Il calendario del 10 Febbraio
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Eventi
▪ 1258 - I mongoli invadono Baghdad bruciandola e uccidendo 10 mila persone
▪ 1635 - Francia - L'Académie Française (Parigi) si ingrandisce per diventare l'accademia nazionale per l'élite artistica
▪ 1763 - Guerra franco-indiana. Il trattato di Parigi del 1763 concluderà la guerra e la Francia cederà il Canada alla Gran Bretagna
▪ 1840 - La regina Vittoria del Regno Unito sposa il principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha
▪ 1846 - Molti mormoni iniziano la loro migrazione verso ovest da Nauvoo (Illinois)
▪ 1863 - Alanson Crane brevetta l'estintore
▪ 1880 - Papa Leone XIII pubblica l'enciclica Arcanum divinae, sulla dottrina della santità del matrimonio, sulla condanna del Naturalismo e del divorzio
▪ 1910 - A Berlino si conclude in parità il match per il Campionato del mondo di scacchi tra Emanuel Lasker (campione) e Carl Schlechter (sfidante). In base alle regole il campione conserva il titolo.
▪ 1920 - Jozef Haller de Hallenburg esegue il fidanzamento simbolico della Polonia con il mare, celebrando la restituzione alla Polonia dell'accesso al mare
▪ 1931 - Nuova Delhi diventa capitale dell'India
▪ 1933
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- Al tredicesimo round di un incontro di pugilato a New York, Primo Carnera mette K.O. Ernie Schaaf, uccidendolo
- - La Postal Telegraph Company di New York introduce il primo telegramma canoro
▪ 1947 - L'Italia cede buona parte della Venezia Giulia alla Jugoslavia e Tenda e Briga alla Francia
▪ 1954 - Il presidente statunitense Dwight Eisenhower sconsiglia l'intervento degli Stati Uniti in Vietnam
▪ 1962 - Gary Powers, pilota di un aereo spia statunitense catturato dai sovietici, viene scambiato con la spia sovietica Rudolf Abel
▪ 1967 - Viene ratificato il XXV emendamento della Costituzione degli Stati Uniti
▪ 1990 - Il presidente sudafricano F.W. de Klerk annuncia che Nelson Mandela verrà rilasciato il giorno dopo
▪ 1992 - A Indianapolis (Indiana) il pugile Mike Tyson viene condannato per lo stupro di Desiree Washington, partecipante al concorso Miss Black America
▪ 1996 - Deep Blue sconfigge per la prima volta il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov
▪ 1998 - gli elettori del Maine abrogano una legge sui diritti degli omosessuali approvata nel 1997, divenendo il primo stato USA ad abbandonarla
▪ 1999 - Una valanga nelle Alpi francesi nei pressi di Ginevra uccide 10 persone
▪ 2005 - Si commemora per la prima volta il Giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe, istituito il 30 marzo 2004
▪ 2006 - Si inaugurano a Torino i XX Giochi olimpici invernali
* 2008 - Gli Anonymous protestano in tutto il mondo contro le sedi della Chiesa di Scientology.
Anniversari
▪ 1157 - San Guglielmo di Malavalle (Francia, ... – Castiglione della Pescaia, 10 febbraio 1157) è stato un santo italiano.
Conosciuto anche con i nomi di San Guglielmo di Aquitania, San Guglielmo il Grande, eremita e contemplativo, diede origine all'Ordine di San Guglielmo.
* 1162 - Baldovino III (1130 – 10 febbraio 1162) fu re di Gerusalemme fra il 1143 e il 1162. Era il primogenito di Melisenda e Folco di Gerusalemme, e nipote di Baldovino II di Gerusalemme.
Baldovino apparteneva alla seconda generazione dopo la Prima Crociata, e dunque discendente nato in Terrasanta dei Crociati originali. Il padre Folco morì quando lui aveva 13 anni, e il trono passò di diritto alla madre, Melisenda, in quanto figlia di Baldovino II. Melisenda aveva regnato con Folco come consorte, e per non lasciare una donna sul trono, Baldovino venne incoronato come co-regnante ed erede della madre al momento della successione. Tuttavia, Melisenda nominò come proprio consigliere Manasse di Hierges, Connestabile di Gerusalemme, e insieme i due esclusero Baldovino dal potere.
Avendo sul trono una donna e un bambino, la vita politica a Gerusalemme divenne tesa; gli stati crociati a nord cercavano di imporre la propria indipendenza, e non c'era a Gerusalemme un Re capace di condurre l'esercito e imporre la sovranità di Gerusalemme sugli stati vassalli come già Baldovino II e Folco avevano fatto. Nel mondo musulmano, Zengi controllava la Siria settentrionale dalle sue basi di Mossul e Aleppo, e voleva aggiungere Damasco ai suoi domini. Secondo Guglielmo di Tiro, Folco non aveva provveduto adeguatamente alla difesa degli stati crociati nel nord, ed era proprio qui che la minaccia di Zengi era maggiore. Nel 1144, Edessa cadde dopo un assedio, causando grande sensazione in occidente e l'invocazione di una seconda crociata.
Questa impiegò del tempo a raggiungere Gerusalemme, e nel frattempo Zengi venne assassinato (1146). Gli successe il figlio Nur al-Din (o Norandino), che era altrettanto impaziente di conquistare Damasco. Contro questa minaccia, Gerusalemme e Damasco si erano alleate in un patto di mutua difesa. Ciò non impedì però a Mu'in al-Din Unur, governatore di Damasco, di stringere un'alleanza contro Gerusalemme con Nur ad-Din nel 1147. Il cambio di fronte era motivato dalla stipula di un trattato fra Gerusalemme e un vassallo ribelle di Unur, che andava contro i termini del patto preesistente. Baldovino lasciò Gerusalemme alla testa dell'esercito, ma fu sconfitto a Bosra. I due vennero comunque a patti, e l'alleanza precedente (in funzione anti-siriana) venne ripristinata.
