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La sfida americana

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
L’incontro con la Persona del Risorto è la via, la verità, la vita: prendiamolo in parola!

«Gesù dice ai suoi Apostoli di riporre la loro fede in lui, poiché egli è “la via, la verità, la vita” (Gv 14,6). Cristo è la via che conduce al Padre, la verità che dà significato all’umana esistenza, e la sorgente di quella vita che è gioia eterna con tutti i Santi nel Regno dei cieli. Prendiamo il Signore in parola! Rinnoviamo la fede in lui e mettiamo ogni nostra speranza nelle sue promesse!
Con questo incoraggiamento a perseverare nella fede di Pietro (Lc 22,32; Mt 16,17), vi saluto tutti con grande affetto. La celebrazione odierna è un segno della crescita impressionante che Dio ha concesso alla Chiesa del vostro Paese nei trascorsi duecento anni. Da piccolo gregge la Chiesa in America è stata edificata nella fedeltà ai due comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo. In questa terra di libertà e di opportunità, la Chiesa ha unito greggi molto diversi nella professione di fede e, attraverso le sue molte opere educative, caritative e sociali, ha contribuito in modo significativo anche alla crescita della società americana nel suo insieme.
Questo grande risultato non è stato senza sfide» [Benedetto XVI, Omelia del 20 aprile 2008]. Il Papa le ha quindi enumerate.

L’unità della Chiesa non ha altro fondamento se non quello della Parola di Dio, divenuta carne in Cristo Gesù nostro Signore
Benedetto XVI, nell’Omelia a Yankee Stadium, Bronx, New York, davanti a 60 mila persone provenienti da 50 Stati dell’Unione con vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate ha rilevato la comunione nella fede cattolica giunta in continuità dagli Apostoli e le sfide affrontate nel percorso di 200 anni, prima fra tutte quella analoga alle origini del cristianesimo e descritta dagli Atti degli Apostoli cioè le tensioni linguistiche e culturali all’interno della primitiva comunità ecclesiale. Allora e nei duecento anni del percorso in America si documenta la potenza della Parola di Dio, proclamata autorevolmente dagli Apostoli e ricevuta nella fede, per creare un’unità capace di trascendere le divisioni provenienti da limiti e dalle debolezze umane. Emerge una verità fondamentale: l’unità della Chiesa non ha altro fondamento se non quello della Parola di Dio, divenuta carne in Cristo Gesù nostro Signore, che Risorto continua a farla risuonare e a renderla sacramentalmente attuale soprattutto e in modo fontale nella Liturgia per tutti e per tutto. Tutti i segni esterni di identità, tutte le strutture, associazioni o programmi, per quanto validi o addirittura essenziali possano essere, esistono in ultima analisi soltanto per sostenere e promuovere la più profonda unità la quale, in Cristo, è in continuità dono indefettibile di Dio alla sua Chiesa. Quest’unità profonda si manifesta sacramentalmente visibile negli Apostoli, che Cristo ha scelto e costituito come testimoni della sua risurrezione e dall’incontro ecclesialmente continuo con Lui risorto ed è garantita da ciò che la Scrittura chiama “l’obbedienza ella fede” (Rm 1,5; At 6,7).

“Autorità”… “obbedienza”
Ad essere franchi, queste non sono parole facili da pronunciare oggi. Parole come queste rappresentano una “pietra d’inciampo” per molti nostri contemporanei, specie in una società che giustamente dà grande valore alla libertà personale. Eppure, alla luce conoscitiva soprattutto, pur in connubio con la ragione, della nostra fede nell’incontro continuo con la Persona di Gesù Cristo – “la via (attraverso quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme), la verità, la vita – arriviamo a vedere il senso più pieno, il valore e addirittura la bellezza di tali parole. Il Vangelo ci insegna la vera libertà che accade cogliendo l’evidenza della realtà in tutti gli ambiti o verità, quindi la libertà dei figli di Dio nel dipendere autonomamente e che può essere trovata nell’io e non più io o perdita di sé in solitudine che è parte costitutiva del mistero o via divino – umana dell’amore. Solo perdendo noi stessi in solitudine, il Signore ci dice, ritroviamo veramente noi stessi in comunione (Lc 17,33). La vera libertà fiorisce quando ci allontaniamo dalla solitudine infernale del peccato (vivere nell’odio per il proprio e altrui essere dono del Donatore divino), che annebbia le nostre percezioni e indebolisce la nostra determinazione come se la distruzione del bene fosse irrevocabile, e rivede la fonte della nostra felicità definitiva in Lui, che è amore infinito fino al perdono, la libertà infinita, la vita veramente vita senza fine, perché l’amore non muore mai. “Nella sua volontà vi è la nostra pace”.

La vera libertà è un dono gratuito di Dio, il frutto della conversione alla sua verità, quella verità che ci rende liberi (Gv 8,32)
E tale libertà nella verità porta nella sua scia un nuovo e liberante modo di guardare la realtà. Quando ci poniamo nel “pensiero di Cristo” (Fil 2,5), ci si aprono nuovo orizzonti! Alla luce della fede, dentro la comunione della Chiesa, troviamo anche l’ispirazione e la forza per diventare lievito del Vangelo in questo mondo. Diventiamo luce del mondo, sale della terra (Mt 5,13-14), a cui è affidato l’“apostolato” di confermare le nostre vite ed i mondi in cui viviamo sempre più nel piano salvifico di Dio dove la morte non ha più l’ultima parola, non è la fine di tutto, ma, redenta dal lasciarsi uccidere di Cristo per amore come il chicco di grano che muore, può essere il passaggio alla gioia della vita senza fine. Morendo al nostro egoismo, rifiutando di chiuderci in noi stessi e facendo della verità del nostro essere dono del Donatore divino, anzi perdono, dono a Dio e ai fratelli, possiamo conoscere la fecondità dell’amore, soprattutto dell’amore che perdona e quindi della vita veramente vita divino - umana già eterna perché l’amore che viene già ora da Dio non muore.

