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Approfondiamo l'insegnamento

Autore:
Jacopo Rossi
Fonte:
CulturaCattolica.it ©
Ogni documento papale presentato offre anche l'occasione di un approfondimento sviluppato

La lettera enciclica “Quod Apostolici Muneris”, pubblicata il 28 dicembre 1878, è stata la seconda enciclica scritta da Papa Leone XIII, dopo la “Inscrutabili Dei Consilio”, a dieci mesi dalla sua elezione al Soglio di Pietro avvenuta il 20 febbraio 1878.
Il nuovo Pontefice si trovò ad affrontare la difficile situazione in cui si era trovata la Chiesa nel corso della seconda metà del XIX secolo, impegnandosi con grande zelo e capacità nel compiere la propria missione pastorale. In questo senso, Leone XIII arrivò a scrivere ben ottantasei encicliche, con un focus particolare sugli aspetti sociali e politici, che posero le basi per lo sviluppo della Dottrina Sociale della Chiesa.
La Santa Sede doveva in effetti gestire numerose e gravi problematiche scaturite dalle rivoluzioni ottocentesche che avevano stravolto l’antico assetto degli Stati europei, le quali a loro volta avevano innescato dirompenti ricadute sul pensiero filosofico, sulla cultura e sull’assetto socio-istituzionale dei popoli cristiani.
In Italia, le guerre risorgimentali avevano dato vita ad un nuovo Stato unitario, il Regno d’Italia sotto la dinastia dei Savoia, la cui classe dirigente era composta da persone di sensibilità liberale, laica e anticlericale, fra cui figuravano anche non pochi affiliati alle sette segrete come la massoneria. Questi uomini, politici e generali anche di primo piano, avevano speso i decenni precedenti al 1861 combattendo il Papato e tentando di rovesciare i legittimi sovrani degli antichi stati italici, i quali non erano disposti ad accogliere le istanze riformatrici liberali che, dietro la richiesta di maggiori diritti redatti in statuti o costituzioni, in realtà nascondevano una volontà di modificare radicalmente l’assetto uscito dal Congresso di Vienna e plasmare una nuova archi8tettura politico-istituzionale europea.
Il Regno d’Italia fin dalle sue origini venne dunque modellato sulla base di ideologie anticattoliche. La presa di Roma del 20 settembre 1870 non fece che aggravare la situazione dal momento che Papa Pio IX, privato del potere temporale, si dichiarò prigioniero ritirandosi nei palazzi vaticani e pronunciando il “Non expedit” per i cattolici italiani.
Anche nel resto d’Europa il momento non appariva favorevole per la Chiesa: in Francia, dopo la caduta di Napoleone III e l’invasione prussiana, venne costituita la Terza Repubblica, anch’essa connotata ideologicamente da un accentuato anticlericalismo e laicismo istituzionale, mentre si stavano formando i primi partiti di massa di matrice marxista-socialista, come il partito socialista tedesco fondato nel 1875.
Dal punto di vista economico-sociale, invece, la Rivoluzione industriale aveva mutato la conformazione di intere città e regioni, le quali da una millenaria anima contadina e artigianale si stavano irreversibilmente volgendo verso una rapida industrializzazione, andando a cambiare inesorabilmente la concezione del lavoro e la vita quotidiana delle popolazioni cattoliche, aprendo ulteriori questioni e fratture socio-culturali.
Nell’enciclica “Quod Apostolici Muneris”, Papa Leone XIII volle approfondire tutte queste impellenti questioni, ponendo l’attenzione sui nuovi movimenti culturali e politici che stavano nascendo in quel periodo e cercando di mettere in guardia il popolo cattolico di fronte al diffondersi di idee giudicate come pericolose e sovversive.

“Già dall’inizio del Nostro Pontificato, secondo quanto richiedeva la natura dell’Apostolico ministero, con Lettera enciclica a Voi indirizzata, Venerabili Fratelli, segnalammo la micidiale pestilenza che serpeggia per le intime viscere della società e la riduce all’estremo pericolo di rovina; indicammo contemporaneamente i rimedi più efficaci per richiamarla a salute e per salvarla dai gravissimi pericoli che la sovrastano. Ma nel giro di poco tempo crebbero talmente i mali che allora deplorammo, da sentirci ora costretti a rivolgervi di nuovo la parola, come se alle Nostre orecchie risuonasse la voce del Profeta: “Grida, non darti posa; alza la tua voce come una tromba” (Is 58,1).”

