Io sto col Papa 5 - Papa Benedetto e Papa Francesco come san Tommaso e san Francesco
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La Chiesa è un'orchestra
Papa Bergoglio è profondamente diverso da Papa Ratzinger, il quale a sua volta è profondamente diverso da Papa Wojtyla, il quale a sua volta era profondamente diverso da Papa Luciani e Papa Montini. Infatti ogni uomo è profondamente diverso dall’altro, ognuno ha il suo carattere e i suoi talenti. Ma non ci hanno forse insegnato che lo Spirito soffia dove vuole, ravvivando e usando per i suoi scopi i più diversi tipi umani? Proprio Francesco I durante l’udienza generale del 9 ottobre 2013 ha paragonato la Chiesa ad un’orchestra «in cui c’è varietà: non siamo tutti uguali, e non dobbiamo essere tutti uguali. Tutti siamo diversi – ha detto a gran voce - differenti, ognuno con le proprie qualità e questo è il bello della Chiesa: ognuno porta il suo, quello che Dio gli ha dato, per arricchire gli altri». Come in un’orchestra i diversi suoni dei vari strumenti si intrecciano in armonia formando una unica sinfonia, sotto la direzione del direttore d’orchestra, così i diversi Papi “suonano”, metaforicamente parlando, l’unica “sinfonia” della Tradizione vivente, sotto la direzione di Cristo. Considerando solo gli ultimi Papi, ebbene fra loro c’è stata e c’è una continuità profonda. Il fine intellettuale Ratzinger era stato molto vicino a Wojtyla, e oggi Bergoglio è molto devoto al Papa emerito Ratzinger. Non dimentichiamo mai che, quando si è affacciato per la prima volta sul balcone di piazza san Pietro, ha chiesto ai fedeli di pregare per Ratzinger e il giorno dopo è andato a trovarlo. Di fatto, poi, la Lumen Fidei è stata scritta a quattro mani dal Papa emerito e dal nuovo Papa.
Come Tommaso e Francesco
Fra Ratzinger e Bergoglio c’è la stessa differenza che c’è fra San Tommaso e San Francesco: il primo era un professore di filosofia che si preoccupava di convertire i dotti, l’altro un poeta mendicante che si preoccupava di convertire gli umili. Per persuadere i dotti delle verità della fede, Tommaso si sforzava di trarre tutte le possibili conseguenze da ogni affermazione logica. Per arrivare a toccare il cuore degli umili, Francesco non si faceva scrupolo di usare immagini poetiche che, essendo poetiche, difettano di rigore dottrinale. Se fosse vissuto nel XIII secolo, Rossi avrebbe certamente trovato di “inaudita gravità” una immagine come “Fratello sole e sorella luna”. “Vi rendete conto”, avrebbe potuto dire, “che questo poverello di Assisi sta diffondendo nella plebe una mentalità panteistica?”. Eppure Francesco d’Assisi non era meno santo di Tommaso d’Aquino e l’uno non era meno necessario dell’altro alla Chiesa. In un certo senso, erano complementari. Per crescere, la Chiesa del secolo XIII ha avuto bisogno tanto del professore di Logica quanto del poeta mendicante (rimando al fondamentale saggio di Gilbert K. Chesterton San Tommaso d’Aquino, edito da Lindau). Analogamente, la Chiesa del XXI secolo ha bisogno tanto del saggio professor Ratzinger, che non sbaglia mai una parola, quanto dell’esuberante predicatore Bergoglio, che ci dice “buonasera” e “buon pranzo” dal balcone di piazza san Pietro. Il primo ci ha insegnato a usare la ragione in funzione della fede, il secondo ci insegna oggi a comunicare la fede in maniera diretta, annunciando il volto misericordioso di Dio. Per quanto riguarda la lettera a La Repubblica, Bergoglio non si è preoccupato tanto di persuadere razionalmente Scalfari quanto di instaurare con lui un rapporto personale. Non si è riflettuto abbastanza sul fatto che la famosa lettera del Papa non è arrivata alla redazione de La Repubblica ma a Scalfari in persona, tramite posta ordinaria. Riusciamo ad immaginare che cosa significa trovare nella propria casella postale una lettera del Papa? Quella lettera era dunque molto più di un insieme di fogli di carta contenenti degli argomenti razionali sulla fede: era un regalo personale che comunicava affetto e un sincero desiderio di incontro. Il Papa sta insegnando a noi cattolici ad usare «il linguaggio della misericordia, fatto di gesti e di atteggiamenti prima ancora che di parole» (Papa Francesco I, Discorso ai partecipanti alla plenaria del Pontificio consiglio, 13 ottobre 2013).
"Come criticare il Papa senza essere eretici"
Il 16 ottobre Gnocchi e Palmaro hanno ribadito il loro pensiero: «La ferocia con cui viene difeso il papa della misericordia si vedeva già tutta nel coro di osanna intonato fin dalla sera dell’elezione. Baciapile e anticlericali, devoti e agnostici, cattoliconi e diversamente credenti, tutti a cantar sermoni in una chiesa improvvisamente divenuta immacolata, linda e monda da ogni difetto. (…) Al cospetto di tanto consenso, anche a non aver pratica di Scritture, il “Guai a voi quando tutti gli uomini parleranno bene di voi”, con cui San Luca chiude le “Beatitudini” dovrebbe prendere a risonare con prepotenza. (…) Nello spazio di un’omelia a Santa Marta, è stata cancellata la memoria di Ratzinger e ammutolito il suo discorrere con la ragione. E’ rimasto solo il cuore e, si sa, al cuor non si comanda e allora i dissidenti si coprono di insulti invece che di argomentazioni. (…) O, ancora, si viene epurati seduta stante da “Radio Maria”» (Alessandro Gnocchi, Mario Palmaro, “Orgoglioso lamento cattolico”, Il Foglio, 16 ottobre 2013).
