L’Enciclica Immortale Dei
Pubblichiamo oggi, dopo l'elezione del Papa Leone XIV, questo testo sul magistero altissimo di Leone XIII. Ed è con commozione ed emozione che ci uniamo alla gioia della Chiesa Cattolica per il dono del nuovo Papa, di cui abbiamo ascoltato con passione le prime grandi parole- Autore:
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L’Enciclica Immortale Dei, pubblicata il 1 novembre 1885, può essere considerata come il principale documento del c.d. Corpus leonino per via della sistematicità degli argomenti trattati dal Pontefice, che la rende importante anche per la stessa dottrina sociale della Chiesa.
Papa Leone XIII in questa enciclica fornì una serie di elementi chiave per capire i temi approfonditi negli altri suoi lavori: il socialismo nella Quod Apostolici Muneris, la massoneria nella Humanum Genus, il matrimonio nella Arcanum Divinae Sapientae, la libertà nella Libertas, l’autorità nella Diuturnum Illud, i problemi economici e sociali nella Rerum Novarum e nella Graves de Communi Re.
L’oggetto centrale della Immortale Dei riguarda le istituzioni della Chiesa e dello Stato, l’organizzazione della cosa pubblica, le ricadute politiche e sociali del rapporto tra il potere temporale e il potere spirituale e il ruolo dei cittadini cattolici.
L’Enciclica si apre con l’elogio della Chiesa Cattolica, che è il frutto misericordioso fatto da Dio agli uomini, la quale opera nel mondo sia per la salvezza delle anime sia per perseguire il benessere terreno, anche se fin dagli inizi è stata oggetto di continui attacchi e calunnie da cui sono scaturite le persecuzioni, come avvenne nei tempi antichi, e la tentazione di cercare una dottrina filosofica alternativa al di fuori di essa.
Leone XIII volle definire i tratti di una società cristiana ideale, da prendere a modello: che riconosce Dio e i suoi Comandamenti, lo onora con pubblici atti di culto e gli subordina le leggi statali, l’autorità non è la conseguenza di un contratto sociale e non è legata necessariamente a precise forme di governo poiché l’essere umano è per sua natura predisposto ad aggregarsi e a vivere in società. La Chiesa, infatti, non proibisce né condanna a priori determinate forme di governo ma vigila affinché chi regge la società possa perseguire il bene comune e agire secondo Dio, che governa il Mondo non come un padrone ma come un padre.
Se l’autorità politica è capace di conformarsi alla Divina Autorità allora essa sarà pienamente legittima e legittimata agli occhi del popolo, il quale non avrà né motivo di ribellarsi né diritto a farlo. Tale società riuscirebbe inoltre a collaborare con la Chiesa nel cruciale compito di favorire la salvezza eterna dei cittadini.
La Chiesa Cattolica, dal canto suo, è una società giuridicamente perfetta che non deve essere considerata inferiore ai poteri dello Stato e non ne deve essere subordinata: la Chiesa e lo Stato sono infatti entrambi entità sovrane e supreme, le quali devono essere tra di loro ordinate e coordinate come l’anima e il corpo.
Il Papa scrisse nell’Enciclica che il periodo del Medioevo fu quello in cui il modello di questa società perfetta fu molto vicino a realizzarsi. Durante l’epoca medievale, infatti, i regni e le repubbliche cristiane, seguendo i principi evangelici e riconoscendo l’autorità ecclesiastica e imperiale, le quali salvo alcuni periodi di scontro agirono in armonia per il bene comune, poterono beneficiare di grande pace e prosperità, come è dimostrato dai grandi e numerosi monumenti storici lasciati ai posteri.
I benefici della civiltà cristiana europea del Medioevo sarebbero stati ancor di più duraturi e fruttiferi se fosse rimasta la concordia tra il potere secolare e quello religioso, la quale tuttavia venne meno con il sorgere della Riforma Protestante del XVI secolo d.C. che, iniziando a sconvolgere la religione cristiana, causò poi la deriva del pensiero filosofico e del sistema politico.
Da questo processo, secondo Papa Pecci, si originò il “diritto nuovo”, ossia quello che permea l’epoca moderna e ne plasma la società: l’autorità non deriva più da Dio ma dagli uomini e si fonda su un patto sociale, lo Stato e i suoi cittadini non hanno più nessun obbligo verso la Divinità divenendo sciolti da ogni limite morale e religioso.
Delegittimata la Legge Divina, nella società moderna si elevano nuovi valori assoluti come le libertà di coscienza, culto, pensiero e stampa, in cui la collettività diviene “individualità” e l’oggettività sfuma in soggettività.
Le nuove entità statali sono di conseguenza sciolte da ogni dovere verso la Chiesa e verso Dio diventando così “Assolute” (dal latino “ab solutus”): esse così si auto-legittimano e si auto-giudicano fondando il loro potere su sé stesse.
In questo sistema, la Chiesa Cattolica è dunque sfavorita, delegittimata e, in più di un caso, perseguitata e depauperata. Non ha più voce autorevole sui pilastri della società quali il matrimonio e l’educazione, diventando una istituzione come tante altre in seno alle organizzazioni statali.
Anche se il “diritto nuovo” appare antagonista alla Chiesa Cattolica, soprattutto per la sua morale sociale, Papa Leone XIII non volle comunque emettere una condanna totale e generalizzata: le forme di governo moderne potevano essere ammesse se queste perseguivano il bene comune e i loro cittadini potevano partecipare attivamente alla vita politica. Il Papa considerò anche accettabile la tolleranza di altri culti religiosi ponendo il fatto che la Chiesa non costringe nessuno alla conversione poiché l’adesione a Cristo deve partire dalla libera volontà di ogni uomo e donna.
Leone XIII si premurò inoltre di precisare come la Chiesa non intende stigmatizzare nemmeno i progressi scientifici e tecnici che, all’opposto, incoraggia ed incentiva, ma questi devono essere tenuti necessariamente distinti da quelle teorie e ideologie nocive, le quali vengono propagandate sottilmente attraverso l’idea stessa del progresso umano.
La presenza dei Cattolici nella vita politica degli Stati moderni rappresenta, poi, un altro punto importante dell’Enciclica Immortale Dei.
Per il Papa l’astensione totale dalla vita politica deve essere evitata perché tale azione può essere parificata al rifiuto di contribuire al bene comune, potendo essere giustificata solo per gravissime e giustificate ragioni: quando uno Stato supera determinati confini etico-religiosi e incomincia ad abusare eccessivamente della propria autorità allora i fedeli cattolici possono avere il diritto e dovere di non partecipare alla vita politica e di non obbedire.
In casi meno gravi, anche presso gli Stati che non sono cattolici, il fedele deve invece adattarsi ai luoghi e alle circostanze impegnandosi nella società per servire il benessere della collettività, cercando l’unità e la solidarietà degli altri credenti, senza comunque snaturarsi ed essere connivente con gli errori filosofici, morali e politici.