Sul concetto di tolleranza che offende il volto di Dio

Fonte:
CulturaCattolica.it
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Uno spettacolo teatrale nella Milano da bere, che va in scena questi giorni, racconta del martirio dell’uomo moderno, dove un figlio è costretto ad accudire e pulire il padre incontinente e il racconto si dipana nel progressivo imbrattarsi di merda della scena. Alla fine, viene deturpato anche il volto di Gesù – una gigantografia dell’opera di Antonello da Messina – che campeggia sullo sfondo. Purtroppo il regista è un cesenate mio concittadino, Romeo Castellucci della Societas Raffaello Sanzio.
Su questo spettacolo è già stato detto molto. Molti giornali hanno parlato di libera espressione artistica e – viceversa – di cattolici integralisti o fondamentalisti che hanno criticato come blasfema l’opera teatrale.
Ora, vorrei ragionare sul fatto che questi commenti sottintendono un assunto che non capisco e comunque non condivido. Non capisco cioè per quale motivo chi sottolinea l’offesa al volto di Dio, tra i quali mi annovero, sarebbero integralisti e intolleranti. Vorrei quindi ragionare sul concetto di tolleranza.
Evidentemente c’è un sottile pensiero diffuso secondo il quale – se anche non si condivide lo spettacolo – tuttavia bisogna essere tolleranti, ossia accettarlo come una delle tante espressioni dell’animo umano, anche se ciò comporti una offesa alla fede.
Chi si oppone è intollerante e violento perché non permette al pensiero artistico di esprimersi liberamente.
Ora, non mi permetto di giudicare l’aspetto artistico dell’opera, anche perché non l’ho vista e non intendo vederla. E’ un fatto però che essa presenti nel proprio sviluppo un’offesa al volto di Dio. L’opera stessa si intitola Sul concetto di volto nel figlio di Dio e neppure il regista nega che questo volto nel finale venga deturpato. Egli precisa però che si tratterebbe del volto dell’uomo Gesù.
A questo punto, posso anche concedere il beneficio della buona fede a Castellucci, che peraltro conosco come proveniente da un humus giovanile cattolico e lui stesso afferma di esserlo e lamenta il fatto di essere stato male interpretato – ma non posso tacere il fatto che l’opera offende tutti quelli che hanno caro quel volto, che non è né solo umano, né solo divino.
Non credo affatto che la tolleranza possa arrivare a giustificare tutto, tantomeno situazioni che ledono la dignità umana e la fede di altre persone, né credo che quando ciò avvenga possa parlarsi di espressione artistica. Ci sono articoli del codice penale che puniscono l’offesa alla fede mediante vilipendio o danneggiamento di cose oggetto di culto. Essi rimangono ormai del tutto lettera morta. Sono inapplicati di fatto e nessuno si prende la briga di farli valere. Ma, al di là delle reazioni dell’ordinamento giuridico a un fatto sanzionabile, ciò che colpisce è l’indifferenza che pare regnare anche all’interno del mondo cattolico. Anch’esso pare adeguarsi all’orientamento generale di tacere il proprio disappunto e non criticare l’offesa ricevuta. Tanto che chi protesta è integralista.
Ciò detto, occorre chiedersi perché questo avvenga. Io ritengo che sia appunto per un falso e ipocrita concetto di tolleranza, che ha colpito la nostra società “sazia e soddisfatta” come l’ebbe a definire il cardinal Biffi (riferendosi alla nostra regione, ma il concetto è estendibile) e “indifferente”.
Il termine descrive un fatto, ossia la sopportazione di una situazione che dà fastidio. Oggi, invece, quel termine sembra aver acquistato un significato morale, è diventato termine etico, norma civile di azione per l’uomo, indica un comportamento da tenere nella società, un atteggiamento con cui porsi davanti alla realtà. Dobbiamo accettare tutto ciò che è diverso o che non condividiamo.
Alla luce dell’odierno pensiero relativista, si usa il concetto di tolleranza con grave mistificazione. Tutte le esperienze sono eguali e tutte indistintamente devono essere accettate dai cittadini, perché non sono ammesse differenziazioni o gerarchie di sorta. Tutte le espressioni umane hanno la medesima dignità e devono – appunto – essere tollerate.
Così è uguale rappresentare il Natale con il presepe oppure senza alcun simbolo che ricordi la nascita di Gesù, tanto – si dice – non è il numero di statuine che fa la fede e basta che la fede sia nei nostri cuori. Così è uguale se qualcuno in una rappresentazione teatrale deturpa il volto di Gesù, ciò non scuote la fede che è nei nostri cuori e noi andiamo avanti per la nostra strada e tolleriamo chi percorre altre strade.
Proseguendo per questa via nulla più vale la pena di salvare, non esistono più esperienze significative che vale la pena salvaguardare e proporre agli altri come ipotesi su cui basare la propria vita e la propria speranza.
Non capisco perché, in omaggio al nuovo totem della tolleranza, si debbano nascondere le offese alla fede cattolica.
La tolleranza non è di per sé un valore positivo, perché non si possono tollerare situazioni che ledono la dignità umana e offendono le altre persone, specie nell’esercizio della loro libertà religiosa, che costituisce l’aspetto più qualificante dell’essere uomini.
Rispettare il prossimo non significa tollerarne i comportamenti e le scelte. Non significa che io debba approvare i primi né che debba accondiscendere alle seconde. Non significa neppure che io debba permettere esperienze negative per l’uomo. Proprio per il rispetto che si porta alla persona altrui, se ne possono paragonare le scelte rispetto alle esperienze fondamentali in grado di valorizzare e qualificare ogni aspetto dell’umanità, nessuno escluso. E si pongono contrastare, quelle scelte altrui. E si possono fare, invece, scelte che impegnano la comunità in senso contrario a essa, se quest’ultima sia ingiusta o tale da danneggiare sé o altri.
L’organizzazione stessa di una vita in comune richiede sempre questo paragone tra la singola volontà espressa e la protezione della dignità di tutte le persone, anche di quelle più piccole o indifese, secondo una rete di protezione valoriale che alla fine rappresenta l’identità stessa di un popolo e di una nazione.
Spesso il concetto di tolleranza viene invece utilizzato per boicottare l’espressione della fede cattolica, così bisogna accettare di non festeggiare più il Natale nelle scuole, oppure evitare di usare in ambito pubblico simboli cristiani, è addirittura impensabile proporre una preghiera in locali scolastici; viceversa, bisogna tollerare che altri pongano in essere comportamenti lesivi del credo cattolico, di tal natura che in nessun altro caso sarebbero tollerabili.
E’ questo il caso dell’opera teatrale Sul concetto del volto nel figlio di Dio.
E se si osa dire qualcosa… si è cattolici intolleranti!