La missione come se la Verità contasse qualcosa
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“Come rassegnarsi ad essere una biglia in un sacco, un sassolino che cade? Per me la libertà era indispensabile. Se non arrivavo a percepire il mistero della mia presenza qui, in questo corpo, preferivo distruggermi. Mi apparve rapidamente come questo cammino fosse il punto culminante degli sforzi umani e come tutto dovesse essere sacrificato alla sua riuscita. Non si trattava di fare il tal lavoro, di avere la tal famiglia e inoltre cercare il senso della vita. Bisognava subordinare tutto a questa ricerca” (C. Michel, Alla ricerca del significato, Jaca Book 1972).
Queste frasi tratte alla autobiografia di Claude Michel testimoniano inequivocabilmente la tensione insopprimibile dell’uomo alla Verità. Ci ripugna l’odiosa menzogna e ci mette a disagio l’indistinta nebbia in cui “tutte le vacche sono uguali”, per dirla con l’antico filosofo. Ma da qualche tempo - contrordine compagni! - sembra che della Verità non ci si possa più occupare, “e poi chi sei tu, che pretesa hai, di avere la Verità in tasca?”. Così il relativismo dominante finisce per convincerci che proporre ad altri ciò che si ritiene vero per sé stessi sia un attentato alla libertà altrui. Tanto più che - si dice - ognuno può salvarsi nella propria verità, nella propria fede; perché turbare chi vive un’esperienza diversa dalla nostra? A questi dubbi ed interrogativi ha risposto lo scorso 3 dicembre 2007 una “Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione”, a cura della Congregazione
per la Dottrina della Fede, sviluppando con mirabile chiarezza i vari livelli della missione, e ripercorrendo testi fondamentali di Giovanni Paolo II, come la “Redemptoris missio” e la “Fides et ratio”. Non possono che riecheggiare con commozione le parole dette da Papa Wojtyla al movimento di CL, nel trentesimo della sua fondazione: “Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace che si incontrano in Cristo Redentore”: come diceva don Giussani “la forza missionaria della Chiesa è innanzitutto nella potenza della sua unità e del fascino che ne fa sentire all’intorno” (Appunti di metodo cristiano). Nel deserto dell’uomo moderno, nella “vita nell’oscurità, senza la verità circa le ultime questioni, spesso all’origine di sofferenze e di schiavitù talvolta drammatiche” (Nota... n.7), la passione di condurre tutta l’umanità a Cristo nella Chiesa “non è l’estensione di un gruppo di potere, ma l’ingresso nella rete di amicizia con Cristo che collega cielo e terra, continenti ed epoche diverse” (Nota... n. 9). La gente di CL ha comunque preso sul serio l’invito del Papa, ed ora è presente in oltre 70 paesi del mondo. Un recente documentario, “Il vento di Dio”, a cura della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, racconta alcuni esiti e frutti miracolosi di questa missione. Dalla Siberia al Paraguay, da Taiwan al Kenia la voce di chi ha incontrato i giovani missionari di Mons. Camisasca risuona unanime: “Da quando vi abbiamo conosciuto si è aperto per noi il Paradiso in terra”. “Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con Lui”, diceva Benedetto XVI all’inizio del suo Pontificato. E don Giussani: “Il centuplo è la riuscita vera, che inizia già in questo mondo, e si compie nell’eterno”. Per questo la missione non è altro, per usare una felice immagine, che lo straripare di una letizia incontenibile, come “la schiuma della birra” che trabocca così, per abbondanza.