* 1755 - Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède et de Montesquieu, meglio noto unicamente come Montesquieu (La Brède, 18 gennaio 1689 – Parigi, 10 febbraio 1755), è stato un filosofo, giurista, storico e pensatore politico francese. È considerato il fondatore della teoria politica della separazione dei poteri.
Charles-Louis de Secondat nacque in un'illustre famiglia di giuristi, appartenente alla nobiltà di toga. Figlio di Jacques de Secondat, barone di Montesquieu (1654-1713) e di Marie- Françoise de Pesnel, baronessa di la Brède (1665-1696), venne alla luce nel castello di la Brède, nel circondario di Bordeaux.
Venne indirizzato agli studi giuridici che completò nel 1708. Nel 1714 era già consigliere del parlamento di Bordeaux. Nel 1715 il matrimonio con Jeanne de Lartigue, proveniente da una ricca famiglia neo-nobliare gli consentì di ricevere una ricca dote. Nel 1716 muore lo zio, da cui ereditò il titolo nobiliare, il patrimonio e la carica di presidente dello stesso Parlamento.
Studioso, appassionato tanto di problemi giuridici quanto di scienze naturali e di fisica, venne accolto all'Accademia delle Scienze di Bordeaux, dove presentò e discusse interessanti memorie consacrate ad argomenti scientifici e filosofici. Scrisse memorie di (anatomia, botanica, fisica, etc.), tra cui Les causes de l'écho, Les glandes rénales et La cause de la pesanteur des corps.
Con schietto atteggiamento illuminista considerò la religione come instrumentum regni e all'Accademia lesse anche una Dissertation sur la politique des Romains en matière de religion 1716, assumendo quell'atteggiamento critico nei confronti della Chiesa che lo portò a condannare ogni forma di acquiescenza dell'uomo sia a essa sia allo Stato.
La sua fama, ancora ristretta all'ambito provinciale, si accrebbe enormemente con la pubblicazione delle Lettres persanes (1721; Lettere persiane). Pubblicate in modo anonimo (ma ben presto il nome dell'autore divenne noto), le Lettere persiane, piccolo capolavoro di umorismo, offrono il pretesto all'autore, nel descrivere l'immaginario viaggio in Europa di due persiani, di fare un'acuta satira dei costumi e della società del tempo.
A causa dei debiti nel 1726 mise in vendita la sua carica pur conservando il diritto ereditario su di essa. In seguito all'elezione nell'Académie française (1728) intraprese numerosi viaggi in Europa: Austria, Ungheria, Italia (1728), Germania (1729), Olanda ed Inghilterra (1730) il cui soggiorno si dilungò per circa un anno. In questi viaggi si occupò attentamente della geografia, dell'economia della politica e dei costumi dei paesi che visitava. Nel 1735 era stato iniziato alla Massoneria in Inghilterra.
Di ritorno al castello de la Brède, nel 1734, pubblicò una riflessione storica intitolata Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence (Considerazioni sulle cause della grandezza dei romani e della loro decadenza), coronamento dei suoi viaggi, e raccolse numerosi documenti per preparare l'opera della sua vita: De l'esprit des lois (Lo spirito delle leggi).
Pubblicato in forma anonima nel 1748, grazie anche all'aiuto di Mme de Tencin, questo capolavoro ebbe un successo enorme.
Esso stabilisce i principi fondamentali delle scienze economiche e sociali e concentra tutta la sostanza del pensiero liberale.
Il libro ebbe un successo particolare in Gran Bretagna. A seguito degli attacchi che il suo scritto subì, Montesquieu pubblicò nel 1750 la Défense de l'Esprit des lois (Difesa dello spirito delle leggi). Dopo la pubblicazione del Lo spirito delle leggi Montesquieu fu circondato da un vero e proprio culto.
Egli continuò i suoi viaggi in Ungheria, in Austria ed in Italia ove soggiornò un anno e nel Regno Unito ove si fermò per un anno e mezzo. Afflitto dalla quasi totale perdita della vista, riuscì a partecipare comunque all'Enciclopedia. Morì a causa di una forte infiammazione.
Le "lettere persiane"
Romanzo epistolare scritto nel 1721, presenta i caratteri consueti a molte opere appartenenti al primo illuminismo. È una satira violenta dei costumi francesi, analizzati dal punto di vista di due viaggiatori persiani, Uzbek e Rica. I sarcasmi delle lettere non risparmiano né le istituzioni, né gli uomini del tempo.
I personaggi, essendo stranieri, vedono la Francia in modo distaccato, criticando vita e costumi di una società cattolica e assolutistica. Con la figura di Luigi XIV Montesquieu vuole colpire il regime monarchico, delineando la sua concezione politica in netto contrasto con l'assolutismo di Thomas Hobbes (1588 - 1679).
Per ciò che trattano, le lettere preannunciano lo spirito critico proprio dello "Spirito delle leggi", volto ad analizzare le caratteristiche, appunto, dello "spirito" che accomuna tutte le leggi umane. Da qui parte la forte critica al dispotismo di tipo orientale basato sulla paura (crainte, terreur), sia del despota (Uzbek) di venire disobbedito e tradito che dei sudditi (mogli, eunuchi) di essere puniti, sorretta da leggi religiose che rendono questo sistema sociale auto-perpetuantesi, seppur con l'importante eccezione del tradimento e del suicidio di Roxane. Tutta l'analisi verrà ripresa e articolata nello "Spirito delle leggi".
