Aborto, relativismo, Costituzione, Stati Uniti, Francia: qualche riflessione sulla decisione della Corte Suprema #Aborto #RoeVsWade
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Questo intervento di Luca Costa ci aiuta a comprendere meglio quanto sta accadendo, e la logica delle reazioni

Viviamo in una società liberale. Ultra-liberale. Non vi sono dubbi.
Uno dei dogmi sui quasi si è costruita la struttura della società liberale è il relativismo. Una società liberale è per definizione una società non-umanista, che si rifiuta di dare un giudizio definitivo sulle questioni fondamentali della vita umana, che rifiuta di proporre una visione universale di ciò che costituisce il bene comune, i criteri di una buona vita.
In una società liberale ogni individuo ha il diritto di formulare e sperimentare la propria ipotesi, il proprio progetto di vita secondo convinzioni soggettive, seguendo la propria aspirazione all’autenticità e alla felicità. Lo stato si astiene dal dare giudizi di valore circa le scelte individuali.
Ognuno ha la propria idea di bene. Relativismo, appunto.
La conseguenza, in campo etico, del relativismo ideologico è il soggettivismo morale. In una società liberale le posizioni morali degli individui non sono più fondate sulla ragione o sull’osservazione della realtà (la natura delle cose), esse sono assunte (o rifiutate) dagli individui per motivi puramente soggettivi.
In una società liberale la ragione perde ineluttabilmente il suo ruolo di arbitro dei dibattiti etico-morali.
Certamente, anche oggi è possibile far notare a un interlocutore che le sue prese di posizione implicano conseguenze alle quali non ha pensato, è possibile anche illustrare quali siano tali conseguenze, sociali e politiche. Ma se il nostro interlocutore è convinto di volere e di dovere mantenere la propria posizione iniziale, la ragione non può più nulla per convincerlo. Aristotele è definitivamente sconfitto in una società come la nostra.
Questo spiega perché la Francia dell’ultra-liberale Emmanuel Macron si prepara a integrare il diritto all’aborto nella propria Costituzione: per sottrarre definitivamente il tema alla ragione, nonché al dibattito (politico, scientifico, filosofico).
La Costituzione francese diventerà così una specie di “rifugio” anti-contraddizione, essa cesserà di essere il luogo dei valori che costituiscono la nazione, per divenire una sorta di contenitore dove il potere potrà occultare i temi più scottanti della vita politica e sottrarli allo shock del dibattito democratico, al fine di imporre i dogmi indiscutibili della società liberale (uno dei quali è evidentemente l’aborto). Ora, il dibattito sull’aborto esiste in Francia, eccome se esiste, il giudizio sulla questione è tutt’altro che condiviso; eppure il potere vuole farlo scomparire dal tavolo della politica per sigillarlo nel contenitore costituzionale. È il contrario della democrazia.
Ed è il contrario di ciò che è successo questa settimana negli Stati Uniti, dove la Corte Suprema ha riconosciuto che il luogo giuridico del diritto all’aborto non è e non può essere la Costituzione, poiché tale Costituzione non lo prevede, e perché nessuna vera democrazia può volere una cosa del genere. Una democrazia integra nella propria costituzione il diritto alla vita, al lavoro, alla libertà religiosa, non il diritto all’aborto. Lo si può legalizzare per legge, ma non integrarlo in una costituzione. Tuttavia, la Costituzione americana si era vista recapitare tale, presunto, diritto di abortire con la sentenza Roe contro Wade del 1973.
Allora la decisione di questa settimana della Corte Suprema di Washington, che ribalta tutto, è una vittoria per la democrazia e per la ragione, perché un tema così delicato come l’aborto torna finalmente a disposizione del dibattito (filosofico, politico, teologico), della politica e della legge dei singoli Stati dell’Unione, che potranno ora legiferare in base alla volontà e alla visione del diritto naturale dei propri elettori.
I conservatori repubblicani, maggioritari in seno alla Corte Suprema, hanno dimostrato di essere i veri democratici. E Biden e la sua corte stanno dimostrando di essere dei veri giacobini. E Macron con loro.
I liberal-democratici dei paesi occidentali non possono ormai che rivelare la loro vera identità: sono dei giacobini. Dopotutto, il terrorismo intellettuale e la violenza sono il solo modus operandi a disposizione di chi ha abdicato dalla ragione.
Ci sono stati, durante la Rivoluzione francese, due movimenti rivoluzionari diversi tra loro, quello girondino e quello giacobino. Il primo piuttosto favorevole alla libertà, il secondo totalitario e dispotico.
Nella monarchia di Luigi XVI, il re governava coi suoi ministri. L’amministrazione del regno dipendeva in seguito da una miriade di istituzioni particolari disseminate in tutto il territorio, caotiche, incoerenti, spesso assurde. Esse limitavano enormemente il potere monarchico, ma nelle mani dell’aristocrazia prima e della borghesia industriale e finanziaria poi, hanno anche rappresentato strumenti di oppressione del popolo.
La Rivoluzione francese si è scatenata sia contro Luigi XVI che contro il potere di tali istituzioni territoriali, la sua violenza non ha risparmiato nessuno. Il suo odio per tutto ciò che l’ha preceduta non ha fatto distinzioni e ha colpito sia l’assolutismo monarchico che i corpi intermedi che temperavano il potere del re. Per questo i giacobini sono stati i primi veri centralizzatori totalitari a disporre di un potere davvero assoluto, senza limiti, in Francia.
Ritroviamo oggi questo carattere ambivalente, violento e totalitario, negli eredi dei giacobini della Rivoluzione francese: Macron e i suoi ministri. Quando essi, facendo prova di un centralismo governativo e amministrativo senza limiti, pretendono sottrarre alla democrazia e al popolo questioni fondamentali come l’aborto, essi non si autodeterminano come novelli monarchi, difendono semplicemente la grande conquista della Rivoluzione giacobina: lo Stato che vuole tutto e che vuole essere tutto. Si dichiarano discepoli della liberté ma sono in realtà i primi nemici dei diritti del popolo, della libertà del popolo e della democrazia.
È un ragionamento diametralmente opposto, lo abbiamo già sottolineato, di quello della Corte Suprema di Washington che ha deciso di restituire al popolo (e ai suoi rappresentanti negli esecutivi e nelle assemblee dei singoli stati dell’Unione) il diritto di dibattere e decidere se permettere o vietare l’aborto. Togliendo così tale facoltà al governo centrale (e a sé stessa).
La sentenza Roe contro Wade del 1973 era figlia di idee provenienti dal ’68 parigino: interdit d’interdire. Vietato vietare. Un perfetto riassunto della French Theory che dilagava all’epoca nei campus delle università californiane e del New England, ideologia di origine francese concepita sui lavori universitari di Michel Foucault. Rivoluzione permanente, emancipazione dell’individuo da ogni costrizione. Conosciamo il seguito.
La Corte Suprema aveva appunto stabilito nel 1973 il divieto per gli Stati dell’Unione americana di vietare l’aborto, decisione fondata su un’interpretazione totalmente arbitraria e indebita Costituzione.
Oggi, con una decisione clamorosa, che avrà enormi conseguenze sulla politica americana e sulla società americana, la Corte fa un passo indietro e ora i cinquanta stati potranno riaccendere il dibattito sull’aborto e decidere secondo le regole della democrazia. È una vittoria della ragione.
Luca Costa