Cristo, risorto dai morti, è la pietra d’angolo di un grande tempio che viene edificato ancora oggi nello Spirito, il suo corpo che è la Chiesa
La visione magnifica di un mondo trasformato dalla verità liberante del Vangelo è riflessa nella descrizione della Chiesa che Pietro nella prima lettera in 2,5 presenta. L’Apostolo ci dice che Cristo, risorto dai morti, è la pietra d’angolo di una grande tempio che viene edificato ancora oggi nello Spirito del Risorto che incontriamo e accogliamo, lasciandoci assimilare a Lui. E, noi membra del suo corpo, mediante il battesimo siamo diventati “pietre vive” di quel tempio, partecipando per grazia alla vita di amore di Dio, e resi capaci di offrire sacrifici spirituali piacevoli a lui. Qual è questa offerta che siamo chiamati a fare, se non quella di rivolgere ogni pensiero, parola o atto alla verità del Vangelo e porre ogni nostra energia al servizio del Regno di Dio? Solo così possiamo costruire con Dio, sul fondamento che Cristo (1 Cor 3,11). Solo così possiamo edificare qualcosa che sia realmente durevole. Solo così la nostra vita trova il significato ultimo e porta frutti duraturi.

Duecento anni di un lavacro nella storia della Chiesa negli Stati Uniti
In questi duecento anni il volto della comunità cattolica negli Stati Uniti è grandemente cambiato. Ci sono state ondate successive di migranti le cui condizioni hanno così grandemente arricchito la Chiesa in America. Una fede forte ha edificato la rete di chiese, di istituzioni educative, di salute e sociali che da lungo tempo sono il marchio distintivo della Chiesa negli Stati Uniti. Occorre ricordare anche quegli innumerevoli padri e a quelle madri che hanno trasmesso la fede ai figli, il ministero quotidiano di molti sacerdoti che hanno speso la propria vita nella cura delle anime, il contributo incalcolabile di numerosi consacrati e consacrate, i quali non solo hanno insegnato ai bimbi a leggere e a scrivere, ma hanno ispirato in loro il desiderio di tutta la vita di conoscere Dio, di amarlo e di servirlo. Quanti “sacrifici spirituali graditi a Dio” dono stati offerti nei trascorsi due secoli! In una terra di libertà religiosa i cattolici hanno trovato non soltanto la libertà di praticare la propria fede ma anche di partecipare pienamente alla vita civile, recando con sé la proprie convinzioni morali nella pubblica arena, cooperando con i vicini nel forgiare una vibrante società democratica. La celebrazione del 20 aprile è più che un’occasione di gratitudine per le grazie ricevute: è un richiamo a proseguire in avanti con ferma determinazione ad usare saggiamente delle benedizioni della liberà, per edificare un futuro di speranza per le generazioni future. “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui” (1 Pt 2,9). Per il Papa l’annuncio di queste parole sono una sfida ad esaminare le coscienze, a purificare i cuori, a rinnovare l’impegno battesimale a respingere satana e tutte le sue vuote promesse. Sfidano ad essere un popolo della gioia, araldi della speranza che non perisce (Rm 5,5) nata dalla fede nella Parola di Dio e dalla fiducia nelle sue promesse.

Nuovi “luoghi di speranza” (Spe salvi, 32 ss) in cui il regno di Dio si fa presente in tutta la sua potenza salvifica, respingendo la dicotomia anche tra fede e vita politica
Ogni giorno in questa terra si prega il Padre con le parole stesse del Signore: “Venga il tuo Regno”. Tale preghiera deve forgiare la mente e il cuore di ogni cristiano. Deve portare frutto nel modo di vivere l’esistenza e nella maniera di costruire la famiglia e la comunità e creare nuovi “luoghi di speranza” (Spe salvi, 32 ss) in cui il regno di Dio si fa presente in tutta la sua potenza salvifica.
Pregare con fervore per la venuta del Regno significa essere costantemente all’erta per i segni della sua presenza, operando per la sua crescita in ogni settore della società. Vuol dire affrontare le sfide del presente e del futuro fiduciosi nella vittoria di Cristo ed impegnandosi per l’avanzamento della Signoria di Dio. Questo significa non perdere la fiducia di fronte a resistenze, avversità e scandali. Significa superare ogni separazione tra fede e vita, opponendosi ai falsi vangeli di libertà e felicità. Vuol dire inoltre respingere la falsa dicotomia tra fede e politica, poiché come ha affermato il Concilio Vaticano II, “nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al dominio di Dio” (Lumen gentium, 36). Ciò vuol dire agire per arricchire la società e la cultura americane della bellezza e della verità del Vangelo, mai perdendo di vista quella grande speranza che dà significato e valore a tutte le altre speranze che ispirano la nostra vita.
E il Papa ha chiesto un’ultima sfida, seguendo con fedeltà le orme di quanti hanno lavorato in questi duecento anni: “Affrettate la venuta del Regno di Dio in questa terra! Le passate generazioni vi hanno lasciato un’eredità straordinaria. Anche ai nostri giorni la comunità cattolica di questa Nazione è stata grande nella testimonianza profetica in difesa della vita, nell’educazione dei giovani, nella cura dei poveri, dei malati e dei forestieri tra voi. Su queste solide basi il futuro della Chiesa in America deve anche oggi iniziare a sorgere”.

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