G. Verdi 6 - La caratterizzazione dei personaggi: Rigoletto, Azucena, Violetta

Autore:
Merciai, Maurizio
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Quella di cui ho detto, eminentemente tecnica, non è la sola rivoluzione operata da Verdi; ce n'è un'altra, drammaturgicamente più importante: la caratterizzazione umana ed etica del personaggio, come mai, dopo Mozart e Rossini, nessuno aveva operato, e che aprirà la strada a colui che quella lezione fu in grado di comprendere, assimilare e continuare, Giacomo Puccini.

Ho citato Mozart e Rossini, perché, idealmente, è a quei grandi che Verdi si collega direttamente; quei due mostri sacri avevano saputo scandagliare l'animo dei propri personaggi, ma solo nel campo dell'opera buffa, ritenuto di "livello drammatico inferiore"; dove non compaiono re e cavalieri, regine e personaggi nobili, ma si cantano gli affetti della gente comune e, soprattutto, se ne ride per far ridere; erano, comunque, sempre rimasti nella posizione di chi guarda dall'esterno ai casi delle proprie creature artistiche, magari indulge a quelle, ma non vi si immedesima mai, ritenendole non degne della partecipazione coinvolgente dell'autore.
Verdi, invece, fino dalle prime opere, non guarda ai propri personaggi come a figure esterne; vive i drammi dei suoi personaggi, partecipa alle loro passioni, quali che siano; non solo, le percepisce come il vero motore del dramma e le inquadra in un sistema morale, per il quale anche, e soprattutto, i diseredati, i disumani, i reietti ai più infimi gradini della scala umana, sia per natura o per caratteristiche, sia perché fino lì spinti dalle convenzioni sociali, o da eventi più grandi di loro, o da passioni laceranti, si riscattano e attingono di nuovo alla loro naturale dimensione umana; e ciò avviene mediante una catarsi che passa attraverso la presa di coscienza dello stato in cui sono caduti, e si sublima nel sacrificio, nella rinuncia, nel dolore e nel pianto.

La "galleria" di quei personaggi inizia, addirittura, con il re babilonese Nabucodonosor; mi limito a ricordare i tre più noti e familiari.

Rigoletto passa, dalla condizione di belva inumana totalmente asservita alle voglie libertine del suo padrone, alla recuperata dignità di uomo e di padre, attraverso il dolore della perdita dell'unico bene, la figlia, che rimane vittima della stessa vendetta ordita proprio da lui per punire il Duca che l'ha disonorata ("Dio tremendo. .. ella stessa fu colta / dallo stral di mia giusta vendetta! . . .)

Azucena (Il Trovatore) sfida tutte le credenze del mondo in cui vive: figlia di una "strega" arsa sul rogo, spinta da una sete inesauribile di vendetta per la morte della madre e per quella del proprio figlio, da lei stessa bruciato in un fatale e allucinante scambio di persona con il figlio del carnefice materno, vive in una follia latente, combattuta tra l'amor filiale e l'amor materno, fino al riscatto umano dell'ultimo pianto nella prigione (“Ai nostri monti ... ritorneremo / l'antica pace... ivi godremo... “).
Violetta (La Traviata) "paga e sconta" la sua posizione di mantenuta, di relegata ai confini della società, dalla stessa società che la vuole così, passando attraverso il più dolce sentimento d'amore, che la riscatta da tanta abbiezione, ma che la pone su un piano e in una luce inaccettabili secondo gli schemi collaudati delle convenzioni "civili" ("Così alla misera - ch'è un dì caduta / di più risorgere - speranza è muta!...”).