Lo stile di quest'opera è contraddistinto da due mode letterarie allora in voga: la descrizione di tipo documentaristico dei paesi stranieri e le impressioni di stranieri ignoranti sugli usi e costumi della società occidentale.Montesquieu fa una critica feroce alla società europea non risparmiando né chiesa e dogmi cristiani né le istituzioni politiche e i loro funzionamento; è una critica impietosa perché è come se dicesse che l’uomo ha utilizzato male la ragione. Infatti lui propone una ragione “creativa” dove l’uomo deve utilizzare la ragione per mediare la realtà con ciò che l’uomo desidera.
"Lo Spirito delle Leggi"
Montesquieu pubblica la sua opera più importante e monumentale, Lo spirito delle leggi (L'esprit des lois), frutto di quattordici anni di lavoro, anonimamente nella Ginevra di Jean-Jacques Rousseau, nel 1748. Due volumi, trentadue libri, un lavoro tra i maggiori della storia del pensiero politico. Una vera e propria enciclopedia del sapere politico e giuridico del Settecento.
L'opera venne attaccata da gesuiti e giansenisti e messa all'indice (Index Librorum Prohibitorum) nel 1751, dopo il giudizio negativo della Sorbona.
Nel libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri.
Partendo dalla considerazione che il "potere assoluto corrompe assolutamente", l'autore analizza i tre generi di poteri che vi sono in ogni Stato: il potere legislativo (fare le leggi), il potere esecutivo (farle eseguire) e il potere giudiziario (giudicarne i trasgressori). Condizione oggettiva per l'esercizio della libertà del cittadino, è che questi tre poteri restino nettamente separati.
Montesquieu cercò di dimostrare come, sotto la diversità degli eventi, la storia abbia un ordine e manifesti l'azione di leggi costanti. Ogni ente ha le proprie leggi. Le istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi, dai loro costumi, dalla loro religione e sicuramente anche dal clima. Al pari di ogni essere vivente anche gli uomini, e quindi le società, sono sottoposte a regole fondamentali che scaturiscono dall'intreccio stesso delle cose.
Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioè indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare delle situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie di società. Ma, posta una società di un determinato tipo, sono dati i principi che non può derogare, pena la sua rovina. Ma quali sono i tipi fondamentali in cui si può organizzare il governo degli uomini?
Montesquieu ritiene che i tipi di governo degli uomini siano essenzialmente tre: la repubblica, la monarchia e il dispotismo. Ciascuno di questi tre tipi ha propri princìpi e proprie regole da non confondersi tra loro.
Il principio che è alla base della repubblica è, secondo Montesquieu, la virtù, cioè l'amor di patria e dell'uguaglianza; il principio della monarchia è l'onore ossia l'ambizione personale; il principio del dispotismo, la paura che infonde nei cuori dei sudditi.
«Tali sono i principi dei tre governi; ciò non significa che in una certa repubblica si sia virtuosi, ma che si deve esserlo. Ciò non prova neppure che in una certa monarchia si tenga in conto l’onore e che in uno stato dispotico particolare domini il timore; ma solo che bisognerebbe che così fosse, senza di che il governo sarà imperfetto.»
La repubblica è la forma di governo in cui il popolo è al tempo stesso monarca e suddito; il popolo fa le leggi e elegge i magistrati, detenendo sia la sovranità legislativa sia quella esecutiva.
Al polo opposto della repubblica vi è il dispotismo, nel quale una singola persona accentra in sé tutti i poteri e di conseguenza lede la libertà dei cittadini. Montesquieu fa trasparire profonda avversione per ogni forma di dispotismo, poiché sono le leggi a doversi conformare alla vita dei popoli e non viceversa.
Montesquieu è fu grande ammiratore del sistema inglese. Infatti in Gran Bretagna regnava un sistema di separazione dei poteri che garantisce il più alto livello di libertà al mondo. A differenza di come spesso si dice, Montesquieu non aspira a traghettare in Francia il modello rappresentativo inglese. Egli si oppone all'assolutismo auspicando la riconquista di uno spazio per quei poteri intermedi di origine feudale, come i parlamenti, che detenevano il potere giudiziario in Francia e che l'avanzare dell'assolutismo aveva progressivamente svuotato. Il filosofo si pone così come difensore di istituzioni che avevano fatto il loro tempo, ma pur con uno sguardo nostalgico verso il passato egli apre la strada alla politica moderna perfezionando la teoria della separazione dei poteri già presente in Locke.
La tesi fondamentale - secondo Montesquieu - è che può dirsi libera solo quella costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere a lui affidato. Per contrastare tale abuso bisogna far sì che "il potere arresti il potere", cioè che i tre poteri fondamentali siano affidati a mani diverse, in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di esorbitare dai suoi limiti e degenerare in tirannia. La riunione di questi poteri nelle stesse mani, siano esse quelle del popolo o del despota, annullerebbe la libertà perché annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che costituisce l'unica salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la libertà effettiva. "Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica".
L'argomento della libertà è sicuramente molto importante, però questa parola, secondo il filosofo, è spesso confusa con altri concetti, come, ad esempio, quello dell'indipendenza. Nella democrazia sembra che il popolo possa fare quello che vuole, il potere del popolo è confuso così con la libertà del popolo; la libertà è infatti il diritto di fare ciò che le leggi permettono. Se un cittadino potesse fare ciò che le leggi proibiscono non ci sarebbe più libertà.
