18 agosto - ÉTIENNE DE LA BOÉTIE: la servitù volontaria del nuovo totalitarismo.

Autore: Restelli Silvio. Curatore: Mangiarotti don Gabriele.

Filosofo, scrittore e politico francese (Sarlat, 1° novembre 1530 – Germignan, 18 agosto 1563), vissuto in Francia nel periodo delle guerre di religione tra cattolici e ugonotti calvinisti, sostenitore di una politica di riconciliazione e contrario alla repressione violenta degli "eretici", divenne il principale consulente di Caterina de Medici per le sue scelte di politica religiosa.

Il suo testo principale "Il discorso della servitù volontaria" contiene riflessioni profonde sul rapporto suddito/monarchia alla ricerca di un superamento di ogni assolutismo politico e di ogni tirannia.

«Vorrei solo riuscire a comprendere come mai tanti uomini, tanti villaggi e città, tante nazioni a volte, sopportano un tiranno che non ha alcuna forza se non quella che gli viene data, non ha potere di nuocere se non in quanto viene tollerato. Da dove ha potuto prendere tanti occhi per spiarvi se non glieli avete prestati voi? come può avere tante mani per prendervi se non è da voi che le ha ricevute? Siate dunque decisi a non servire più e sarete liberi!»

Proprio la disobbedienza civile, ed il rifiuto di servire l'autorità ingiusta collaborando con essa, avrebbero costituito il presupposto teorico dal quale avrebbero tratto spunto i moderni movimenti nonviolenti.
Vedi qui.


Il "Discorso" si fonda su due pilastri.

Il primo, che dà il titolo all’opera, è costituito dall’idea che la tirannia non sia imposta, ma consensualmente accettata dal popolo, il quale si trova quindi in una situazione di servitù volontaria, ossia accetta volontariamente di sottomettersi al tiranno. La Boétie critica dunque la concezione classica della filosofia politica, ancora oggi molto diffusa, che considera le catene della servitù unidirezionali, e dunque il problema posto da questa semplicisticamente risolvibile attraverso la rottura delle catene stesse; ottenuta la quale, gli individui sarebbero automaticamente liberi, come se solo la volontà malefica del sovrano fosse causa della loro sorte, alla quale essi non contribuiscono in alcun modo

Il secondo pilastro su cui si regge il Discorso è dato dalla contrapposizione tra la servitù e lo stato di libertà. Quest’ultimo non solo è storicamente anteriore al primo, che sarebbe frutto di un Malencontre, ma è anche naturale.
Nel difendere questa concezione naturale della libertà, La Boétie delinea una società fondata sulla libertà e sull’uguaglianza, contrapposta alla dominazione, e realizzata attraverso una relazione sociale antitetica a questa: l’amicizia.
I disonesti non sono amici ma complici, non si amano ma si temono.
Al contrario, l’amicizia «ha il suo vero terreno di coltura nell’eguaglianza, che non vuole mai contravvenire alla regola, anzi è sempre uguale».
Al di là della concezione naturalistica della libertà, La Boétie basa il suo ideale di società su di una relazione istituita di amicizia che consenta il massimo sviluppo possibile di libertà ed uguaglianza.
In conclusione, il Discorso, benché scritto 450 anni fa, conserva ancora oggi un carattere fortemente attuale. Oltre che per i suoi aspetti teorici, la forza di quest’opera consiste nell’affermare contro ogni tirannia il diritto alla disobbedienza civile: «siate decisi a non servire più, ed eccovi liberi».
Facendo attenzione che ciò non sia per alcuni il pretesto per instaurare una nuova tirannia, diversa nella forma ma identica nella sostanza, di modo che “tutto cambi affinché nulla cambi”. A costoro è giusto che non arrida il successo in quanto «non bisogna abusare del santo nome della libertà per compiere imprese malvagie».
Questo è il messaggio che La Boétie ci manda dal suo testo, in nome della libertà, contro ogni tirannia.

Molto interessante poi l'analisi di come avviene l'instaurazione del regime tirannico.
In primo luogo accanto al naturale e innato desiderio di libertà, c'è negli uomini anche un oscuro desiderio di servire. Il popolo può diventare perciò complice del proprio asservimento.

Tiranno non è semplicemente l’Uno della monarchia assoluta, ma qualsiasi corpo politico che elimini il carattere pubblico del potere per utilizzarlo in modo da imporre agli altri la propria volontà ed i propri interessi; indipendentemente dal modo in cui questo potere è ottenuto, fosse anche attraverso il suffragio popolare.
Ma come avviene tale asservimento? Che cosa lo rende possibile?

