Tilde Manzotti, “Sono tanto belle le anime in cui Tu regni, che no non ci si può sottrarre al loro fascino”

Autore:
Fra Simone Garavaglia
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Cosa può trasmettere la storia di Tilde? Ci pone all’ascolto di un Dio che parla costantemente e continua ad attrarci a sé, così da farci scoprire il suo amore. Quanto candore si scorge nelle parole che il Signore rivolge a Geremia: “Ti ho amato di un amore eterno, per questo continuo ad esserti fedele” (Ger 31,3); se solo fossimo in grado di rispondere a ciò con una risposta d’amore che convogli veramente “tutte le nostre forze” (cf. Dt 6,5 – Lc 10,26), pur con tale limite, potremmo perderci in cotanta immensità. Quanta consolazione che se ne trae, soprattutto per tutti quei giovani erranti in cerca di un’affettività che possa placare in qualche modo, talvolta disordinato, quel desiderio di indefinito; fulgide per pregnanza appaiono le parole che Tilde scrive a Saffo in una lettera del 4 marzo 1939, a pochi mesi dalla morte: “Dio è, nella Sua essenza, tutto l’infinito desiderio degli uomini, ma che è, per dirla con una parola sola, che riassume tutte le Sue perfezioni, l’Amore […] Si cerca l’amore, si crede che basterà al nostro desiderio quel poco di amore che si riesce ad ottenere e non si sa che quel poco amore volevamo, ma tutto l’Amore. […]

Vedi, siamo troppo grandi per saziarci di quello che è uguale a noi: dobbiamo, per legge divina, tendere a ciò che è perfetto ed immutabile”
. Tilde ha vissuto ogni istante della sua sofferenza, pur attraversando aridità e fasi di più profonda ricerca di quel Deus absconditus che si fa trovare da chi lo “cerca con cuore sincero” (Sal 145,18), con un grande desiderio di “ardere” per il prossimo. Non è mai stata una scelta individualista, ma continuamente sospinta da un impulso irresistibile, non parlando di una Verità astratta, ma divenendo essa stessa incarnazione di tale Verità, vivendola. Trasformandosi, in altri termini, in una totale oblazione d’amore, in Cristo, conoscendolo, poiché “Dio è amore” (1 Gv 4,8). Quello di Tilde allora è un invito costante a scoprire di essere amati di un Amore ineffabile e sovrabbondante, sempre e comunque, vivendo ogni istante con una tensione che sia orientata al di là dell’immanenza delle cose, che pur principiando da esse non manchi tuttavia di essere aperta all’esperienza del trascendente. È un cammino di umanizzazione che non può prescindere dal passare da Cristo, “rimanendo nel Suo amore” (cf. Gv. 15,9).



Se si volesse, in ultimo, evidenziare le tracce di una spiritualità domenicana nella vita di Tilde, credo che esse vadano ritrovate, paradossalmente, in primo luogo nell’impossibilità di scorgere dei “segni macroscopici.” Tuttavia, sebbene sia carente l’elemento dell’apostolicità di vita - così come ordinariamente concepita -, l’essenza domenicana di Tilde è ravvisabile in due tratti caratteristici. Il primo: l’aver vissuto il realismo dell’Amore divino quale riflesso del Mistero dell’Incarnazione. Tilde Manzotti ha sperimentato profondamente l’agire di Dio nella storia umana, coronando di gloria il peso che essa può assumere. Ciò rispondendo all’ingresso di Dio con un “eccomi” scevro di ogni limitazione sentimentale ed emozionale, anzi ricolmo del desiderio di immergersi nell’unica Verità che “svela pienamente l’uomo a sé stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione” (GS 22). Questo un primo profilo che ancorandosi all’Incarnazione si riallaccia al fondamento del domenicanesimo, soprattutto volgendo lo sguardo alle sue origini.

Il secondo elemento: l’essere un sacrificio vivente per il bene e la salvezza delle anime. Tilde non ha compiuto peregrinazioni missionarie o predicazioni eloquenti con lo scopo di conquistare anime al Signore. È stata piuttosto la sua esistenza ad essere modello e sacrificio vivente ad essere “bruciata” per il bene delle anime. Come per Santa Teresa del Bambino Gesù, della quale, crediamo, si possa considerare una “sorella” italiana. È lei stessa che mossa dalla grazia divina e con grande docilità e determinazione ha desiderato sino all’ultimo istante ardere, perché dal suo voto di vittima tutti potessero trarre beneficio, a partire dal confidente Fra Antonio Lupi, e, inoltre, quante più creature possibili.


Fra Simone Garavaglia