La libertà politica è quella tranquillità di spirito che la coscienza della propria sicurezza dà a ciascun cittadino; e condizione di tale libertà è un governo organizzato in modo che nessun cittadino possa temere un altro.
«Una costituzione può esser tale che nessuno sia costretto a fare le cose alle quali la legge non lo obbliga, e a non fare quello che la legge permette...»
In ogni Stato vi sono 2 poteri: il potere legislativo, il potere esecutivo.
▪ In forza al primo, il popolo, o la nobilta, hanno il diritto di fare le leggi o far abrogare quelle fatte dalla controparte.
▪ In forza al secondo,il monarca, fa esegueire rapidamente il potere legislativo e amministra la giustizia.
"Il potere corrompe, il potere assoluto corrompe assolutamente": partendo da questa considerazione Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri, analizzando in particolare il modello costituzionale inglese. Tale teoria, divenne, grazie all'opera di Montesquieu, una delle pietre miliari di tutte le costituzioni degli stati sorti dopo il 1789.
Montesquieu nei suoi scritti fa notare ai lettori i casi in cui si calpesta la libertà dei cittadini; il potere legislativo e quello esecutivo non possono mai essere accomunati sotto un’unica persona o corpo di magistratura, perché in tale caso potrebbe succedere che il monarca oppure il senato facciano leggi tiranniche e le eseguano di conseguenza tirannicamente. Neanche il potere giudiziario può essere unito agli altri due poteri: i magistrati non possono essere contemporaneamente legislatori e coloro che applicano – in qualità di magistrati – le leggi. Così, ovviamente i legislatori non possono essere contemporaneamente giudici: avrebbero un immenso potere che minaccerebbe la libertà dei cittadini.
«Tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati.»
Montesquieu sostiene la validità del sistema giudiziario francese, affidato ai parlamenti. Un'unica classe sociale, la nobiltà di Toga, detiene questo potere attraverso la venalità delle cariche che ne garantisce l'autonomia.
Montesquieu riflette inoltre sui rappresentanti del popolo. «Poiché, in uno Stato libero, qualunque individuo che si presume abbia lo spirito libero deve governarsi da sé medesimo, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo. Ma siccome ciò è impossibile nei grandi Stati, e soggetto a molti inconvenienti nei piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi rappresentanti tutto quello che non può fare da sé». Conviene quindi che gli abitanti si scelgano un rappresentante, capace di discutere gli affari, che possa dare voce al popolo nell’ambito del potere legislativo.
La nazione è quindi espressa dai suoi rappresentanti, cittadini più interessati alla cosa pubblica, che devono informare sui bisogni dello stato, sugli abusi che si riscontrano e sui possibili rimedi. Sicuramente sarebbe molto più democratico dare la parola ad ogni cittadino, ma si incapperebbe in lungaggini e tutta la forza della nazione rischierebbe di essere arrestata per il capriccio di un singolo.
Inoltre è necessario che i rappresentanti siano eletti periodicamente e che ogni cittadino nei vari distretti abbia il diritto di esprimere il suo voto per eleggere il deputato. Montesquieu però prefigura una limitazione del diritto di voto, nega tale diritto a chi non è proprietario o in una situazione assimilabile a quella di proprietario, dotato di averi, quindi si basa sua una marcata differenziazione di stratificazione sociale.
Tutto questo sembra limitativo, ma in seguito lo sviluppo del reddito reso possibile dalla società industriale, dai commerci, dall'artigianato imprenditoriale, farà aumentare il numero di cittadini rappresentanti interessati alla stabilità dello stato, permettendo gradualmente l'estensione del voto sino al suffragio universale.
Così Montesquieu spiega la divisione dei poteri e definisce le rispettive sfere di attribuzioni:
«Il potere legislativo verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo, ciascuno dei quali avrà le proprie assemblee e le proprie deliberazioni a parte, e vedute e interessi distinti. Dei tre poteri di cui abbiamo parlato, quello giudiziario è in qualche senso nullo. Non ne restano che due; e siccome hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo legislativo composta di nobili è adattissima a produrre questo effetto.»
«Il potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso ordinato meglio da parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe più libertà, perché i due poteri sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto.»
«Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza, potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi si susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo legislativo attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che succederà. Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta vistolo corrotto, non spererebbe più niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o cadrebbe nell'apatia.»
«Il potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua facoltà d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltà di statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è necessario che abbia parte nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltà d'impedire. La causa del cambiamento del governo a Roma fu che il senato, il quale aveva una parte del potere esecutivo, e i magistrati, i quali avevano l'altra, non avevano, come il popolo, la facoltà d'impedire. Ecco dunque la costituzione fondamentale del governo di cui stiamo parlando. Il corpo legislativo essendo composto di due parti, l'una terrà legata l'altra con la mutua facoltà d'impedire. Tutte e due saranno vincolate dal potere esecutivo, che lo sarà a sua volta da quello legislativo. Questi tre poteri dovrebbero rimanere in stato di riposo, o di inazione. Ma siccome , per il necessario movimento delle cose, sono costretti ad andare avanti, saranno costretti ad andare avanti di concerto.»