Il clero cattolico e i fedeli dovevano, infatti, essere messi in guardia di fronte a certe politiche messe in atto dalle nuove classi dirigenti liberali e borghesi degli Stati occidentali, le quali avevano definitivamente soppiantato quello che rimaneva dell’aristocrazia di antico regime e non nascondevano forti sentimenti anticattolici, nonché dalla forza attrattiva dei primi partiti socialisti di massa, le cui battaglie e ideologie rischiavano di distogliere le persone dalle vere questioni fondamentali proprie dell’esistenza umana: fare esperienza di Cristo della Fede, mantenersi in comunione con Gesù e la sua Chiesa, ambire alla Salvezza eterna, impegnarsi nella lotta quotidiana contro il peccato.
Papa Leone XIII cercò di analizzare queste forze eversive composte da “socialisti, comunisti e nichilisti” che, secondo la visione organica del Romano Pontefice, anche se avevano diverse denominazioni facevano parte di un’unica grande setta e avevano una comune matrice anarchica e cospirativa.
“Noi parliamo della setta di coloro che con nomi diversi e quasi barbari si chiamano Socialisti, Comunisti e Nichilisti, e che sparsi per tutto il mondo, e tra sé legati con vincoli d’iniqua cospirazione, ormai non ricercano più l’impunità dalle tenebre di occulte conventicole, ma apertamente e con sicurezza usciti alla luce del giorno si sforzano di realizzare il disegno, già da lungo tempo concepito, di scuotere le fondamenta dello stesso consorzio civile. Costoro sono quelli che, secondo le Scritture divine, “contaminano la carne, disprezzano l’autorità, bestemmiano la maestà” (Gd 8), e nulla rispettano e lasciano integro di quanto venne dalle leggi umane e divine sapientemente stabilito per l’incolumità e il decoro della vita.”

Il Romano Pontefice individuò in questi gruppi due fattori ricorrenti: l’anarchismo e l’egalitarismo.
L’anarchismo era inteso come il rifiuto dell’autorità legittima, divinamente istituita, e la disobbedienza verso i poteri superiori, ossia il rigetto dell’ordine del Creato che era di natura gerarchica e prevedeva per ognuno una determinata collocazione in base a cui chi era subordinato doveva rispettare e obbedire a chi gli era superiore.
“Ai poteri superiori (ai quali, secondo l’ammonimento dell’Apostolo, conviene che ogni anima si tenga soggetta, e che da Dio ricevono il diritto di comandare) ricusano l’obbedienza e predicano la perfetta uguaglianza di tutti nei diritti e negli uffici.”

Di conseguenza, tale ribellione andava inevitabilmente a mettere in discussione anche la famiglia, il primo tassello della società non a caso definita “società domestica”: delegittimando l’ordine e le responsabilità del marito e della moglie e andando a colpire il legame unitivo naturale tra l’uomo e la donna, si rischiava di lasciare in balia della libidine e del sentimentalismo istintivo il vincolo coniugale, su cui si è da sempre retta la famiglia stessa.
“Disonorano l’unione naturale dell’uomo e della donna, rispettata come sacra perfino dai barbari, e indeboliscono e anche lasciano in balìa della libidine il vincolo coniugale per il quale principalmente si mantiene unita la società domestica.”

Fu proprio a causa di questo spirito anarchico che, secondo Leone XIII, si iniziò ad introdurre nelle nazioni occidentali il matrimonio civile, un tipo di connubio basato sulla legge statale e non più sul sacramento cattolico, e la conseguente pratica del divorzio, poiché se il vincolo non è più fatto davanti a Dio esso si può sempre recidere a seconda della mutata volontà degli sposi.
L’altro elemento che, secondo il Papa, era ricorrente in queste sette era l’egualitarismo, il quale derivava dalla filosofia illuminista e dalla Rivoluzione Francese, secondo cui tutti erano uguali senza possedere distinzioni di ruolo, dignità o gerarchia.
A partire da questa teorizzazione, inoltre, il diritto di proprietà veniva conseguentemente messo in discussione, dal momento che nessuno avrebbe più potuto rivendicare titoli o possessi in misura diversa o maggiore rispetto agli altri esseri umani.
“Presi infine dalla cupidigia dei beni terreni, che “è radice di tutti i mali, e per amore della quale molti hanno traviato dalla fede” (1Tm 6,19), impugnano il diritto di proprietà stabilito per legge di natura, e con enorme scelleratezza, dandosi l’aria di provvedere e di soddisfare ai bisogni e ai desideri di tutti, si adoperano per rubare e mettere in comune quanto fu acquisito o a titolo di legittima eredità, o con l’opera del senno e della mano, o con la frugalità della vita.”

