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Famiglia, non famiglie, caro Pisapia...

Fonte:
CulturaCattolica.it
«Il vincitore è colui che combatte seriamente. Ogni battaglia combattuta per il Signore viene da Lui già valutata come una vittoria. E se uno combatte con umiltà non cadrà, infatti in tal caso anche le piccole e momentanee sconfitte vengono utilizzate dal Signore per rinvigorirlo. Il combattimento sincero per il cristiano è già una vittoria, il Signore accoglie nel suo amore il nostro tentativo di amare.»
(Adrienne von Speyr, L’Apocalisse. Meditazione sulla rivelazione nascosta)

La vaghezza di chi cerca il consenso
Credo che tanti cattolici sedicenti “adulti” abbiano dato fondo alle scorte di gastroprotettori, ai farmaci antiacidi, tra venerdì e oggi. Chissà che qualcuno di questi non abbia deciso finalmente di intraprendere la carriera circense (sì, “circense”: del circo. Non “cistercense”. Non è un refuso). Abili come sono stati finora a dar spettacolo come equilibristi, avrebbero, sotto il tendone, un futuro assicurato.
Benedetto XVI, che non è il conferenziere Pinco Pallino, ma il Vicario di Cristo, parlando alle autorità di Milano (ma le sue riflessioni evidentemente sono rivolte a tutti coloro che a vario titolo si occupano di “politica”) ha messo ancora una volta in chiaro un bel po’ di cosette, sottolineando come «dovrebbe crescere il senso di responsabilità in tutti i partiti, che non promettano cose che non possono realizzare, che non cerchino solo voti per sé ma siano responsabili per il bene di tutti e che si capisca che politica è sempre anche responsabilità umana, morale davanti a Dio e agli uomini».
Chissà, allora, se l’han capito, i politici, che chi cerca l’audience e il consenso finisce col dire tutto e il contrario di tutto e cioè… niente! E’ quello che è successo a Pisapia, il primo giugno.
Che tristezza! Provate a immaginare: doveva parlare a tutta la città perché è sindaco di tutti, ma voleva anche lanciare messaggi criptati ai “suoi” che lo stavano osservando, ed è gente – quella – che se sgarri non perdona. Doveva, per l’incarico istituzionale che ricopre, accogliere il Papa che nella sua testa (e nel suo cuore) conta meno del due di briscola, e mentre i compagni di partito e di laicismo davanti alla tivù di casa sghignazzavano, gli è toccato anche fingere di avere piacere di incontrarlo. Sapeva che Milano era sotto lo sguardo del mondo e immaginate voi quanto deve essersi voltato e rivoltato nel letto e quante commissioni e sottocommissioni saranno state istituite affinché si partorisse un discorsetto “equilibrato”, e cioè… quella roba lì che ha detto in piazza Duomo.
Risultato? Il nulla. Un saluto di qua, un po’ di emozione di là, qualche apprezzamento a pioggia, l’elogio delle diversità, un accenno all’ottimismo che di questi tempi non guasta, la ricerca di parole comuni (accoglienza, responsabilità, servizio, unità, diritti, aggregazione…), che ciascuno, a seconda dell’orientamento, può declinare a modo suo, qualche sostantivo caro alla “sensibilità moderna”, come “rispetto dell’ambiente, dell’energia pulita, dello sviluppo sostenibile”, e, ciliegina, il solito richiamo al “messaggio rivoluzionario di Cristo” (che, nonostante ci fosse il Pontefice accanto, Pisapia deve aver confuso con Che Guevara).
Poi, però – mannaggia – quattro parole sulla “famiglia” tocca dirle: è il tema del VII incontro mondiale! Ecco il lampo di genio (di Pisapia o della sottocommissione della commissione): basta dire “le famiglie” e così si accontentano tutti. Qualcuno intenderà “femminile plurale” (la famiglia – le famiglie), i fedeli della parrocchia Pisapia leggeranno, cifrato, “guarda, caro Papa, che siamo di fronte al più grande cambiamento antropologico di tutti i tempi. ‘Le famiglie’ vuol dire che ci sono tanti tipi di famiglie che tu neanche te le immagini, e tutte per noi pari son”.
Chi ha voglia, vada a rileggerselo. Funambolico e anche un po’ fumoso, come discorsetto. L’insostenibile leggerezza del “nulla”. Che è ciò che esattamente si voleva.
Questa volta è toccata a Pisapia, dichiaratamente non credente. Ma ci fosse stato, al suo posto, un sindaco di quelli che son cattolici la domenica e camaleonti il resto della settimana, avrebbe fatto pari pari come lui, se voleva essere come lui includente e al passo con i tempi e con la “gender-mania”. Una strizzatina d’occhio di qua, una manciata di cerchiobottismo di là, parole calibrate, disponibilità al dialogo, al compromesso, agli incontri ravvicinati di primo secondo terzo quarto grado con avvitamento, ricerca delle convergenze parallele... Risultato? Lo stesso “nulla” che è stato il “nulla” del discorso di Pisapia. Del resto, già l’aveva detto mons. Albino Luciani, futuro Giovanni Paolo I: «La legge di Dio non può essere decisa dalla maggioranza». Tanto difficile da capire???

