Condividi:

Auguri a Castellucci

Fonte:
CulturaCattolica.it

Non ho mai pensato che fosse impossibile comunicare, e che dare ragioni – e riceverne – fosse una pratica inutile.
Apprendo dalla Rassegna Stampa quanto il regista Romeo Castellucci afferma riguardo al suo spettacolo: la sua non volontà di offendere la sensibilità religiosa di alcuno, il fatto che sul volto di Cristo non vengano gettate feci, la notizia che a Milano non ci saranno i giovanissimi a lanciare granate (giocattolo) sull’immagine del volto di Cristo.
Ritengo che resti discutibile la scelta di imbrattare il volto di Cristo, ancorché con inchiostro di china (e mi pare francamente un arrampicarsi sui vetri affermare che si tratta in qualche modo di “tutto l’inchiostro delle Sacre Scritture che pare sciogliersi di colpo”…).
Rimane la sostanza di uno spettacolo che, per fare riflettere sul dramma della condizione umana, sembra non dare luce né speranza. Dirà il regista che anche Cristo sulla croce ha gridato il suo «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?», e penso che questo grido drammatico, che risuona ancora in tutta la storia umana, del dolore, della solitudine, della morte, abbia bisogno di essere ascoltato con tutta la sua valenza, senza edulcorarlo o cancellarlo. Ritengo però che la bellezza, quella umana, sia chiamata a offrire/suggerire delle risposte.
L’arte deve anche sapere indicare una via di speranza all’uomo di oggi, all’uomo che ascolta con dolore la viltà del «pastore» [in questo caso un comandante di nave] di fronte alla tragedia tra l’altro pare da lui stesso provocata.
Non: «Tu NON sei il mio pastore» ma «Salvaci o Signore» dovrà essere il grido a quel Dio che ha voluto assumere un volto umano!
Ho già ricordato che, se in qualche modo il regista ha voluto cambiare il finale (come riconosce Ruth Shammah nel suo comunicato) significa sia che prima era quanto meno equivoco, sia che le diverse prese di posizione hanno avuto il loro giusto peso. Abnorme è la violenza, da qualunque parte provenga, e – come ha ricordato la Curia di Milano nel suo comunicato – possiamo pensare che la violenza (anche quella verbale) non è solo di chi contesta con forza.
Nella mia storia ho visto molte volte che il dare le proprie ragioni, difendendo la libertà di pensiero non a senso unico (ricordo le battaglie dell’allora Gioventù Studentesca nei confronti del Piccolo Teatro di Milano, l’opposizione alla Vita di Galileo di Bertold Brecht, la presa di posizione sulla libertà di educazione nella vicenda della Zanzara al Parini di Milano…) anche se questo ha significato andare contro corrente (quella corrente che aveva, allora come ora, in mano i mass-media) è la strada per poter vivere con dignità e per incontrare chi vive e pensa senza pregiudizi ideologici.
Chissà se anche il regista Castellucci, da questa vicenda, potrà imparare qualcosa! Glielo auguro di cuore.

Vai a "Ultime news"