Dopo aver messo a fuoco questi avversari, Papa Leone XIII si rivolgeva allora ai Vescovi e agli altri membri del clero spiegando come le azioni dei nemici avessero influenzato i popoli occidentali che, nonostante fossero ancora fortemente cristiani cattolici, avevano incominciato ad assorbire le loro matrici culturali propagandate attraverso scritti filosofici, giornali, riviste, circoli culturali, riunioni e raduni politici. L’effetto di questo meticoloso lavorio fu che si innescarono sedizioni popolari, si creò confusione nelle menti e scandalo nelle coscienze.
“Rendono pubbliche queste mostruose opinioni nei loro circoli; le consigliano nei libercoli; le diffondono nel popolo con un mucchio di gazzette. Pertanto si è accumulato tanto odio della plebe sediziosa contro la veneranda maestà e l’impero dei Re, al punto che scellerati traditori, sdegnosi di ogni freno, più volte a breve intervallo di tempo, con empio ardimento rivolsero le armi contro gli stessi Sovrani.
Queste audaci macchinazioni degli empi, che ogni giorno minacciano all’umano consorzio più gravi rovine e tengono in ansiosa trepidazione l’animo di tutti, traggono principio e origine da quelle velenose dottrine che, sparse nei tempi passati quali semi malsani in mezzo ai popoli, diedero a suo tempo frutti così amari.”

Le “velenose dottrine” a cui si riferiva Leone XIII erano il protestantesimo, il quale veniva considerato come la causa originaria di ogni altra deviazione dottrinale, l’illuminismo, il positivismo, il laicismo politico, che permeava i nuovi Stati nazionali nati dopo la Rivoluzione del 1789, ed infine l’immanentismo, pensiero in base al quale non esiste un trascendente oltre alla vita terrena e fa valere il principio del “qui ed ora”.
“Infatti Voi ben conoscete, Venerabili Fratelli, che la guerra implacabile mossa fin dal secolo decimosesto dai Novatori contro la fede cattolica, e che venne sempre crescendo fino ai giorni nostri, ha per scopo d’aprire la porta a quelle idee e, per dir più propriamente, ai deliri della ragione abbandonata a se stessa, eliminata ogni rivelazione e rovesciato ogni ordine soprannaturale. Tale errore, che a torto prende nome dalla ragione, siccome solletica e rende più viva l’innata bramosia d’innalzarsi, ed allenta il freno ad ogni sorta di cupidigie, senza difficoltà s’introdusse non solo nella mente di moltissimi, ma giunse anche a penetrare ampiamente nella società civile. Quindi con empietà nuova, sconosciuta perfino agli stessi pagani, si costituirono Stati senza alcun riguardo a Dio ed all’ordine da Lui prestabilito; si andò dicendo che l’autorità pubblica non riceve da Dio né il principio, né la maestà, né la forza di comandare, ma piuttosto dalla massa popolare la quale, ritenendosi sciolta da ogni legge divina, tollera appena di restare soggetta alle leggi che essa stessa a piacere ha sancite.
Combattute e rigettate come nemiche della ragione le verità soprannaturali della fede, si costringe lo stesso Autore e Redentore del genere umano ad uscire insensibilmente e a poco a poco dalle Università, dai Licei e dai Ginnasi e da ogni pubblica consuetudine della vita. Infine, messi in dimenticanza i premi e le pene della eterna vita avvenire, l’ardente desiderio della felicità è stato rinserrato entro gli angusti confini del presente. Con queste dottrine disseminate in lungo e in largo, e con tale e tanta licenza d’opinare e di fare accordata dovunque, non deve recare meraviglia che gli uomini della plebe, stanchi della casa misera e dell’officina, anelino a lanciarsi sui palazzi e sulle fortune dei più ricchi; non deve recare meraviglia che, scossa, vacilli ormai ogni pubblica e privata tranquillità, e che l’umanità sia giunta quasi alla sua estrema rovina.”

