G. Verdi 5 - Il quartetto del "Rigoletto": pagina straordinaria
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Fin dalle prime opere, non si peritò ad inventare forme diverse da quelle canoniche: due esempi tra i più conosciuti: i "monologhi" di Macbeth (1847) del 1°atto dell'omonima riduzione da Shakespeare, “Mi si affaccia un pugnal?! L'elsa a me volta... "e di Rigoletto del 1° atto dell'opera omonima, “Pari siamo!... io ho la lingua, egli ha il pugnale... "; Verdi non volle un'aria, o un'altra forma "comunemente cantabile", preferì i versi sciolti del "parlato", per scandagliare meglio, e con una resa caratteriale e drammatica più profonda, l'animo dei protagonisti; nel primo, Macbeth attende il suono della campana che gli "ordinerà" di uccidere il re Duncano, come ha deciso su istigazione della moglie; nel secondo, Rigoletto ha appena ricevuto l'offerta dei servigi del "killer' Sparafucile.
Ecco questo secondo brano:
Rigoletto: Pari siamo! ... io la lingua, egli ha il pugnale;
l'uomo son io che ride, ei quel che spegne!...
Quel vecchio maledivami! ...
O uomini!... o natura!...
vil scellerato mi faceste voi...!
Oh rabbia!... esser difforme!... esser buffone!...
non dover, non poter altro che ridere!...
il retaggio d'ogni uom m'è tolto...il pianto!...
Questo padrone mio,
giovin, giocondo, sì possente, bello,
sonnecchiando mi dice: fa’ ch'io rida, buffone...
forzarmi deggio e farlo!...oh dannazione!...
Odio a voi, cortigiani schernidori!...
quanto in mordervi ho gioia! ...
se iniquo son, per cagion vostra è solo...
Ma in altr'uom qui mi cangio!...
Quel vecchio maledivami!...tal pensiero
perché conturba ognor la mente mia?..
mi coglierà sventura?... Ah no, è follia.
E' la totale indipendenza nei confronti di qualsiasi pregiudizio, anzi, anche una punta di spregiudicatezza:
«. .. A Venezia faccio la Dame aux Camélias che avrà per titolo, forse, Traviata. Un soggetto dell'epoca. Un altro forse non l'avrebbe fatto per i costumi, pei tempi e per altri mille goffi scrupoli... Io lo faccio con tutto il piacere. Tutti gridavano quando io proposi un gobbo da mettere in scena. Ebbene: io ero felice di scrivere il Rigoletto. . . "
Venendo alla "forma chiusa" per eccellenza: il complesso recitativo, aria, cabaletta, sul quale si è basata, per due secoli, tutta l'impalcatura del dramma musicale, è opportuno dire due parole sulla sua struttura: esso è costituito da tre "momenti" differenti e successivi, con funzioni narrative e drammaturgiche ben precise; inoltre, generalmente, tra l'aria e la cabaletta si inserisce un altro momento di "svolgimento dell'azione", chiamato "tempo di mezzo".
Nel recitativo, il cui ritmo è, ovviamente, quello del "parlato" e la cui forma è libera nel metro e nella lunghezza dei versi, il personaggio narra o si riferisce ad un fatto avvenuto o che sta per avvenire; nell'aria, la cui forma è più "poetica", sia come versificazione che come ritmo, il personaggio "indugia" sul o sui sentimenti che ne investono l'animo; nella cabaletta, che ha un ritmo più serrato dell'aria, con forma strofica rigidamente rimata, il personaggio esprime i propri sentimenti di gioia, di disperazione, di esaltazione, di costernazione, determinati, in genere, da quanto è accaduto nello spazio temporale e musicale che è seguito all' aria ed ha preceduto la cabaletta.
L'insieme, quindi, di recitativo, aria, cabaletta ha una valenza che mi piace definire architettonica: penso a due archi che poggiano su tre colonne; l'elemento centrale, l'aria, sta in relazione biunivoca con gli altri due e, come "dipende" dal recitativo che lo precede, così "genera" la cabaletta che lo segue.