In questo modo Montesquieu conclude il suo libro:
«Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di cui parliamo perderà la sua libertà, perirà. Roma, Sparta e Cartagine sono pur perite. Perirà quando il potere legislativo sarà più corrotto di quello esecutivo. Non sta a me esaminare se gli Inglesi godano attualmente di questa libertà o no. Mi basta dire che essa è stabilita dalle loro leggi, e non chiedo di più. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, né dichiarare che questa libertà politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme?» (libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu)
Possiamo dire che lo studio che il giurista lascia delle istituzioni di popoli diversi e lontani nel tempo e nello spazio ha come intento fondamentale quello di identificare i fini in base ai quali gli uomini si organizzano in forme politiche e sociali originali. Esiste per l’autore un senso per ogni istituzione. Montesquieu vede lo stato come un organismo che tende alla propria autoconservazione, nel quale le leggi riescono a mediare tra le diverse tendenze individuali in vista del perseguimento di un obiettivo comune.
L'arte di creare una società e di organizzarla compiutamente è per Montesquieu l’arte più alta e necessaria, in quanto da essa dipende il benessere necessario allo sviluppo di tutte le altre arti.
Opere
▪ De l'esprit des lois (1748), tr. it. a cura di S. Cotta, Torino, Utet, 1952 (rist.: 2004).
▪ Lettres persanes (1721), tr. it. di G. Alfieri Todaro-Faranda, Milano, Rizzoli, 1984 (rist.: 2006)
▪ Considérations sur les causes de la grandeur des Romains et de leur décadence. Lausanne, (1734), tr. it. a cura di D. Monda, Milano, Rizzoli, 2004.
▪ Défense de l'Esprit des lois (1750)
▪ Essai sur les causes qui peuvent affecter les esprits et les caractères, tr. it. a cura di D. Felice, Pisa, ETS, 2004.
▪ Geographica
▪ Mes pensées(tr. it. 'Pensieri diversi', a cura di D. Felice, Napoli, Liguori, 2009)
▪ Réflexions sur la monarchie universelle en Europe (1734)
▪ Réflexions sur le caractère de quelques princes et sur queleques événements de leur vie (1731)
▪ Considérations sur les richesses de l'Espagne
▪ Spicilège
▪ Dialogue de Sylla et d'Eucrate (1726)
▪ Essai sur le goût (1753) pubblicato nel tomo VII dell'Enciclopedia (1757)
▪ 1837 - Aleksandr Sergeevič Puškin - (Mosca, 6 giugno 1799 – San Pietroburgo, 10 febbraio 1837) è stato un poeta, scrittore e drammaturgo russo. Le sue opere, tra le migliori espressioni del romanticismo russo, hanno ispirato numerosi scrittori, compositori e artisti, russi e non, ed hanno contribuito alla nascita di una nuova lingua letteraria russa.
……..Tornato a San Pietroburgo, l'autore visse il momento più prolifico della sua esistenza di scrittore, coronato nel 1831 col matrimonio con la bellissima Natalja Gončarova. Nello stesso anno Puškin incontra Gogol', e con lui instaura un forte rapporto di amicizia e reciproca stima, tanto che, quando nel 1836 avvia un suo giornale, pubblica al suo interno alcuni dei racconti più belli e famosi di Gogol. Intanto Puškin e sua moglie cominciarono a frequentare la società di corte e gli eventi mondani. Ne derivò un periodo di grandi problemi finanziari e umiliazioni per lo scrittore, soprattutto a causa della moglie e dei suoi numerosi ammiratori, tra i quali lo zar stesso.
Il duello
Nel 1837, dopo aver spedito una lettera ingiuriosa al conte van Heeckeren, Ambasciatore del Regno dei Paesi Bassi a San Pietroburgo e padre adottivo del presunto amante della moglie - il barone francese George d'Anthès, marito della sorella della moglie Natalja - Puškin fu sfidato a duello. Questo, fissato per le quattro del pomeriggio del 8 febbraio 1837, si svolse alla Čërnaja Rečka (il Ruscello Nero) a Pietroburgo, dove oggi si trova l'omonima fermata del metro, dove una statua del poeta ricorda l'evento. Puškin rimase ferito mortalmente. Il barone invece si salvò grazie a un bottone che parò il colpo. Puškin morì due giorni dopo la sfida, ad appena 38 anni per complicanze settiche della ferita all'addome.
Puskin mostrò pentimento e conseguentemente ebbe funerali religiosi. Dato che il governo temeva rivolte e dimostrazioni popolari, il funerale fu celebrato nella massima semplicità e il corpo di Puškin fu trasportato segretamente nella notte per essere sepolto nella proprietà di famiglia.
Poemi
▪ Ruslan e Ljudmila
▪ "Poemi meridionali": Il prigioniero del Caucaso (1820-1821), La fontana di Bachcisaraj (1822), I fratelli masnadieri (1821)
▪ Evgenij Onegin (1823-1831)
▪ Il cavaliere di bronzo (1833, pubblicato nel 1841)
Racconti in versi
▪ Il conte Nulin (1825)
▪ La casetta a Kolomna (1830)
▪ Gli zingari (1824)
▪ Poltava (1828)
Fiabe in versi
▪ Zar Nikita e le sue quaranta figlie (1822)
▪ Fiaba del pop e del suo bracciante (1830)
▪ Fiaba dello zar Saltan (1831)
▪ Fiaba del pescatore e del pesciolino (1833)
▪ Fiaba della zarevna morta e dei sette bogatyri (1833)
▪ Fiaba del galletto d'oro (1834)
Narrativa in prosa
▪ Il negro di Pietro il Grande (1828, incompiuto)
▪ Le novelle del compianto Ivan Petrovic Belkin (5 racconti scritti a Bòldino nell'autunno del 1830):
Lo sparo
La tormenta
Il fabbricante di bare
Il mastro di posta
La contadina padrona
▪ La donna di picche (1834)
▪ Kirdzali (1834)
▪ La figlia del capitano (1836)
Teatro
▪ Boris Godunov (1825, pubblicato nel 1831), a cui si ispira il libretto dell'opera omonima di Modest Petrovič Musorgskij
▪ Piccole tragedie (1830, microdrammi in versi)
Mozart e Salieri
Il festino durante la peste
Il cavaliere avaro
Il convitato di pietra
Saggi
▪ Storia della rivolta di Pugacëv (1834)
▪ Viaggio a Arzrum durante la rivolta del 1829 (1836)
Altre opere
▪ Epistolario
Frammenti di opere incompiute, come il dramma Rusalka o il romanzo Dubrovskij
▪ 1923 - Wilhelm Conrad Röntgen (Remscheid, 27 marzo 1845 – Monaco di Baviera, 10 febbraio 1923) è stato un fisico tedesco.
