Tempo di vacanza
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

Il tempo della vacanza è un tempo importante ed estremamente delicato. Il recente fatto di cronaca dell’uccisione di Federica, in una delle più famose mete del divertimento giovanile in Spagna, ci costringe a riflettere. La vacanza, soprattutto per i giovani, coincide spesso col rifiuto di un minimo di impegno ragionevole, con il lasciarsi andare a un divertimento tanto istintivo quanto arido e vuoto. Ma il modo in cui impieghiamo il nostro tempo libero dice di noi stessi, delle nostre aspirazioni. Il tempo del riposo ha un valore ed è un valore, soprattutto perché ci ritroviamo sempre più frequentemente affaticati dal peso di una quotidianità vissuta in fretta. Se c’è qualcosa di cui non siamo evidentemente padroni è proprio il tempo, eppure ne disponiamo senza criterio, rimandando, sprecando occasioni, ma soprattutto non riconoscendo la grazia del tempo che ci è donato perché la nostra vita si compia nel bene. Se il riposo è un valore significa che interpella la ragione, che richiede che lo affrontiamo consapevoli del nostro vero bisogno. Ciò che viene escluso dalla sfera di giudizio della ragione porta a un impoverimento, fino alla distruzione della dignità dell’uomo e della sua stessa vita. Viene da chiedersi cosa si gioca nel cuore di chi va all’avventura per il puro gusto di divertirsi. Credo che si tratti di un bisogno quasi disperato di felicità, disperato perché sembra non trovare risposta nella normalità della vita, nella fatica di tutti i giorni. Cesare Pavese, nei “Dialoghi con Leucò”, scriveva: “Ma la vita dell’uomo si svolge laggiù fra le case, nei campi. Davanti al fuoco e in un letto. E ogni giorno che spunta ti mette davanti la stessa fatica e la stessa mancanza. E’ un fastidio alla fine.” Come a dire: che serve fuggire lontano? la vita è ciò che ci “tocca” ogni giorno. “Il vivere che taglia le gambe”, proseguiva, “è lo sforzo di star vivi, d’ora in ora”. E’ questo sforzo di star vivi che oggi non si sopporta, che si cerca di soffocare nel divertimento sfrenato. Eppure il desiderio che la vita sia felice, è nobile, giusto. Occorre orientarlo, giudicarlo. Benedetto XVI, nell’Angelus del 22 giugno, ha parlato di forma di paura oggi diffusa che sconfina a volte nell’angoscia: essa nasce da un senso di vuoto, legato a una certa cultura permeata da diffuso nichilismo teorico e pratico, una forma di paura di tipo esistenziale. Ma chi teme Dio non ha paura, dice il Papa citando le Scritture, il timore, “il principio della vera sapienza”, coincide con la fede in Lui, con il sacro rispetto per la sua autorità sulla vita e sul mondo. Essere “senza timor di Dio” equivale a mettersi al suo posto, a sentirsi padroni del bene e del male, della vita e della morte. Invece chi teme Dio avverte in sé la sicurezza che ha il bambino in braccio a sua madre”. Allora, nel tempo del riposo, la nostra coscienza vigili, coltivi “l’intimità con Dio”. Godere del riposo, della bellezza dei luoghi dove andremo in vacanza, sarà più vero nella misura in cui faremo memoria che chi salva ciò che amiamo, ciò che desideriamo, chi ci libera dalla paura, è Gesù Cristo, il Figlio di Dio morto e risorto per noi perché potessimo vivere per sempre. A Lu rivolgiamo il nostro cuore. Viviamo il tempo alla presenza di Dio, consapevoli che Egli ci è compagno nella compagnia della Chiesa.