
In questo sono sostenuto da una ferma convinzione: l'arte è la risposta formale alla necessità umana di far prevalere l'ordine sul caos e quindi è in relazione all'esigenza di affermare o cercare un senso in rapporto al tutto. A questo proposito non è difficile intuire, ad esempio, come un dipinto di Van Gogh, un romanzo di Dostoevskij o un saggio di Kierkegaard esprimano inequivocabilmente un continuo interrogarsi "sul significato dell'esistenza, del proprio essere-nel-mondo" (2).
Fare musica, in particolare, è esattamente quel processo che organizza materiale sonoro secondo criteri stabiliti da una tradizione esistente. Benché di fatto tali regole siano state spesso (e fortunatamente) "interpretate" o addirittura esplicitamente contraddette, questo non rappresenta una negazione totale dei codici precedenti (3). A tali condizioni l'opera d'arte diventa uno straordinario veicolo espressivo, che oltrepassa il proprio tempo e testimonia una verità che non sempre appare evidente. L'esperienza comune infatti evidenzia la difficoltà oggettiva di porsi di fronte ad un'opera e coglierne il senso, al di là di facili interpretazioni e giudizi spesso sbrigativi.
Alle radici del jazz
Il 1619 è la data della prima deportazione di neri in America.
Questo può costituire un utile punto di partenza per inquadrare la vicenda della musica afroamericana, cioè di quella forma di espressione musicale che comunemente chiamiamo jazz (4). Come è noto il jazz nasce come conseguenza dell' incontro/scontro tra la cultura africana (portata dagli schiavi) e quella europea (appartenente ai coloni). Nella cultura africana era forte l'elemento religioso, inteso come quell'orizzonte che abbraccia l'agire dell'uomo in ogni suo aspetto. A questo aggiungo che la via più istintiva di espressione e comunicazione dell'africano è originariamente (e ancora oggi) la musica, intesa come qualcosa di strettamente ritmico e melodico. La cultura musicale europea in America aveva invece a che fare essenzialmente con la musica colta. Essa ha introdotto un elemento decisivo per il successivo sviluppo del jazz: l'armonia (5). Il nero cominciò ad assimilarla a tal punto che naturalmente egli scelse quelle armonie più immediate e semplici che potevano essere utilizzate in relazione alle melodie che aveva portato con sé dall' Africa.
Queste sono le coordinate essenziali entro cui il jazz si è sviluppato e tutt'oggi ne costituiscono il fondamento.
Il jazz nasce in America all'inizio del secolo scorso (6) (ma ha radici già nella metà del secolo XVII) ad opera di un popolo, quello afroamericano, che in particolari condizioni culturali, storiche e sociali trova il modo per dare forma alla speranza di poter tornare un giorno nella propria Africa e, successivamente, alla coscienza che in quella terra non tornerà mai più (7).
Questo primo passo è fondamentale per comprendere come il jazz mantenga in sé un elemento dal quale non sarà più possibile prescindere non solo nell'eventuale analisi dei differenti periodi che l'hanno caratterizzato, ma anche nell'atto del semplice ascolto.
Il jazz nasce cioè come musica libera in un mondo che libero non è, e questa condizione diventa essenziale per lo schiavo per potersi identificare e definire, riconoscersi e guardare oltre ciò che effettivamente provoca un annullamento della propria umanità. L'impossibilità di mantenere e sviluppare la propria identità culturale infatti era una condizione necessaria per l'uomo bianco affinché lo schiavo fosse un puntino senza coscienza in un universo sconosciuto.
Nel tempo il jazz ha mantenuto questa peculiare caratteristica di libertà paradossale e in ciò risiede la sua forza, anche attraverso lo svolgersi dei mutamenti culturali e sociali con i quali è sempre stato in stretto rapporto. Libertà quindi, che diventa non solo la condizione verso la quale l'afroamericano naturalmente tende (nella forma della lotta per le conquiste sociali, ad esempio), ma anche dentro la quale la musica jazz principalmente si sviluppa, attraverso la forma dell'improvvisazione.
Note
1 CHAIM POTOK, "Il mio nome è Asher Lev", Ed. Mondadori.
2 Dalla presentazione di GIULIO CARLO ARGAN per "I Classici dell'Arte", Van Gogh. Inserto Corriere della Sera.
3 "La Sagra della Primavera" (1913) di Igor Stravinskij fu rappresentata per la prima volta a Parigi al Théatre des Champs-Elysées il 29 maggio 1913. Fu uno scandalo. L'audacia armonica e l'utilizzo del fagotto in una tessitura timbrica molto acuta, normalmente propria dell'oboe, bastò a provocare una vera e propria rivolta da parte del pubblico. L'avanguardia e parte della critica però accolsero la Sagra come qualcosa di assolutamente straordinario e fondamentale per la storia della musica, e così si è poi rivelata nel tempo.
Altro esempio di impressionante rivoluzione, ma in campo jazzistico, è "Free Jazz. A collective improvisation by the Ornette Coleman double quartet" di Ornette Coleman per la Atlantic (1960). Per la prima volta nella storia del jazz viene incisa una lunga e libera improvvisazione, eseguita da due quartetti contemporaneamente e senza una forma predefinita. E' una pietra miliare del free jazz.
4 L'origine della parola jazz è incerta. Una derivazione potrebbe essere gism/jasm, americanismo sinonimo di forza, esaltazione.
5 L'armonia è quell'elemento musicale per cui un insieme di note suonate contemporaneamente crea quel "tappeto sonoro" chiamato accordo.
6 In realtà l'indicazione temporale qui si riferisce al comparire delle prime forme espressive vocali, canti allo stato embrionale. Sono gli shouts (grida), i calls (richiami) i work songs e gli spirituals. Si comincia a parlare di jazz soltanto dal primo ventennio del '900.
7 "Ma quando l'esperienza americana divenne per l'africano tanto importante da dover essere trasmessa ai giovani, , in qualche interpretazione formale, allora la si tramandò in una sorta di linguaggio afroamericano. E finalmente, quando un uomo sollevò il capo da un qualsiasi anonimo campo [di lavoro] e gridò: "Oh, Ahm tired a dis mess, I oh, yes, ahm so tired a dis mess" (Oh sono stanco di questo schifo, Oh, sì sono tanto stanco di questo schifo), potete essere certi che fosse americano." AMIRI BARAKA, Il popolo del blues, Shake Edizioni Underground.