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La Croce, ovvero la novità che attrae

Fonte:
CulturaCattolica.it

Era ora. Era ora che nel grigiore del pensiero unico politically correct si facesse coraggiosamente strada “un quotidiano contro i falsi miti di progresso”. La Croce. Fra terra e cielo, in un abbraccio al mondo intero. Che non è uno slogan, e neanche la poesiola in rima da mandare a memoria. Mi è venuta così, la rima, e stavo per cancellarla. Ma ci sta bene, c’azzecca, dopo che dalla prima all’ultima riga ho divorato il primo numero. Già. Perché si può dire qualcosa, contro i falsi miti di progresso, se si hanno i piedi ben piantati a terra e uno sguardo senza filtri (ideologici) sulla realtà tutta, ma anche gli occhi desiderosi di rivolgersi più su, dove indica quel Legno. E la trovi, quella speranza, negli articoli di oggi. Sono fiduciosa che la ritroveremo anche domani e nei giorni a venire. Cristo ha già vinto, è risorto. Ha già sconfitto la morte, ecco perché questo giornale è pro-life e si propone di dare spazio a storie di donne e di uomini impegnati a costruire una cultura della vita senza se e senza ma.
L’altro braccio è quello orizzontale. E’ l’abbraccio di Cristo alle miserie di quaggiù. A tutti, nessuno escluso. Vedo anche quello, negli articoli di oggi, e domani so che sarà uguale.
Perché è di questo sguardo nuovo, anzi rinnovato, che abbiamo bisogno e che in quasi tutti i quotidiani scarseggia. Eccolo. Lo trovo nell’editoriale, chiarissimo. “Saremo un giornale pro-life, per dirla all’italiana a difesa della cultura della vita, al fianco dei soggetti più deboli a cui vogliamo garantire più diritti, partendo dai diritti dei bambini. Saremo contro i falsi miti del progresso, contro l’avversità di una visione antropologica che trasforma le persone in cose, contro quella che Papa Francesco chiama ‘la cultura dello scarto’”.
Lo trovo nell’articolo di Costanza Miriano, che racconta “chi è la donna che vorremmo Capo dello Stato: una signora di settantuno anni, cieca da quando ne aveva ventitrè, che ha trascorso l’intera sua vita mettendo a frutto le doti femminili dell’ascolto del dolore altrui per far nascere bambini che non avrebbero visto la luce”. Si parla di Paola Bonzi e per la cronaca i bambini sono diciassettemilaquattrocentottantasei. Parentesi. Chi si impegna per la difesa della vita non è un parolaio, né perde tempo a pettinare bambole. Sta accanto, incontra, condivide. “Se il problema è economico, cosa che negli ultimi tempi succede sempre più spesso, direi in sette casi su dieci – spiega Paola Bonzi nell’intervista della Miriano – noi offriamo alle mamme che decidono di tenere il bambino 250 euro al mese, una busta della spesa settimanale, tutte le visite gratuite, i vestiti e i pannolini per il primo anno di vita del bambino”. E non finisce qui. Leggere per credere.
Trovo uno sguardo nuovo nel pezzo di Eliseo del Deserto, “un omosessuale che cerca Dio”, e che, da dentro, ha il coraggio di denunciare “il falso mito del mondo gay”, in cui “c’è bisogno di ostentare colori, lustrini e allegria dove c’è solo una voragine da colmare”.
Ma questo giornale è ancora “di più”.
Nell’epoca del relativismo nichilista, in cui il rischio è l’omologazione e l’appiattimento succube al più forte, l’impegno di questi giornalisti è proporre un giudizio originale sulla realtà, capace di andare controcorrente. Suonerà strano, me ne rendo conto, a coloro che sono abituati ai quotidiani che fanno tendenza (parlo anche di certi preti, che credono di dover scontare non so quale senso di inferiorità) e prendono come oro colato l’ipse dixit di Repubblica – un nome (neanche tanto) a caso – nuova bibbia postmoderna.
Qui trovano spazio storie e persone generalmente censurate lì come altrove; la scusa è che non fanno notizia. Non la fanno no, se le censuri, altrimenti sarebbe il botto. E infatti. Penso a Gianna Jessen, che non doveva nascere. “Sua madre aveva deciso di interrompere la gravidanza attraverso il metodo della soluzione salina. E’ letteralmente bruciata viva per diciotto ore nel ventre di chi doveva proteggerla. Alla fine è nata comunque. Viva.” E su La Croce racconterà a puntate la sua storia.
Penso a Katia, “mamma di M, nata con una gravissima e rarissima malformazione a una vena del cervello”. La cultura dello scarto non dà spazio a queste storie. Mettono tristezza. Il sottinteso però è chi te l’ha fatto fare a far nascere una così. Masochista. Hai voluto la bicicletta, pedala.
Penso alla lucidità di giudizio su Islam e terrorismo. “Nel discorso del 2006 Benedetto XVI disse chiaramente ai musulmani che dovevano avere il coraggio di farsi attraversare dalla ragione, come è avvenuto al cristianesimo. Papa Francesco ieri ai diplomatici ha ribadito la necessità di lavorare per la pace a partire dai capi religiosi”.
Penso alle parole chiarissime di Franco Nembrini sulla funzione degli adulti. “L’unica possibilità di certezza per un figlio o per un alunno per crescere consapevole è quella di potersi paragonare lealmente con un adulto che sa dove va, sa che cosa vuole, sa che cosa è per sé la felicità, un adulto che testimonia un bene possibile”. Altro che “pensiero liquido”: qui si cita don Giussani, che ricorda come “la funzione educatrice di una vera autorità si configura come funzione di coerenza ovvero una continuità di richiamo all’impegno verso i valori essenziali e all’impegno della coscienza con essi, cioè un permanente criterio di giudizio su tutta le realtà”.
Chiudo con questa affermazione, non perché non ci sia null’altro da dire, ma perché questo è il metodo per vivere con pienezza e con responsabilità la vita. Non voglio rivelare altro, di questo numero e dei prossimi. Lo scopriremo insieme, lo scoprirete voi. Io sono convinta che ne leggeremo delle belle. Per le brutte notizie ci basta(va) la stampa di sempre.

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