8 marzo: donna e fiera di esserlo!
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(Costanza Miriano, Sposati e sii sottomessa)

Fosse per me l’abolirei, la festa dell’8 marzo: inutile, inutilissima. Ma il cinguettio su Twitter è una provocazione irresistibile. Ecco, dico la mia.
Salvo, di questa festa, il fatto che ci spinge a riflettere sulla nostra grandezza, quella vera. Ma state pur certi che domani non mi vedrete in piazza, urlante e manifestante contro i femminicidi. La violenza è violenza sempre, ed è la dignità di ogni persona dal concepimento alla morte naturale che va insegnata. Non en passant: trecentosessantacinque giorni l’anno.
Domani sera me ne starò chiusa in casa, a distanza di sicurezza dai locali dove si stanno preparando feste festini (casini, anche) nell’ottica «donne, sfogatevi almeno una sera all’anno».
Vade retro, dunque, alle penose accozzaglie di sole donne, più qualche lucciola di uomo-oggetto. Vade retro all’imbarbarimento di domani sera.
Ho amici, titolari dei locali suddetti, che ogni 9 marzo ripetono il refrain «ho visto cose che voi umani…». Noi umani (donne o uomini non fa differenza) è bene che ci teniamo stretta quel po’ di umanità che ci resta. Mala tempora currunt, ed è merce più preziosa dell’oro.
Ho parlato di donne anche a scuola, stamane. La nostra generazione ha toppato forte, se abbiam fatto credere alle ragazze che “parità” voglia dire “essere uguali”. Molte vestono come i maschi, si esprimono come gli scaricatori di porto, fumano come turchi, alle feste fanno a gara per chi beve di più, usano il pallottoliere per registrare il numero di accoppiamenti (protetti, of course, e tanto basta)…
Gli han detto che devono autodeterminarsi, che la lotta dura e senza paura continua. In palio la libertà “di” e “da”. Libertà “per”, no. Le cattive maestre non spiegano cosa significhi davvero voler bene alla propria vita, volere il bene della propria vita. Ovvio: non lo sanno nemmeno loro. E così si accontentano del minimo: soddisfa l’istinto, sarai (un po’) felice così. Questo, hanno imparato. E questo amplificano i mass media. Le Femen: icona dell’involuzione antropologica. O le paladine delle quote rosa, convinte che il traguardo sia fare le stesse cose degli uomini (turpitudini comprese) e non han capito invece quanto più importante sia valorizzare le differenze – i talenti – e avere, riconosciuta, pari dignità. O storie di donne – fesse e contente – che affittano l’utero o si fan spremere come le galline ovaiole perché gli han detto che è un’opera buona per chi non può avere figli. Nuova prostituzione spacciata per filantropismo. Vedono, sui media, le manifestazioni “save 194”. Sentono urlare che l’aborto è una conquista e ci credono pure, poverine.
Alle mie alunne e a chi leggerà voglio fare un regalo, anzi tre. Un modo diverso di trascorrere la serata dell’8 marzo. Un’alternativa all’intruppamento pilotato dal pensiero unico. Comode, in poltrona, la visione di “October Baby”, splendido film del 2011. E’ la storia di Hannah, diciannovenne, sopravvissuta all’aborto. Così controcorrente e politicamente scorretta che il film non è ancora stato doppiato in italiano. Controcorrente, perché – questo sì! – è una lotta della vita per la vita. Parla di donne-donne, di uomini-uomini, di amore-amore. E di perdono. Non dico di più: voglio lasciare il gusto della scoperta (e mi raccomando: guardatelo fino in fondo, compresi i titoli di coda).
Poi due libri: “Sposati e sii sottomessa” e “Sposala e muori per lei” di Costanza Miriano. I libri sulle donne più rivoluzionari e più audaci che ci siano in commercio. Un inno alla femminilità (udite, udite!), un inno al nostro genio, meravigliosamente diverso da quello dei maschi.
Incontrerete non donne “contro” ma donne “per”. Era ora.
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