Il suo nome è legato alla scoperta, avvenuta l'8 novembre 1895, della radiazione elettromagnetica (per la precisione dei raggi X). L'annuncio di questa scoperta fu dato il 5 gennaio 1896. A Röntgen fu assegnata la laurea onoraria di dottore in medicina dall'Università di Würzburg.
Per questa scoperta, Röntgen ricevette il primo Premio Nobel per la fisica nel 1901. La motivazione fu "in riconoscimento dello straordinario servizio reso per la scoperta delle importanti radiazioni che in seguito presero il suo nome". Röntgen donò il premio in denaro alla sua università. Come Pierre Curie avrebbe fatto alcuni anni più tardi, Röntgen rifiutò di brevettare questa scoperta per motivi morali; non volle nemmeno che le nuove radiazioni prendessero il suo nome, anche se questo avvenne, indipendentemente dalla sua volontà.
▪ 1939 - Papa Pio XI, nato Ambrogio Damiano Achille Ratti (in latino Pius XI; Desio, 31 maggio 1857 – Città del Vaticano, 10 febbraio 1939), è stato il 259° vescovo di Roma e Papa della Chiesa cattolica dal 1922 alla sua morte.
Achille Ratti fu eletto papa il 6 febbraio 1922 alla quattordicesima votazione. Il conclave era stato in effetti contrastato: da un lato i conservatori puntavano sul cardinale Merry del Val, ex Cardinal Segretario di Stato di papa Pio X, mentre i cardinali più "liberali" sostenevano il Cardinale Segretario di Stato in carica, il cardinale Pietro Gasparri. (da ricordare)
▪ 1950 - Marcel Mauss (10 maggio 1872 – 10 febbraio 1950) è stato un antropologo, sociologo e storico delle religioni francese, massimo esponente della scuola di Durkheim.
Nato da una famiglia di origini ebraiche, ha studiato filosofia a Bordeaux, dove suo zio Emile Durkheim stava insegnando. Mauss però si trasferisce a Parigi per iscriversi a studi di religione comparativa e di lingua sanscrito. Come tanti altri membri e collaboratori della rivista Annéè Sociologique, fondata nel 1898 da Emile Durkheim è rimasto attratto dalle idee socialiste, in particolar modo quelle esposte da Jean Jaurès, un leader storico del socialismo francese. È stato attivamente coinvolto negli eventi del caso Dreyfus accaduti in Francia nell'ultima decade del XIX secolo, oltre a collaborare con vari quotidiani, quali l'Umanité, e le Mouvement Socialiste, in questo caso assieme, per l'ultima volta, a Georges Sorel. Gli anni della prima guerra mondiale sono stati particolarmente difficile per Mauss, poiché molti suoi colleghi ed amici sono deceduti, tra i quali lo stesso Durkheim. Il dopoguerra è stato piuttosto gravoso a livello politico, in quanto una spinta reazionaria ha parzialmente offuscato il lavoro di Durkheim e quindi Mauss, come molti altri seguaci del maestro, si è impegnato soprattutto nell'approntare istituti quali l' Institut Français de Sociologie e l' Institut d'Ethnologie (del quale fu segretario generale). Si è profuso fino all'ultimo dei suoi giorni in un campagna contro l'antisemitismo e contro le politiche razziali.
Opere
Fra le sue opere fondamentali vi è il Saggio sull'origine del sacrificio, scritto a quattro mani con Henri Hubert. Il libro non tratta strettamente dell'origine del sacrificio, ma scavalca questa tematica per andare a indagare la dinamica e le strutture di questo rito. Mauss parte dal concetto originario di sacrificio, nella sua accezione più etimologica: il sacrificio come sacrum facere, rendere sacro, come atto religioso che comporta la rinuncia di un bene a favore di un essere sovrumano.
Ma questo non basta. La questione che interessa i due studiosi è la finalità del sacrificio: se sia semplicemente una forma di do ut des, come asseriva l'antropologo inglese Edward Burnett Tylor, o piuttosto una specie di ringraziamento, come scriveva Wilhelm Schmidt a proposito del sacrificio primiziale, o ancora, secondo quanto sosteneva Durkheim, legittimazione dell'esistenza del divino in quanto costruzione e icona del sociale.
Di fronte a un tale dibattito, molto più complesso ed esteso di quanto non si sia riportato qui sopra, Mauss e Hubert si limitano ad attribuire al sacrificio il carattere di mezzo per stabilire un contatto fra il sacro e il profano, questi due termini intesi secondo quanto emerso dagli studi del loro predecessore (Emile Durkheim appunto).