Rispetto a queste gravi minacce che incombevano sulle società cristiane, Papa Leone XIII nella sua enciclica cercò di ribadire il ruolo centrale della Santa Sede, evidenziando l’importanza della dottrina sociale cattolica e inserendosi nella scia dei Pontefici precedenti che, a partire dal XVIII secolo, avevano preso le difese del gregge di Cristo, sfidando la marea montante dei nemici e degli accusatori della Chiesa Cattolica.
“Ma i supremi Pastori della Chiesa, ai quali incombe il dovere di difendere dalle insidie nemiche il gregge del Signore, si adoperarono per scongiurare tempestivamente il pericolo e per provvedere all’eterna salute dei fedeli. Infatti, non appena si cominciarono a formare le società segrete, in mezzo alle quali fin d’allora covavano i germi degli errori che abbiamo rammentato, i Romani Pontefici Clemente XII e Benedetto XIV non omisero di scoprire gli empi disegni delle sette e d’avvertire i fedeli di tutto l’universo della rovina che nell’oscurità si preparava. E quando poi coloro che si vantavano del nome di filosofi vollero concedere all’uomo una libertà sfrenata, e si prese ad inventare un nuovo diritto e a stabilirlo contro ogni legge naturale e divina, il Papa Pio VI di felice memoria mostrò immediatamente con pubblici documenti la malvagia indole e la fallacia di quei principi, e contemporaneamente con Apostolica antiveggenza vaticinò le rovine alle quali sarebbe stato tratto il popolo miseramente ingannato. Però, non essendosi in alcun modo provveduto a che quelle prave teorie non venissero instillate ogni giorno più nelle menti dei popoli e non entrassero nei pubblici decreti di governo, Pio VII e Leone XII colpirono d’anatema le sette segrete, e di nuovo ammonirono la società dei pericoli che per opera loro incombevano. Infine è noto a tutti con quali gravissime parole e con quanta fermezza d’animo e costanza il Nostro glorioso Predecessore, il Papa Pio IX di felice memoria, sia con le Allocuzioni, sia con Lettere encicliche mandate ai Vescovi di tutto il mondo, abbia combattuto contro gl’iniqui sforzi delle sette e specificatamente contro la peste del Socialismo, che da quelle sin da allora germogliava.”

Per quanto riguarda il rapporto tra la Chiesa Cattolica e gli Stati moderni, il laicismo politico doveva essere considerato come nocivo dal momento che non è possibile separare una società o un popolo dalla religione, poiché il potere spirituale e il potere temporale vengono ambedue da Gesù Cristo, il quale è Re e Sacerdote.
Sempre sul piano politico occorreva, inoltre, denunciare l’azione delle sette segrete che, attraverso la corruzione e le minacce, cercavano di piegare le classi dirigenti nazionali ed indirizzarle secondo i propri piani iniqui.
“Ma per somma sventura, coloro ai quali venne affidata la cura di promuovere i comuni vantaggi, circonvenuti con gli artifici di perfidi uomini e spaventati dalle loro minacce, tennero sempre in sospetto la Chiesa e l’avversarono, non comprendendo che gli sforzi delle sette sarebbero andati a vuoto se la dottrina della Chiesa cattolica e l’autorità dei Romani Pontefici, sia presso i Principi, sia presso i popoli, fosse sempre rimasta nell’onore dovuto. Infatti, “la Chiesa del Dio vivente, che è colonna e fondamento di verità” (1Tm 3,15), insegna dottrine e dà precetti che largamente provvedono al benessere ed al quieto vivere della società, e per i quali l’infausto germe del Socialismo è divelto dalle radici.”

