Cosa ho visto e sentito alla “Festa delle famiglie”
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
Non ero mai andato a manifestazioni come il Family Day, che coinvolgono moltitudini di persone, essendo piuttosto scettico sul loro valore.
Il mio istinto le associa al concetto di “stadio” o di “concerto rock” seppure in versione cattolica: non sono tifoso e amo la musica classica.
Ci sono comunque andato, sabato con tutta la famiglia, ed è stata per me una bella sorpresa.
Ho visto innanzi tutto tantissima gente di buona volontà, e tutta insieme in una volta sola: partecipanti, volontari, protezione civile, carabinieri a riposo...
Questa visione è, già da sola, un gran bene per l’anima: le folle spesso si associano a situazioni anonime, consumiste, tristi o per nulla edificanti: il traffico, l’apertura dei saldi, il panico di un cataclisma, la rabbia e la violenza nelle piazze. Tutta questa gente invece era lì perché aveva volontà di partecipare e tutti per lo stesso motivo: dire il proprio grazie per la famiglia.
Ho poi visto tante persone diversissime che pregavano tutte lo stesso Signore. Accanto a me una mamma di origine straniera, a metà pomeriggio, si è messa in silenzio in ginocchio e ha recitato il Rosario quotidiano. Intorno a lei altre persone intanto parlavano, mangiavano, cantavano... Non ho resistito alla tentazione di scattarle - con discrezione - una foto per mio ricordo. Desidero ringraziare questa mamma sconosciuta per la silenziosa testimonianza di fede, senza discorsi e senza teologia. A questo punto anche il gruppo di cui facevamo parte si è messo a recitarlo. Non conosco il nome di nessuna di queste persone e probabilmente non le rivedrò più. Ma abbiamo pregato tutti insieme la stessa preghiera.
Dalla parte opposta del nostro settore un gruppo ha innalzato una enorme bandiera di una Madonna con Bambino. Ho deciso di andare a chieder loro chi erano e mi hanno spiegato che si trattava di un gruppo casuale composto tutto di neocatecumenali di nazioni diverse che si erano trovati e riconosciuti e cantavano assieme. Mai si erano visti tra di loro prima d’oggi ma si sono incontrati sotto la “Madonna del Cammino”.
Ai microfoni si sono avvicendate varie coppie con varie testimonianze di vicende familiari. Una è stata particolarmente toccante e ha catalizzato l’attenzione di tutti i presenti. Si trattava di due sposi che hanno raccontato di essersi fatti del male per 23 anni. Lui poi incontra il Signore andando controvoglia a un incontro di un gruppo religioso. Capisce d’essere amato da Dio e, litigando con il proprio avvocato, dichiara che darà alla ex-moglie tutto quello che lei chiede senza pretendere nulla in cambio. La coppia si riunisce e il divorzio fallisce. Credo che moltissimi mariti e moltissime mogli presenti abbiano visto passare come in un lampo tutti i loro piccoli o grandi problemi di relazione.
Il Papa, tra le varie cose, ha spiegato una cosa utilissima al mondo dei non-ancora-sposati: sull’altare non viene chiesto di confermare se “si è innamorati” ma se “si vuole formare una famiglia”. Un tempo il matrimonio era essenzialmente un contratto deciso dai parenti. Poi si è valorizzato sempre più (e giustamente) il sentimento. Ma non è il sentimento che fa la famiglia: lo dimostrano le tante unioni che falliscono anche se fondate, all’inizio, su sentimenti ed emozioni fortissime. La famiglia è un atto di volontà e di fiducia nell’amore di Dio.
Qualche appunto devo però fare alla regia audio e video. Innanzi tutto il sonoro era spesso troppo basso e non teneva in conto che alcune delle persone sul palco non sono abituate a usare un microfono. Almeno un paio di testimonianze sono andate perdute a causa del cattivo audio. Poi vorrei caldamente invitare a sfruttare gli schermi per scrivere le traduzioni in almeno altre due lingue diverse da quella usata da chi parla in quel momento. La testimonianza in inglese non è stata recepita se non da pochissimi. Quando poi il Papa ha intonato il Pater Noster in latino, sarebbe stato bellissimo che 400.000 persone avessero potuto cantarlo leggendo le parole sugli schermi. La melodia è nota a tutti ma il testo latino, anche di preghiere semplici, è ormai appannaggio di pochissimi. I maxi-schermi devono essere anzitutto un ausilio alla partecipazione più che alla coreografia. Quindi usate i sottotitoli! Questo discorso vale anche per la diretta televisiva: invece di un cronista che si sovrappone a chi sta parlando o, peggio, rovina un bellissimo canto con un commento non necessario, usate i testi in sovrimpressione: sono utili e non invasivi.
Bella esperienza davvero.