Dato il carattere di potenza ed intoccabilità del sacro, che rischia di irretire l'uomo, i due sociologi individuano la presenza necessitante di un mediatore, nella maggior parte dei casi un animale sacrificale, che faccia da ponte fra il sacro e il profano. Il contatto col sacro comporta anche un rituale d'entrata e d'uscita, ne è un semplice esempio il segno della croce all'ingresso in una chiesa.
Teoria del Dono
Molto conosciuta e importante per la storia dell'antropologia, la teoria del dono di Marcel Mauss oggi viene tuttavia considerata obsoleta da alcuni autori. La teoria, espressa nel suo celebre "Saggio sul dono", nasce dalla comparazione di varie ricerche etnografiche, tra le quali lo studio del rituale potlach di Franz Boas e del Kula di Bronislaw Malinowski. Lo scambio dei beni, anche se di valore intrinseco non fondamentale, è uno dei modi più comuni e universali per creare relazioni umane (o per creare ponti con il divino a volte, secondo alcune teorie sul significato del sacrificio). Addirittura il dono diventa, secondo Mauss, un fatto sociale totale, vale a dire un aspetto specifico di una cultura che è in relazione con tutti gli altri e pertanto, attraverso la sua analisi è possibile leggere per estensione le diverse componenti della società. L'autore suppone che il meccanismo del dono si articoli in tre momenti fondamentali basati sul principio della reciprocità:
dare
ricevere - l'oggetto deve essere accettato
ricambiare.
Il dono implica una forte dose di libertà. È vero che c’è l’obbligo di restituire, ma modi e tempi non sono rigidi e in ogni caso si tratta di un obbligo morale, non perseguibile per legge, né sanzionabile. Il valore del dono sta nell’assenza di garanzie per il donatore. Un’assenza che presuppone una grande fiducia negli altri.
Nel formulare questa interessante teoria, Mauss potrebbe essere stato influenzato dalla teoria dell' HAU che è lo spirito della cosa donata, secondo i Maori della Nuova Zelanda. Per Lévi-Strauss l'assunzione di una teoria indigena come spiegazione del fenomeno è sia un progresso che un limite, in quanto lo HAU non è la ragione ultima degli scambi, che secondo lui nascono invece da principi inconsci.
▪ 1968 - Mario Pannunzio (Lucca, 5 marzo 1910 – Roma, 10 febbraio 1968) è stato un giornalista e politico italiano. Fu tra i fondatori del Partito liberale italiano e poi del Partito Radicale.
Il mondo letterario romano
Figlio di un avvocato abruzzese e di una nobildonna lucchese, nato a Lucca e trasferitosi a Roma, Pannunzio fin da ragazzo si interessò all'attività giornalistica e culturale, e fu uno dei frequentatori del caffè Aragno, un locale di via del Corso (al civico 180) presso il quale si raccoglievano gli intellettuali capitolini degli anni Trenta e che divenne un punto di incontro per la maggior parte degli esponenti della cultura del periodo.
Il 21 maggio 1933 fondò a Roma, insieme a Antonio Delfini, Eurialo De Michelis, Guglielmo Serafini e Elio Talarico, Oggi[1], "settimanale di lettere ed arti" (poi "rassegna mensile"), una piccola rivista culturale che dovette chiudere dopo pochi numeri per motivi di opportunità politica, avendo assunto una linea editoriale sgradita al regime. Nello stesso anno conobbe Arrigo Benedetti, anch'egli lucchese di nascita. Tra di due nacque una solida amicizia. L'anno seguente, oltre a laurearsi in giurisprudenza, fondò insieme ad Alberto Moravia la rivista La Corrente.
Negli anni successivi diversificò i suoi interessi, sperimentandosi nella sceneggiatura cinematografica e nella pittura (espose anche un ritratto della sorella Sandra alla Quadriennale di arte nazionale di Roma), tornando al giornalismo intorno al 1937, chiamato a Milano da Leo Longanesi, insieme ad Arrigo Benedetti, alla redazione di Omnibus; per questa testata tenne una rubrica di critica cinematografica fino al 1939, quando le pubblicazioni furono interrotte dalla censura.
Il giornalismo politico
Rimasto a Milano, con Benedetti cercò allora di ricostituire un riferimento editoriale per gli intellettuali dissidenti e, riprendendo il nome della sua prima testata, lo chiamò Oggi; stavolta però si trattava di un settimanale prodotto con l'allora innovativa tecnica del rotocalco. Anche questa testata non ebbe vita lunga e nel 1941 fu chiusa, sempre per motivi politici.
Durante la seconda guerra mondiale, sotto la fondante ispirazione di Benedetto Croce, fu fra i fondatori del Partito Liberale Italiano, insieme a, fra gli altri, Leone Cattani, Franco Libonati, Nicolò Carandini, Manlio Brosio, con i quali fondò Risorgimento liberale, quotidiano politico che diresse sino al 1947 con un'interruzione di pochi mesi per carcerazione alla fine del 1943.
Il Mondo e il giornalismo d'opinione
Nel 1948 passò a L'Europeo, diretto da Benedetti, e nel 1949, ancora una volta riesumando un nome editoriale del passato, fondò Il Mondo, settimanale che avrebbe diretto sino alla chiusura (1966).
Il Mondo da subito si distinse, secondo consolidata personale tradizione del suo ideatore, come una rivista idonea a fungere da centro di aggregazione e di trasmissione delle istanze intellettuali del periodo. Numero e qualità dei collaboratori e dei temi affrontati lo resero di fatto un inconsueto soggetto politico che dall'esterno si poneva come interlocutore dei gestori della vita politica, dando peraltro vita in Italia (almeno in una forma che ne consentisse influenza) al "giornalismo d'opinione".
