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Un esperanto senza speranza

Fonte:
CulturaCattolica.it

George Orwell parlava di neo-lingua, cioè del tentativo del potere, nemico dell’uomo, di dare alle parole più vere e più sacre della vita un significato contrario a quello che il cuore dell’uomo ha sempre loro attribuito.
«Condannati a vivere, libertà di morire, pietà per la morte, cinismo di fronte alla strenua difesa della vita»: i mezzi di comunicazione sono ormai stracolmi di simili affermazioni contraddittorie.
Del resto è storia vecchia: più di 4000 anni fa a Babele si architettava la stessa cosa. Ciò nonostante, ogni volta, l’uomo è miope di fronte a certe devianze. Anche per questo la Chiesa, all’inizio di ogni anno liturgico, durante il periodo di avvento, pone ad esempio della vita dei cristiani Giovanni il Battista, il più grande fra i profeti.
Sì, profeta, nel senso greco di pro-fétes, di colui che indica presente ciò che è già nascostamente in atto nella storia. Il Battista ha additato ai suoi contemporanei Colui che veramente compie l’eugenetica dell’umanità. Colui che rende veramente buona ogni nascita, perché certa di un compimento di bene.
Ogni tempo ha i suoi profeti. Abbiamo recentemente visto un documentario sulla vita di uno che fu, davvero, un Battista per la sua generazione. Un vescovo-profeta tanto grande quanto sconosciuto ai più: Clemens August von Galen.
Di fronte all’avvento del Führer, egli fu tra i primi a riconoscerlo come verführer (cioè come seduttore, anticristo. (Nel 1933 in una trasmissione radiofonica Dietrich Bonhoeffer definisce Hitler non un führer (conduttore) ma un verfüher (seduttore). La trasmissione viene subito interrotta).
Prima che un’operazione dispotica di potere dalla connotazione politica, quella di Hitler fu un’operazione culturale tesa a modificare le coscienze.
La eugenetica di stampo hitleriano fece leva sulla conservazione della razza tedesca riconosciuta come ariana, e ideò pertanto un programma di valorizzazione della stessa (decretata come la sola degna dell’appellativo umano). Iniziò così lo sterminio dell’uomo disabile, o diversamente abile, o impotente in qualunque delle sue funzioni. Un’operazione che sollevò l’indignazione della Chiesa e che trovò, appunto, nel vescovo von Galen una delle voci più chiare e autorevoli. Il dramma della shoa, prima che essere un dramma antisemita fu un dramma antiumano. In questo contesto la Chiesa scatenò l’odio di Hitler, proprio per aver saputo smascherare in tempo reale la vera natura del progetto nazista.
Ora, come allora, la funzione profetica della Chiesa infastidisce. Nella predicazione hitleriana risuonavano parole a noi oggi tristemente familiari che, mentre pretendono di stare dalla parte dell’uomo, ne propugnano invece la autodistruzione. Se a quel tempo le idee hitleriane provenivano da un potere dichiaratamente dispotico, oggi queste stesse idee vengono sbandierate come segno di una più grande e più emancipata civiltà.
Dopo una fallace unità europea si vuole ora diffondere una neo-lingua che detti le coordinate valoriali della futura civiltà: un esperanto che odora di morte e di volontà di potere sull’uomo e sul suo mistero.
Le torri di Babele non sono passate di moda. Non interessa più raggiungere il Cielo ma testimoniare che il Cielo ormai è vuoto, occupato com’è dalle grossolane voci di un etere che sparge la sua nuova grammatica: strumentalizzare la morte e la vita, l’uomo e la donna per ridurre tutto a oggetto di consumo.

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