Di fronte all’egalitarismo socialista, poi, il Romano Pontefice intendeva riaffermare il valore della società gerarchica, dove ogni componente aveva una propria collocazione chiara e una conseguente responsabilità in favore della comunità, secondo il principio della c.d. “disuguaglianza armonica”. Tutti gli esseri umani hanno pari dignità ma ognuno ha una propria peculiarità e soggettività, essendo stato collocato in un dato posto in funzione del progetto divino universale, che dona ordine e armonia all’intera Creazione. Secondo questa concezione occorreva, dunque, rispettare le autorità legittime e le rispettive competenze.
“Sebbene i Socialisti, abusando dello stesso Vangelo per ingannare gl’incauti, abbiano il costume di travisarlo secondo i loro intendimenti, tuttavia è tanta la discordanza delle loro perverse opinioni dalla purissima dottrina di Cristo, che non se ne può immaginare una maggiore: “Infatti, quale consorzio della giustizia con l’iniquità? o quale società della luce con le tenebre?” (2Cor 6,14). Costoro invero non smettono di blaterare – come abbiamo già accennato – che tutti gli uomini sono per natura uguali fra loro, e quindi sostengono non doversi prestare alle autorità né onore, né riverenza, né obbedire alle leggi se non forse a quelle redatte a loro piacimento. All’opposto, secondo gl’insegnamenti del Vangelo, tutti gli uomini sono uguali in quanto avendo tutti avuto in sorte la medesima natura, tutti sono chiamati alla medesima altissima dignità di figliuoli di Dio; avendo tutti lo stesso fine da conseguire, dovranno essere giudicati a norma della stessa legge, per riceverne premi o pene secondo che avranno meritato. Tuttavia l’ineguaglianza di diritti e di potestà proviene dall’Autore medesimo della natura, “dal quale tutta la famiglia e in cielo e in terra prende il nome” (Ef 3,15). Gli animi poi dei Principi e dei sudditi, secondo la dottrina e i precetti della Chiesa cattolica, sono così legati attraverso scambievoli doveri e diritti, che ne resta temperata la passione sfrenata del comandare, e diviene facile, costante e nobilissima la ragione dell’ubbidienza.
E valga il vero: la Chiesa inculca sempre nei sudditi il precetto dell’Apostolo: “Non esiste potestà se non da Dio, e quelle che ci sono, sono ordinate da Dio. Pertanto chi si oppone alla potestà, resiste alla disposizione di Dio, e coloro che resistono si comprano la condanna”. E di nuovo comanda “di essere soggetti, come è necessario, non solo per timore dell’ira, ma anche per riguardo alla coscienza, e comanda di rendere a tutti quello che è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi la gabella, la gabella; a chi il timore, il timore; a chi l’onore, l’onore” (Rm 13,1-2.5-7). Pertanto, Colui che creò e governa ogni cosa, nella sua provvida sapienza dispose che le infime cose attraverso quelle di mezzo, e le cose di mezzo attraverso le altissime arrivino ciascuna al proprio fine. Perciò, come nello stesso regno celeste volle che vi fossero cori di Angeli distinti fra loro e gli uni agli altri soggetti; nello stesso modo stabilì anche nella Chiesa vari gradi di ordini, ed una moltitudine di ministeri, onde non tutti fossero Apostoli, non tutti Pastori, non tutti Dottori (cf. 1Cor 12,28-30); così dispose del pari che nella società civile fossero vari ordini distinti per dignità, per diritti e per potere, onde la comunità, a somiglianza della Chiesa, rendesse l’immagine di un corpo che ha molte membra, le une più nobili delle altre, ma insieme scambievolmente necessarie e sollecite del bene comune.”

L’autorità doveva comunque seguire il principio del giusto potere ed agire secondo giustizia, perseguendo il bene della collettività. Se questo non avveniva e l’autorità degradava e si serviva del proprio potere per compiere prepotenze e abusi, allora il fedele cattolico era tenuto “ad ubbidire più a Dio che agli uomini”, attuando l’obiezione di coscienza.
“In pari tempo, però, affinché i capi dei popoli si servano della potestà ad essi data ad edificazione e non a distruzione, la Chiesa di Cristo opportunamente ricorda che anche sui Principi sovrasta la severità del Giudice Supremo. Avvalendosi delle parole della divina Sapienza, essa grida a tutti nel nome di Dio: “Porgete le orecchie, voi che avete il governo dei popoli e vi gloriate di dominare molte nazioni: la potestà è stata data a voi dal Signore, e la virtù dall’Altissimo, il quale esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri pensieri... Poiché un giudizio severissimo si farà di coloro che sovrastano... Dio infatti non esonererà nessuno dal giudizio, né temerà la grandezza di chicchessia, perché Egli ha fatto il grande e il piccolo, e di tutti tiene eguale cura. Ma ai maggiori sovrasta un maggiore tormento” (Sap 6,2-8). Tuttavia se accada talvolta che la pubblica potestà venga dai Principi esercitata a capriccio ed oltre misura, la dottrina della Chiesa Cattolica non consente ai privati d’insorgere a proprio talento contro di essi, affinché non sia vieppiù sconvolta la tranquillità dell’ordine, e non derivi perciò maggior detrimento alla società. E quando le cose siano giunte a tal punto che non sorrida alcun’altra speranza di salvezza, vuole che si raggiunga il rimedio coi meriti della pazienza cristiana e con insistenti preghiere al Signore.
Se la volontà dei legislatori e i decreti dei Principi comanderanno qualche cosa che sia contraria alla legge divina o naturale, allora la dignità e il dovere del nome cristiano, e il pensiero Apostolico esigono “doversi obbedire più a Dio che agli uomini” (At 5,29).”


