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Vito Mancuso e la sua nuova teologia del creato

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ho letto la noiosa recensione del prode (o prono) Gad Lerner al nuovo libro di Mancuso, e subito un pensiero ha riempito il mio animo: «Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere». Lo diceva il buon Wittgenstein, ma, se non vogliamo scomodare la profondità dei filosofi, basterebbe il proverbio «un buon tacer non fu mai scritto».
Chissà perché questi giornalisti pensano di sapere tutto di tutto, e di poter emettere giudizi apodittici su ogni realtà, con una presunzione «tuttologica» che non sa riconoscere, a chi è diverso, alcun valore e alcuna dignità. Per cui i «teologi classici» divengono ciarpame e zavorra, mentre i maitre à penser graditi al regime diventano i paladini di una nuova cultura e civiltà. E non stupisce più che in questo progetto e processo vangano arruolati vivi e morti, Cardinali e Papi (solo alcuni, certo, quelli di cui si vuole fare passare una lettura che ne anestetizzi i più validi contributi),e che ci si trovi di fronte a un voluto fraintendimento di ciò che è cattolico.

Scrive Lerner: «“La permissione divina dell’attività diabolica è un grande mistero”, balbetta l’articolo 395 [del Catechismo della Chiesa Cattolica]». Meglio il balbettio del catechismo, con l’invito quindi a non credersi padroni del mistero, che quella presunzione che sentenzia su tutto, ignorando la reale drammaticità della vita!
Sono grato a chi mi ha dato l’occasione di ascoltare in lettura continua la «Storia di un’anima» di s. Teresa del Bambin Gesù e del Volto santo, perché lì si capisce che cosa significhi fede e teologia (del resto mi pare che lo stesso papa Francesco porti sempre con sé una copia di questo splendido libro). Qui si capisce che teologia non è giocare con parole e concetti, o alla weltanschauung di Lucio Dalla, ma vivere una relazione reale, personale e profonda col mistero di Dio. Un Dio crocifisso e risorto (sì, risorto per la nostra salvezza, e – senza resurrezione – poco varrebbe la nostra fede, ridotta a ideologia buonista e chiacchiera da salotto buono, con annesse prebende e vantaggi).
Caro Gad, cerca di riconoscere che la fede e la teologia sono affare serio, non gioco di parole, e che una fede vissuta risponde con più verità alle eterne domande dell’uomo! Non ci serve il «gioco» della teologia, né sapere qual è "il Dio di Mancuso", ma la concretezza della carità e della verità.

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