1) Il primo mezzo che lo rende possibile è l’abitudine negativa,
Benché dunque l’indole umana sia libera, l’abitudine ha sugli individui effetti maggiori che non la loro indole, e così essi accettano la servitù se sono sempre stati educati come schiavi:
«La natura dell’uomo è proprio di essere libero e di volerlo essere, ma la sua indole è tale che naturalmente conserva l’inclinazione che gli dà l’educazione»

2) Il secondo mezzo, essendo il primo alla lunga insufficiente, consiste nell’abbruttimento del popolo. La servitù di per sé porta a un infiacchimento dell’individuo, ed i tiranni, accorgendosene, operano per incrementare tale effetto. Innanzi tutto ostacolando la diffusione della cultura, giacché i libri e l’istruzione contribuiscono più di ogni altra cosa, secondo La Boétie, a diffondere la consapevolezza di sé e l’odio per la servitù. Ma soprattutto questo risultato è ottenuto attraverso una strategia da tempo nota come panem et circences:
«i teatri, i giochi, le farse, gli spettacoli, i gladiatori, le bestie esotiche, le medaglie, i quadri ed altre simili distrazioni poco serie, erano per i popoli antichi l’esca della servitù, il prezzo della loro libertà, gli strumenti della tirannia».

Quanto al panem:
«I tiranni elargivano un quarto di grano, un mezzo litro di vino ed un sesterzio; e allora faceva pietà sentir gridare: “Viva il re!” Gli zoticoni non si accorgevano che non facevano altro che recuperare una parte del loro, e che quello che recuperavano, il tiranno non avrebbe potuto dargliela, se prima non l’avesse presa a loro stessi».

3) Un altro strumento è rappresentato dall’atomismo sociale: il potere tirannico fa di tutto per impedire qualunque forma di aggregazione e comunicazione sociale tra coloro che hanno conservato la passione per la libertà. Le uniche associazioni consentite sono quelle che non contestano la tirannia, o che la sostengono.

4) Nella misura in cui viene meno la favola dell'origine divina del potere, diviene importante l’altro meccanismo considerato da La Boétie: quello di presentarsi, da parte del tiranno come rappresentante del popolo e fautore dell’interesse generale:

«gli imperatori romani non dimenticarono neanche di assumere di solito il titolo di tribuno del popolo, sia perché quella era ritenuta sacra, sia perché era stata istituita per la difesa e la protezione del popolo, e sotto la tutela dello Stato. Così si garantivano che il popolo si fidasse di più di loro, come se dovesse sentirne il nome e non invece gli effetti. Oggi non fanno molto meglio quelli che compiono ogni genere di malefatta, anche importante, facendola precedere da qualche grazioso discorso sul bene pubblico e sull’utilità comune».

Il tiranno arriva così a rappresentare l’unità del popolo, e questo si lascia affascinare dal «nome di Uno», appunto perché simboleggia il popolo stesso riunificato sotto il fantasma della propria unità e finalmente liberato dalla propria pluralità.

5) Infine La Boétie considera lo strumento che egli stesso definisce il fondamento della tirannia. Si tratta della sua stratificazione gerarchica:
«non lo si crederà immediatamente, ma certamente è vero: sono sempre quattro o cinque che sostengono il tiranno, quattro o cinque che mantengono l’intero paese in schiavitù. È sempre successo che cinque o sei hanno avuto la fiducia del tiranno, che si siano avvicinati da sé, oppure chiamati da lui […]. Questi sei ne hanno seicento che profittano sotto di loro, e fanno con questi seicento quello che fanno col tiranno. Questi seicento ne tengono seimila sotto di loro, che hanno elevato nella gerarchia, ai quali fanno dare o il governo delle province, o la gestione del denaro pubblico […].Da ciò derivano grandi conseguenze, e chi vorrà divertirsi a sbrogliare la matassa, vedrà che, non seimila, ma centomila, milioni, si tengono legati al tiranno con quella corda […]. Insomma che ci si arrivi attraverso favori o sotto favori, guadagni e ritorni che si hanno sotto i tiranni, si trovano alla fina quasi tante persone per cui la tirannia sembra redditizia, quante quelle cui la libertà sarebbe gradita».

La Boétie è dunque ben lungi dall’attribuire il desiderio di servire ad un presunto carattere irrazionale delle folle, od alla stupidità popolare. Al contrario, il fondamento della tirannia è assolutamente razionale, essendo dato da un meccanismo che diffonde gerarchicamente il potere e, per suo tramite, la ricchezza, dando ad un certo numero di individui buone ragioni per obbedire.

Per tutto il percorso sul "nuovo totalitarismo" vedi qui.