Proseguendo l’apologia della società gerarchica, Leone XIII poneva in risalto come la famiglia naturale, cristiana e fondata sul sacramento del matrimonio era il suo cardine e il nucleo primario mentre la proprietà privata, frutto dell’opera e del merito dell’individuo, doveva essere difesa e dichiarata inviolabile.
“La stessa società domestica, che è alla base di ogni comunità e di ogni regno, sente e sperimenta necessariamente questa benefica virtù della Chiesa che influisce sull’ordinatissimo regime e sulla conservazione della società civile. Infatti, ben sapete, Venerabili Fratelli, che questa società, retta secondo l’esigenza del diritto naturale, si fonda principalmente sopra l’unione indissolubile dell’uomo e della donna, si completa negli scambievoli doveri e diritti tra i genitori e i figli, tra i padroni e i servi. Sapete ancora che essa va quasi a disciogliersi secondo le dottrine del Socialismo; in quanto, perduta la stabilità che le deriva dal matrimonio cristiano, ne consegue che venga pure ad indebolirsi in straordinaria maniera l’autorità dei padri sopra i figli, e la riverenza dei figli verso i genitori. Al contrario, la Chiesa insegna che il matrimonio, “degno di essere in tutto onorato” (Eb 13,4), istituito da Dio fin dal principio del mondo per propagare e conservare l’umana specie e da Lui voluto indissolubile, crebbe a condizione ancora più stabile e più santa per opera di Cristo che gli conferì la dignità di Sacramento e volle che ritraesse in sé l’immagine della sua unione con la Chiesa. Pertanto, secondo quanto insegna l’Apostolo (Ef 5,22-24), come Cristo è il capo della Chiesa, così il marito è il capo della sposa; e come la Chiesa si tiene soggetta a Cristo che nutre per lei un amore castissimo ed eterno, così conviene che le spose siano soggette ai loro mariti, i quali a loro volta le debbono amare di affetto fedele e costante.”

Il ruolo e la responsabilità della Chiesa, nelle persone del Romano Pontefice e Vicario di Cristo, dei Cardinali, dei Vescovi e degli altri appartenenti del clero regolare e secolare, consistevano nel compito di occuparsi dei bisogni della società e dei popoli attraverso principalmente tre linee d’intervento.
In primo luogo occorreva curare l’attività pastorale, vigilando sul corretto comportamento dei governanti e delle varie autorità, poste a capo delle istituzioni o delle famiglie.
“Analogamente la Chiesa tempera in tal modo la potestà dei padri e dei padroni i quali, senza trascendere la giusta misura, riescono a contenere dentro i confini del rispetto i figli ed i servi. Stando infatti agli insegnamenti cattolici, nei genitori e nei padroni si trasfonde l’autorità del Padre e del Padrone celeste; perciò essa non solo trae da Lui origine e forza, ma ne mutua anche necessariamente la natura e l’indole. Conseguentemente l’Apostolo esorta i figli “ad obbedire ai loro genitori nel nome del Signore, ad onorare il padre e la madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa” (Ef 6,1-2). Ai genitori poi ingiunge: “E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Ef 6,4). Di nuovo poi ai servi ed ai padroni dallo stesso Apostolo viene inculcato il comandamento divino: obbediscano “ai padroni carnali come alla persona di Cristo... servendo con amore come al Signore”; questi alla loro volta “mettano da parte l’asprezza, ben sapendo che il Signore di tutti è nei cieli, e che presso di Lui non v’è preferenza di persone” (Ef 6,5-7). Se tutte queste cose fossero diligentemente compiute secondo il volere divino da tutti coloro che ne hanno il dovere, sicuramente ogni famiglia presenterebbe una certa somiglianza con la dimora celeste, e i preclari benefìci che ne seguirebbero non sarebbero solo ristretti entro i confini delle pareti domestiche, ma si riverserebbero altresì in abbondanza a vantaggio degli Stati medesimi.”

