Disgusto e infamia
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“Ma non ha niente addosso!” disse un bambino. “Signore, sentite la voce dell’innocenza!” replicò il padre, e ognuno sussurrava all’altro quel che il bambino aveva detto.
“Non ha niente addosso! C’è un bambino che dice che non ha niente addosso!”.
“Non ha proprio niente addosso!” gridava alla fine tutta la gente. E l’imperatore rabbrividì perché sapeva che avevano ragione, ma pensò: “Ormai devo restare fino alla fine”. E così si raddrizzò ancora più fiero e i ciambellani lo seguirono reggendo lo strascico che non c’era».
(H. C. Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore)

Non le mostrerò, quelle immagini. Fidatevi anche senza vederle. Non le mostrerò perché a divulgarle farei il loro gioco (c’è chi – poveraccio – si diverte così). Non le mostrerò perché il brutto a braccetto con il male ferisce la ragione prima ancora che il cuore. Se poi maltrattano e offendono Chi ami (la maiuscola non è un refuso), a sentire fastidio, anzi dolore, è pure il cuore. Dunque non le mostrerò.
E però non mi va neanche di stare zitta, ora che leggi di un Marino di qua e di una Innocenzi di là (due nomi a caso) che faranno da padrino-madrina-megafono di quanto è bello buono e pure educativo il Gay Pride di Roma, di Benevento, di tutto il mondo. E giù clap clap a ritmo di pensiero unico.
Sappiatelo. Alla XIX edizione del Gay Pride Parade di São Paulo del Brasile, lungo Avenida Paulista, la strada più importante della città, un paio di giorni fa non c’erano solo i soliti solite solit* nudi nude nud*; non solo le solite tette al vento, più o meno siliconate; non solo i soliti falli ostentati. Non c’erano solo boa, arcobaleni, perizoma, baci omo lesbo trans, amplessi mimati, cartelli gridati, mise di dubbio gusto, urla sguaiate che guardi e ascolti e ti viene da dire venghino signori venghino più gente entra più bestie si vedono.
Quest’anno, scandendo lo slogan che è tutto un programma «Siamo nati in questo modo, siamo cresciuti così e sarà sempre così: rispettateci» c’è chi ha dato il meglio del peggio, anzi il peggio del peggio. Fidatevi, come detto. Riassumo, edulcorando, lo schifo che chiamano orgoglio.
Scena uno. Un tizio barbuto, crocifisso per finta, impegnato per davvero in un bacio omo. Scena due. Crocifissi platealmente usati per scene pubbliche di sodomia (vere pure quelle). Scena tre. Immagini sacre al posto delle mutande o per schiaffeggiare le pudenda. Scena quattro. Madonne scagliate a terra. Scena cinque. Seduti su pile di crocifissi, alcuni manifestanti Lgbt (metteteci pure tutte le lettere dell’alfabeto e moltiplicate per due: non fai in tempo a memorizzare l’ultimo orientamento sessuale alla moda de gustibus, che ne sono sbucati almeno un paio di nuovi…). C’erano pure altre scenette (!) ton sur ton, lungo Avenida Paulista, ma non perderò tempo a descriverle. Non meritano pubblicità.
Il senso? Io non lo so.
Sarebbe bello che qualcuno lo chiedesse a loro: agli interessati o a chi ha sponsorizzato con i soldi pubblici la Parade. O che qualche politico, qualche intellettuale, qualche giornalista manifestasse qualche perplessità. Niente. Silenzio assoluto. Nessuno lo farà, state tranquilli. Sui giornali di casa nostra si legge «sfilata dell’orgoglio omosessuale», «San Paolo invasa dai colori» e si glissa sul resto. Violente (e omofobe), sui nostri giornali, sono le Sentinelle; sì, quelle che se ne stanno ferme immobili zitte per un’ora con un libro in mano. Violenti saranno considerati coloro che il 20 giugno si troveranno a Roma per manifestare pacificamente contro l’introduzione dell’ideologia gender nelle scuola, o per ribadire che i bambini non si comprano e non si vendono, che l’utero in affitto è sfruttamento di donne povere, o di povere donne intortate dal pensiero unico che chiama altruismo la gravidanza conto terzi.
A chi a San Paolo non aveva di meglio da fare che dedicarsi alla blasfemia, state tranquilli che nessuno chiederà perché tra un crocifisso e un’immaginetta violata non si è vista nemmeno l’ombra di un Corano, o di Maometto, o di Allah. Figuriamoci. E’ solo con Cristo e con i cristiani che al mondo si può fare di tutto, impuniti. Massì, so’ ragazzi, al massimo Lgbt che sbagliano. Scherzavano. Volevano provocare. O magari è un’installazione, un flash mob. Voi cattolici l’arte proprio non la capite...
Spiacenti. Il politicamente corretto ha stufato. La sapete la fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore? Il bambino è l’unico ad avere il coraggio di dire la verità. Eccola. Brutte e basta, quelle immagini. Ripugnanti quelle scene, senza se e senza ma. E non c’è proprio niente di educativo, niente da essere orgogliosi, niente da imparare.
Una domanda, sindaco Marino, ma sia sincero: le farebbe vedere a sua figlia?