Sporcarsi le mani
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E così Papa Benedetto XVI è sparito dalla classifica dei “Top 100” del 2008 della rivista americana “Time”. Queste “Hit parade” dell’influenza globale sono in verità molto discutibili, anche se vorrebbero mettere in rilievo “i cento uomini e donne il cui potere, il cui talento o il cui esempio morale stanno trasformando il mondo”: i criteri di compilazione, modellati su percezioni del lettore americano medio, oscillano tra la misura della popolarità dei personaggi in questione, e soggettivismi senza appello, che mescolano campionesse del golf, attricette quindicenni e calciatori a leader politici e capitani d’industria. Bene ha fatto Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, dopo una prima reazione di sconcerto del direttore de “L’Osservatore romano”, a puntualizzare:
“Mi fa molto piacere che il Papa non ci sia perché sono stati utilizzati criteri assolutamente estranei a valutazioni sull’autorità religiosa e morale del pontefice”. Troppo eterogenee le caratteristiche dei personaggi inserite nella lista, “per questo - ha continuato Lombardi - trovo positivo non confondere il tipo di autorità e di servizio del Papa con altri criteri di carattere mondano”.
Il cristiano sa bene che “non è il mondo che giudica la fede, ma è la fede che giudica il mondo”, per cui nessun elogio mondano, nessun applausometro o indice di gradimento possono stabilire la portata storica di un pontificato o il valore di una testimonianza.
Altro sarebbe teorizzare l’insignificanza, la separatezza della fede rispetto alla vita, la sua sostanziale inutilità rispetto al “mondo che conta”. Il cristiano - lucerna che deve stare non sotto il moggio ma sul candelabro - è chiamato ad immischiarsi attivamente con la vicenda umana, che è tutta storia sacra. Lo diceva anche il grande Card. John Henry Newman:
«Strettamente parlando la Chiesa cristiana, come società visibile, è necessariamente una potenza politica o un partito. Può essere un partito trionfante o perseguitato, ma deve avere le caratteristiche di un partito che ha la priorità nell’esistere rispetto alle istituzioni civili che lo circondano, e che è dotato, per il suo latente carattere divino, di enorme forza di influenza fino alla fine dei tempi... I cristiani non osservano il proprio dovere, e divengono politici in senso offensivo... non quando si comportano come partito, ma quando si dividono in molti partiti. I credenti della Chiesa primitiva non interferirono negli atti di governo civile semplicemente perché, privi di diritti civili, non potevano agire legalmente. Ma il caso è diverso quando essi godono di diritti. Allora si può parlare di spirito secolare, non nel caso in cui essi usano tali diritti, ma qualora se ne servano per fini diversi da quelli per cui furono loro concessi...
Dal momento che è diffusa l’errata opinione che i cristiani, e specialmente il clero in quanto tale, non abbiano nessuna relazione con gli affari temporali, è opportuno cogliere ogni occasione per negare formalmente tale posizione e per domandarne le prove. È vero invece che la Chiesa è strutturata al fine specifico di occuparsi o (come direbbero i non credenti) di immischiarsi del mondo. I membri di essa non fanno che il loro dovere quando si associano fra di loro, e quando tale coesione interna viene usata per combattere all’esterno lo spirito del male, alle corti dei re o tra le varie moltitudini. E se essi non possono ottenere di più, possono almeno soffrire per la verità e tenere desto il ricordo, infliggendo agli uomini il compito di perseguitarli». (J. H. Newman, Gli Ariani del IV secolo, Jaca Book-Morcelliana, Milano-Brescia 1981, pp. 188 ss.). Quale sia la reale portata di tale presenza nel mondo è stato spiegato da Papa Benedetto XVI stesso nella sua omelia allo “Yankee Stadium” di New York il 20 aprile 2008: “In questa terra di libertà religiosa i cattolici hanno trovato non soltanto la libertà di praticare la propria fede ma anche di partecipare pienamente alla vita civile, recando con sé le proprie convinzioni morali nella pubblica arena, cooperando con i vicini nel forgiare una vibrante società democratica. La celebrazione odierna è più che un’occasione di gratitudine per le grazie ricevute: è un richiamo a proseguire in avanti con ferma determinazione ad usare saggiamente delle benedizioni della libertà, per edificare un futuro di speranza per le generazioni future... Pregare con fervore per la venuta del Regno significa essere costantemente all’erta per i segni della sua presenza, operando per la sua crescita in ogni settore della società. Vuol dire affrontare le sfide del presente e del futuro fiduciosi nella vittoria di Cristo ed impegnandosi per l’avanzamento del suo Regno. Significa superare ogni separazione tra fede e vita, opponendosi ai falsi vangeli di libertà e di felicità. Vuol dire inoltre respingere la falsa dicotomia tra fede e vita politica, poiché come ha affermato il Concilio Vaticano II, “nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al dominio di Dio” (Lumen gentium, 36). Ciò vuol dire agire per arricchire la società e la cultura americane della bellezza e della verità del Vangelo, mai perdendo di vista quella grande speranza che dà significato e valore a tutte le altre speranze che ispirano la nostra vita”.
“Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede” (1 Gv 5,4).