L’altro versante su cui la Chiesa doveva operare era quello dell’individuazione e della confutazione delle false dottrine, come quella socialista.
“Inoltre la sapienza cattolica, costruita sui precetti della legge naturale e divina, mirabilmente provvide alla pubblica e domestica tranquillità anche con le dottrine che professa ed insegna intorno al diritto di proprietà e alla divisione dei beni, che sono fatti per le necessità ed i comodi della vita. Pertanto, mentre i Socialisti rappresentano il diritto di proprietà come un ritrovato umano contrario alla naturale eguaglianza degli uomini, ed anelando alla comunanza dei beni ritengono non doversi sopportare di buon animo la povertà, e potersi impunemente violare i beni e i diritti dei più ricchi, la Chiesa molto più saggiamente ed utilmente anche nel possesso dei beni riconosce disuguaglianza tra gli uomini, naturalmente diversi per forze fisiche ed attitudine d’ingegno, e vuole intatto ed inviolabile per tutti il diritto di proprietà e di possesso che dalla stessa natura deriva. Infatti sa che Iddio, autore e vindice di ogni diritto, vietò il furto e la rapina in modo che neppure è lecito desiderare l’altrui: gli uomini ladri e rapaci, non altrimenti che gli adulteri e gli adoratori degli idoli, sono esclusi dal regno dei cieli. Tuttavia non dimentica per questo la causa dei poveri, né avviene che la pietosa Madre trascuri di provvedere alle loro indigenze: ché anzi, con materno affetto, se li stringe al seno, e ben sapendo che essi impersonano Cristo, il quale considera come fatto a se stesso il beneficio elargito anche all’ultimo dei poveri, li tiene in grande onore, con ogni mezzo possibile li solleva; si adopera con ogni sollecitudine affinché in tutte le parti del mondo s’innalzino case ed ospedali destinati a raccoglierli, a mantenerli, a curarli, e prende quegli asili sotto la propria tutela. Incalza poi i ricchi col gravissimo precetto di dare ai poveri il superfluo, e li spaventa intimando loro il giudizio divino, secondo il quale se non verranno in aiuto dell’indigenza saranno puniti con eterni supplizi. Da ultimo ricrea e conforta considerevolmente gli animi dei poveri sia proponendo l’esempio di Cristo “il quale, essendo ricco, si fece povero per noi” (2Cor 8,9), sia ripetendo quelle parole di Lui, con le quali chiama i poveri beati, e comanda loro di sperare i premi dell’eterna beatitudine. Ora, chi non vede come questa sia la più bella maniera di comporre l’antichissimo dissidio tra i poveri ed i ricchi? Come infatti dimostrano la natura delle cose e l’evidenza dei fatti, esclusa o accantonata quella maniera di componimento, è necessario che accada una delle due: o che la massima parte dell’umanità ricada nella turpissima condizione di schiavi che fu lungamente in uso presso i Gentili; ovvero che la società umana rimanga in balìa di continui rivolgimenti e sia contristata da rapine e da latrocini, come deploriamo essere avvenuto anche in tempi recenti.”