Molti dei più bei momenti del teatro musicale sono legati a quel complesso; Verdi non lo rinnegò mai, ma lo trasformò e lo piegò alle proprie esigenze, tanto da rivoluzionare quanto lo aveva preceduto; soprattutto, e fin dalle prime opere, trasformò l'aria in scena, vale a dire procurò che l'azione drammatica continuasse anche durante quello, che era sempre stato un momento di stasi.
Mi limiterò a due esempi molto noti; il finale 2° del Rigoletto, cioè la scena che si conclude con la famosissima invettiva del protagonista “Sì, vendetta, tremenda vendetta…": la serratura e la fluidità del discorso musicale sono tali che risulta arduo rendersi conto che il dialogo tra Gilda e Rigoletto, concluso con l'unisono dei cortigiani che si allontanano, è il recitativo dell'aria di Gilda “Tutte le feste al tempio..."; che la successiva risposta di Rigoletto e i seguenti brevi dialoghi tra padre e figlia e tra l'usciere e il Conte di Monterone, sono il "numero intermedio"; che, infine, il "duetto" formato dall'invettiva di Rigoletto e dalla conseguente implorazione di Gilda "O mio padre qual gioia feroce... " costituisce la cabaletta.
Nel finale 1° della Traviata, la "grande scena" di Violetta, Verdi mantiene la rigidità dell'impostazione, adoperando in modo tradizionale il recitativo e l'aria, ma la cabaletta diviene il pretesto per un suo tipico coup de théatre: l'inserimento del canto del tenore fuori scena; siamo di fronte ad un sottilissimo scandaglio psicologico: la voce fuori scena è il subconscio di Violetta, che le riporta le parole d'amore di Alfredo, nel momento in cui ella cerca, inutilmente, di scacciarle.
Infine, esaminiamo quella che è ritenuta unanimemente una delle più straordinarie pagine di tutta la storia della musica, il cosiddetto "quartetto" del terzo atto del Rigoletto.
Vedi http://www.youtube.com/watch?v=3zj31ifPREU
Il brano è un vero quartetto, in due tempi: un Allegro in mi maggiore (tempo d'attacco), e un Andante in re bemolle maggiore (cantabile, o quartetto vero e proprio), entrambi in forma bipartita; ma la struttura che scaturisce dall'uso che ne fa Verdi, non è quella dei consueti quartetti d'opera: siamo di fronte ad una "delle scene emblematiche del teatro musicale d'ogni tempo e paese, in cui più altamente rifulge la funzionalità drammatica della musica” (9)
I quattro personaggi cantano su quattro linee melodiche diverse, rispondenti ai diversi stati d'animo, e si fondono insieme, non solo quelle dei due personaggi frivoli, il Duca con la sua foga amorosa e Maddalena con le sue risate sprezzanti, e quelle dei due personaggi angosciati, Gilda con il suo pianto e Rigoletto con il suo furore represso, bensì mescolandosi, alternandosi, rincorrendosi, realizzando un brano tanto straordinario, che è rimasto unico; riporto una considerazione di Piero Weiss in proposito:
"In questo frangente [..] il comico non si alterna più al tragico ma piuttosto vi trascorre sopra, in superficie. La novità del quartetto, infatti, non sta tanto nell'espressione dei quattro sentimenti diversi dei personaggi [..] quanto nel fatto che due di loro sono in preda alla disperazione mentre gli altri stan facendo baldoria. Le maschere della tragedia e della commedia, invece di fronteggiarsi a vicenda, fronteggiano insieme il pubblico" (10)
NOTE
9. M. Conati, Rigoletto - Un'analisi drammatico-musicale, p. 282
10. P. Weiss, Verdi and the Fusion of Genres. in "Journal of the American Musicological Society"; trad. it. in La drammaturgia musicale, a cura di L. Bianconi, Bologna, Il Mulino, pp. 75-92.