La chiarezza del Vicario di Cristo
Il discorso del Papa, “Pastore della Chiesa universale”, è stata… tutta un’altra storia.
Per averlo sentito, l’han sentito (anche i cattolici “adulti”). Per essere stato chiaro, è stato chiaro, anzi chiarissimo. Chissà, allora, se è stato recepito, imparato e fatto proprio, il messaggio che da Milano è arrivato al mondo intero!
Leggete questa: «Nel suo commento al Vangelo di Luca, sant’Ambrogio ricorda che “l’istituzione del potere deriva così bene da Dio, che colui che lo esercita è lui stesso ministro di Dio” (Expositio Evangelii secundum Lucam, IV, 29). Tali parole potrebbero sembrare strane agli uomini del terzo millennio, eppure esse indicano chiaramente una verità centrale sulla persona umana, che è solido fondamento della convivenza sociale: nessun potere dell’uomo può considerarsi divino, quindi nessun uomo è padrone di un altro uomo».
E ancora: «La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti.
D’altra parte, nella misura in cui viene superata la concezione di uno Stato confessionale, appare chiaro, in ogni caso, che le sue leggi debbono trovare giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana, superando una concezione meramente positivista dalla quale non possono derivare indicazioni che siano, in qualche modo, di carattere etico (cfr Discorso al Parlamento Tedesco, 22 settembre 2011). Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia. Lo Stato è chiamato a riconoscere l’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società».
Repetita iuvant per i duri di comprendonio: i sacerdoti, i politici e i cattolici “adulti”, anzi “arciadulti” (“adulterrimi”?), che san sempre una pagina più del Libro e due o tre più del Vicario di quel Cristo in cui dicono di credere (?): la vita è sacra dal concepimento alla morte naturale ed è valore non negoziabile, così come la famiglia (e non “le famiglie” variamente e fantasiosamente intese), così come l’educazione. Punto. Dopo, ma solo dopo, viene tutto il resto.
Le parole del Papa non sono “polisemiche”. Vogliono dire esattamente quel che dicono. Ergo, un caro saluto e un in bocca al lupo ai politici sedicenti cattolici che, perdutamente innamorati del funambolismo, decidessero di intraprendere la carriera circense, perché – almeno questo l’avran capito – «nessuno può servire due padroni».
Buon lavoro ai politici cattolici che, seguendo le parole del Santo Padre, riprenderanno il loro impegno con passione, al servizio del bene comune. La strada è segnata ed è la stessa da sempre. Se il gregge segue il suo pastore non si perderà.
«Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra: non ve n’è altro. Osserva dunque le sue leggi e i suoi comandi che oggi ti do, perché sia felice tu e i tuoi figli dopo di te e perché tu resti a lungo nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà per sempre». (Deuteronomio 4, 39-40)

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