Leone XIII rinnovava poi nel clero lo zelo di proteggere la comunità dei credenti, di educare alla vera dottrina cristiana le popolazioni, senza stancarsi di denunziare il male e l’azione di quelle persone e di quei movimenti che potevano minacciare l’ordine stabilito da Cristo.
“Stando così le cose, Venerabili Fratelli, Noi a cui presentemente è affidato il governo di tutta la Chiesa, come fin dall’inizio del Nostro Pontificato mostrammo ai popoli ed ai Principi sbattuti da violenta procella il porto ove riparare, così adesso, preoccupati dall’estremo pericolo che sovrasta, di nuovo indirizziamo loro l’Apostolica voce; ed in nome della loro salvezza e di quella dello Stato di nuovo li preghiamo insistentemente e li scongiuriamo di accogliere ed ascoltare come maestra la Chiesa, tanto benemerita della pubblica prosperità dei regni, e si persuadano che le ragioni della religione e dell’impero sono così strettamente congiunte che di quanto viene quella a scadere, di altrettanto diminuiscono l’ossequio dei sudditi e la maestà del comando. Anzi, conoscendo che la Chiesa di Cristo possiede tanta virtù per combattere la peste del Socialismo, quanta non ne possono avere le leggi umane, né le repressioni dei magistrati, né le armi dei soldati, ridonino alla Chiesa quella condizione di libertà, nella quale possa efficacemente compiere la sua benefica azione a favore dell’umano consorzio.”
E Voi, Venerabili Fratelli, che ben conoscete l’origine e la natura delle imminenti sciagure, rivolgete tutte le forze dell’animo Vostro a che la dottrina cattolica sia accolta negli animi di tutti e vi penetri fino in fondo. Procurate che fin dalla prima età tutti si avvezzino ad amare Dio con tenerezza filiale e a riverirne la maestà; che prestino ossequio all’autorità dei Principi e delle leggi, e che, frenate le cupidigie, custodiscano gelosamente l’ordine stabilito da Dio nella civile e nella domestica società. Inoltre ponete ogni studio affinché i figli della Chiesa Cattolica non aderiscano né diano alcun favore alla detestabile setta; anzi, con azioni egregie e con un contegno assolutamente lodevole, dimostrino quanto prospera e felice sarebbe la società, se tutte le sue membra si abbellissero dello splendore di opere compiute correttamente, e di virtù.
Infine, siccome i seguaci del Socialismo principalmente vengono cercati fra gli artigiani e gli operai, i quali, avendo per avventura preso in uggia il lavoro, si lasciano assai facilmente pigliare all’esca delle promesse di ricchezze e di beni, così torna opportuno di favorire le società artigiane ed operaie che, poste sotto la tutela della Religione, avvezzino tutti i loro soci a considerarsi contenti della loro sorte, a sopportare la fatica e a condurre sempre una vita quieta e tranquilla.
Iddio, a cui siamo tenuti a riferire il principio ed il fine di ogni santa impresa, assecondi i Nostri e i Vostri intendimenti, Venerabili Fratelli. Del resto, la stessa ricorrenza di questi giorni, nei quali si celebra solennemente il giorno natalizio del Signore, Ci solleva alla speranza di opportunissimo aiuto. Infatti Cristo fa sperare anche a noi quella salutare salvezza che Egli nascendo portò al mondo invecchiato e corrotto da tanti mali, e ci promette quella pace che allora per mezzo degli Angeli fece annunziare agli uomini. Infatti “né la mano del Signore si è accorciata così che non possa salvare, né le sue orecchie sono chiuse sicché non possa sentire” (Is 59,1). Pertanto, in questi faustissimi giorni, augurando a Voi, Venerabili Fratelli, ed ai fedeli delle Vostre Chiese ogni più lieto e prospero evento, insistentemente preghiamo il Datore di ogni bene affinché nuovamente “appaiano agli uomini la benignità e l’amore del Salvatore nostro Dio” (Tt 3,4), il quale, sottrattici dalla potestà dell’implacabile nostro nemico, ci sollevò alla dignità nobilissima di figli.”

Concludendo l’enciclica, Papa Leone XIII chiese infine di pregare Dio e di invocare la sua benedizione, attraverso l’intercessione di Maria Santissima e dei Santi.
“Affinché più presto e più pienamente conseguiamo il nostro desiderio, innalzate Voi stessi, Venerabili Fratelli, insieme con Noi fervide preci a Dio ed interponete presso di Lui il patrocinio della Beata Vergine Maria, Immacolata fin dall’origine, del di Lei Sposo Giuseppe e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo, nell’intercessione dei quali poniamo la massima fiducia.”
Intanto, auspice delle divine grazie, con tutto l’affetto del cuore a Voi, Venerabili Fratelli, al Vostro Clero ed a tutti i popoli fedeli impartiamo nel Signore l’Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 dicembre 1878, anno primo del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII”

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