In Italia hanno già percorso questa strada, con gli esiti che sappiamo
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I CRITERI DI VALUTAZIONE DELLA LEGGE ITALIANA 40/2004
Alla base della legge 40/2004 vi è fondamentalmente un solo argomento, ma è formidabile: l’uomo è sempre uomo dal concepimento alla morte. Perciò, ad ogni obiezione e ad ogni critica è necessario rispondere con ragionamenti che partono da tale evidenza: fin dal concepimento vi è un essere umano che si sviluppa in modo continuo, finalisticamente orientato, autonomamente diretto. Non si deve mai dimenticare che la procreazione artificiale umana (PAU), che alcuni chiamano “Procreazione medicalmente assistita” (PMA) riguarda in primo luogo lui.
Da questo principio di umanità del concepito derivano altri quattro criteri tra loro collegati:
Il primato del figlio rispetto agli adulti. Tale principio è solennemente espresso nella Dichiarazione (1959) e nella Convenzione universale (1989) sui diritti del fanciullo:
— «Gli stati debbono dare ai fanciulli il meglio di se stessi» (Dichiarazione del 1959).
— In ogni decisione riguardante gli adulti ed i bambini bisogna decidere in modo da dare prevalenza all’interesse dei bambini (art. 3 Convenzione del 1989).
Il principio di eguaglianza (o di non discriminazione): è una grande conquista della civiltà moderna. Tutti gli esseri umani sono uguali in dignità. Con specifico riferimento all’embrione umano il Comitato Nazionale di Bioetica, organo costituito per legge, ha così concluso il suo parere del 28-6-96: «Il Comitato è pervenuto a riconoscere il dovere morale di trattare l’embrione umano fin dalla fecondazione, secondo i criteri di rispetto e tutela che si debbono adottare nei confronti degli individui umani a cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone». Tale parere conferma anche il criterio sopra indicato al n. 1 ed è stato ribadito con altro parere dell’11-4-2003, dove si legge: «Gli embrioni umani sono vite umane a pieno titolo ed esiste quindi il dovere morale di sempre rispettarli e sempre proteggerli nel loro diritto alla vita indipendentemente dalle modalità con cui sono stati procreati e indipendentemente dal fatto che alcuni possano essere qualificati - con espressione discutibile perché priva di valenza ontologica - soprannumerari».
Il principio di precauzione. Nel dubbio devono essere adottate le soluzioni pratiche che possono salvare la vita, non quelle che possono distruggerla. Il principio di precauzione è comunemente accettato nel campo ecologico: innovazioni tecnologiche non devono essere attuate (si pensi alle centrali atomiche) e manipolazioni genetiche non debbono essere prodotte (si pensi agli alimenti geneticamente modificati) finché non vi sia la certezza e la prova che non possono recare alcun danno. Perché questo principio non dovrebbe operare nel campo della bioetica? Nel caso di un naufragio, di un terremoto, di una valanga o di un attentato terroristico le ricerche delle vittime devono continuare finché persiste l’ultimo dubbio sulla loro vita.
La dignità della procreazione umana. La comparsa dal nulla dell’essere umano non è un evento qualsiasi. E l’evento più importante della creazione. Non può essere privo di significato il modo in cui il Creatore ha disposto che avvenga l’inizio della vita umana. La vita umana non può essere considerata un prodotto della tecnica.
La legge 40/2004 non ha preso in considerazione il 4° criterio, che certamente, per essere percepito in tutta la sua densità, ha bisogno della forza della fede o almeno dell’intuizione di un’armonia, di un mistero presente nella creazione. Il Parlamento ha, invece, cercato di tracciare una strada coerente con gli altri princìpi. Vi è riuscito in parte.