In primo luogo, paragonando il mite e umile padre Livio di Radio Maria ad una sorta di grande inquisitore o poliziotto sovietico e paragonando sé stessi ai dissidenti perseguitati in Unione Sovietica, Gnocchi e Palmaro non ci fanno una bella figura. Se parli male del Vicario di Cristo, essere allontanato da Radio Maria mi sembra il minimo che ti possa capitare. Non si può permettere a due famosi conduttori di seminare gravi dubbi nella mente dei semplici fedeli che ascoltano Radio Maria. Anche ammettendo (e non concedendo) che Papa Francesco abbia veramente detto o fatto cose sbagliate, ebbene gli eventuali sbagli di un Papa sono nel complesso sempre meno gravi di eventuali critiche aperte al Papa da parte dei fedeli: «Se io mi sento in dovere di criticare il Pontefice, magari anche a ragion veduta perché noto delle divergenze tra ciò che lui afferma e ciò che invece dichiara il Magistero (esclusiva unità di misura della verità per il cattolico), e lo faccio con il fine di avvalorare la verità, di illuminare i dubbiosi, di far chiarezza sulla dottrina ma poi, nelle circostanze concrete, a queste utilità si sommano altri effetti di carattere negativo come la mancanza di rispetto verso la figura del Santo Padre perché ci si pone di fronte a lui come il più bravo della classe, l’aumento di confusione tra le fila dei cattolici e il disorientamento dei semplici, forse è bene desistere dall’intento censorio proprio a motivo del fatto che le conseguenze negative annullerebbero quelle positive. Mai si deve fare il male, ma a volte è necessario astenersi dal bene per un bene maggiore. Come non escludere ad esempio che il fronte laicista-relativista approfitti di queste critiche per sostenere che nemmeno il Papa è più credibile dato che ce lo confermano i cattolici stessi? Che il Papa può essere portato sotto processo da tutti dal momento che lo fanno pure i suoi fedeli più osservanti? Che l’importanza del Papa è ormai deteriorata e dunque il suo ruolo ecclesiale deve essere rivisto? Che nemmeno i cattolici si trovano più d’accordo su quale sia la verità dogmatica da seguire?» (Tommaso Scandroglio, “Come criticare il Papa senza essere eretici”, Il Foglio, 18 ottobre 2013)
Infatti in secondo luogo, non capisco come si faccia a dire che tutto il mondo parla bene di Bergoglio. Considerando che Scalfari è un perfetto rappresentante di quello che evangelicamente si chiama “questo mondo”, ebbene, andare ad Otto e mezzo a dire che Bergoglio propone una visione “panteistica” (sic!) significa parlare bene del Papa? Si potrebbe dire che i laicisti, nemici giurati della Chiesa, stiano adottando una nuova tattica: fanno la caricatura del Papa, storpiando tutto quello che dice, e poi lo osannano. Quindi il “mondo” non osanna Bergoglio ma la sua caricatura mondana.
In terzo luogo non è vero che Bergoglio schiaccia la ragione, strenuamente difesa da Ratzinger, sotto un generico quanto fuorviante “cuore”, pretesto di ogni delitto. Se Ratzinger enfatizzava il ruolo della ragione, Bergoglio enfatizza piuttosto la carità e la misericordia. Ma enfatizzare la ragione non significa ripudiare la carità, così come enfatizzare la carità non significa ripudiare la ragione. Anche in questo caso, vediamo una profonda continuità, un rapporto complementare fra i due Papi. L’unico vero problema è che Bergoglio non ha la stessa straordinaria capacità di esprimersi in maniera logica e razionale che ha Ratzinger. Inoltre, Bergoglio si abbandona spesso a dichiarazioni estemporanee, rilasciate imprudentemente ai media, tutti ansiosi di tendergli trabocchetti. Nel complesso, i discorsi e le dichiarazioni di Papa Bergoglio contengono non pochi passaggi non completamente chiari, che si prestano ad essere fraintesi e strumentalizzati dai nemici. I cattolici anti-Bergoglio si divertono a interpretare ogni parola poco chiara di Bergoglio come un chiaro sintomo di eresia strisciante. E’ ora di dire basta a queste manipolazioni. Speriamo che il Papa capisca al più presto questa situazione e decida di farsi insegnare da amici esperti, magari dallo stesso Ratzinger, la difficile arte di esprimere un pensiero in maniera chiara e inequivocabile. Quando avrà imparato a non sbagliare una parola, forse cesseranno i mormorii contro di lui.
Per il momento, ricordiamoci che nessun Papa, neppure quelli libertini del XVI secolo e neppure quelli che Dante mette all’inferno, fu mai veramente eretico. Ricordiamoci questo: «Che poi alcuni pontefici siano caduti in eresia, taluni han cercato di provarlo ma non mai l'han provato, né mai lo proveranno [...]. Del resto, se Dio permettesse, che un papa fosse notoriamente eretico, e contumace, egli cesserebbe d'esser papa, e vacherebbe il pontificato. Ma se fosse eretico occulto, e non proponesse alla chiesa alcun falso dogma, allora niun danno alla chiesa recherebbe; ma dobbiamo presumere, come dice il cardinal Bellarmino, che Iddio non mai permetterà, che alcuno de' pontefici romani, anche come uomo privato, diventi eretico né notorio, né occulto» (S. Alfonso Maria De Liguori, Verità della fede, vol. 2, p. III, Contro i settari che negano la Chiesa cattolica esser l'unica vera, cap. VIII, p. 140).