La politica giornalistica
Non potendo rimanere compresso e ristretto nei limiti della comunicazione editoriale, l'insieme delle istanze promosse da collaboratori e sostenitori (che in breve furono definiti e cominciarono ad aggregarsi sotto la denominazione di "Amici del Mondo") dovette tradursi in forme aggregative esterne che nei "Convegni del Mondo" ebbero spazio di sviluppo e modo di coinvolgimento della politica e della cultura italiane.
Dai convegni nacque la scissione dal Partito Liberale che avrebbe condotto alla fondazione del nuovo Partito Radicale, cui nel 1955 Pannunzio prese parte insieme a, fra gli altri, Leopoldo Piccardi, Ernesto Rossi, Leo Valiani, Guido Calogero, Giovanni Ferrara, Paolo Ungari, Eugenio Scalfari, Marco Pannella; del comitato esecutivo provvisorio del partito Pannunzio fu anche, insieme a Valiani, uno dei principali esponenti.
Il Mondo avrebbe in seguito sostenuto le prime battaglie dei radicali, ad esempio quella contro i "palazzinari", la speculazione edilizia e gli intrecci fra imprenditoria e politica, in particolare tra il mondo democristiano e la Federconsorzi, corroborato dall'analogo supporto che Benedetti assicurava con il neonato settimanale L'Espresso.
Nel 1968 è stata fondata in suo onore, a Torino, l'associazione culturale Centro Pannunzio.
▪ 1983 - Vittorio Sereni (Luino, 27 luglio 1913 – Milano, 10 febbraio 1983) è stato uno scrittore e poeta italiano.
Trascorse la giovinezza nella sua città natale, per trasferirsi all'età di dodici anni - a causa del trasferimento del padre, funzionario di dogana - a Brescia. Gli anni dell'infanzia a Luino sono tuttavia quelli che hanno lasciato la traccia maggiore nella sensibilità del poeta e i luoghi del Lago Maggiore sono fra quelli da cui trarrà la sua ispirazione più alta.
* 2005 - Arthur Asher Miller (New York, 17 ottobre 1915 – 10 febbraio 2005) è stato un drammaturgo, scrittore e saggista statunitense.
Lo scrittore
Di origine ebrea è stato una figura di primo piano nella letteratura americana e nel cinema per oltre 61 anni. Le opere più note di Miller sono The Crucible (Il Crogiuolo), Erano tutti miei figli (che vinse nel 1947 il Tony Award come migliore opera), e Morte di un commesso viaggiatore, ancora studiato e rappresentato in tutto il mondo.
Il matrimonio con Marilyn
Arthur Miller deve parte della sua fama non alla professione di scrittore, ma ad un periodo della sua vita privata trascorso sotto i riflettori della stampa scandalistica: sono i 5 anni del matrimonio con Marilyn Monroe (1956-1961), la quale si convertì all'ebraismo per sposarsi con lui.
Il drammaturgo nella sua autobiografia pubblicata negli anni novanta ripercorse le tappe di questa tormentata e chiacchierata unione: dalla fragilità psicologica dell'attrice (dipendente da alcol e cocaina) che lo attrasse, ai ripetuti tentativi di avere un bambino (la Monroe non riuscì a portare a termine due gravidanze), fino al naufragio del matrimonio fra incomprensioni e litigi. Per la giovane e bella moglie, Miller scrisse la sceneggiatura di The Misfits (Gli Spostati), l'ultimo film, diretto da John Huston nel 1961, che la Monroe interpretò, prima di essere trovata morta nella sua abitazione di Los Angeles il 5 agosto del 1962, all'età di 36 anni.
▪ 2006 - Severino Citaristi (Villongo, 16 settembre 1921 – Bergamo, 10 febbraio 2006) è stato un politico italiano.
Laureatosi alla Cattolica di Milano, fece parte della Resistenza partigiana e nel 1944 si iscrisse alla Democrazia Cristiana. Di professione editore (tra l'altro fondò la casa editrice Minerva Italica), con lo Scudo Crociato fu deputato dal 1947 al 1987 e poi senatore dal 1987 al 1994; nel 1986 venne nominato segretario amministrativo della DC.
Durante Mani Pulite Citaristi ricevette 72 avvisi di garanzia, il primo il 12 maggio 1992, un record per cui divenne il simbolo dell'inchiesta Tangentopoli.
Fu condannato in Cassazione per 16 anni di carcere e oltre 8 miliardi di ammende; il 15 giugno del 1994 venne anche arrestato nell'ambito dell'inchiesta su tangenti pagate dai fratelli Caltagirone per gli appalti per la costruzione di una delle torri al Portello-Fiera, ma a causa delle sue avverse condizioni di salute fu rimesso in libertà dopo 8 giorni di arresti domiciliari.
Nel 1998, in un tragico incidente aereo, perse la figlia trentanovenne e il nipote.
Nel 1999, in un programma condotto da Bruno Vespa, raccontò la sua versione dei fatti:
"Io ho sempre ammesso il finanziamento illecito alla Dc ma la gran parte delle condanne mi ha riconosciuto la corruzione in concorso con pubblici ufficiali ignoti. Non ne hanno trovato uno, perché io non ho mai corrotto nessuno"
Negli ultimi anni della sua vita aveva aderito alla Casa delle Libertà, ed in particolare all'UDC.