La «civilissima Gran Bretagna»?
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Sasso nella piccionaia o ritornello delle cose già sapute? Quanto affermato dal Ministro della Pubblica istruzione ha sollevato il solito vespaio di commenti, proposte, suggerimenti. Si va dalla senatrice dei Radicali Donatella Poretti, la quale afferma che è giusto rivedere i programmi dell’ora di religione «purché sia chiaro che si deve passare dall’abolizione dell’esistente. Oggi nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici», alle affermazioni della CEI che per bocca di Mons. Ambrosio dice: «È già cambiata la proposta dell’insegnamento della religione cattolica. Non è di certo una lezione di catechismo, bensì una introduzione a quei valori fondanti della nostra realtà culturale che trovano la propria radice nel cristianesimo».
Speriamo che questo insorgere di riflessioni sull’IRC non faccia dimenticare la sostanza del problema, e cioè il fatto che la scuola italiana deve diventare luogo dove la libertà di educazione ha una sua stabile dimora. Spesso chi è insorto in questi tempi contro l’IRC è tra coloro che hanno maggiormente ridotto la nostra scuola a cinghia di trasmissione di ideologie che nulla hanno a che fare con la nostra tradizione e civiltà. E purtroppo anche tra coloro che hanno ridotto la scuola a cinghia di trasmissione di posizioni culturalmente imposte. Un cantiere ove la libertà di pensiero è molte volte solo un lontano ricordo, optional obsoleto da rifiutare in nome della modernità.
Abbiamo poi letto la «ritrattazione» del Ministro. Egli racconta di aver incontrato, visitando tante scuole in tutta Italia, un’Italia multietnica e multiculturale. «Il nostro Paese è al centro di un Mediterraneo in tumultuosa evoluzione politica e spirituale, da sempre crocevia di fedi e popoli, che da qualche tempo cerca un diverso equilibrio tra di esse e tra di essi. Sono dinamiche – scrive il ministro – che ci toccano da vicino, mi sono detto guardando le nuove classi della scuola italiana, dove questo essere crocevia è divenuto infine realtà. Conoscere questo nuovo mondo, e cercare di capirne i processi di trasformazione mi sembra essenziale per i nuovi italiani tanto quanto saper far di conto, saper scrivere nella nostra bellissima lingua, conoscerne una straniera e avere una cultura civica e costituzionale pronta per la cittadinanza».
Poesia idilliaca, parole alate, commozione intensa. Ecco la sua conclusione: questa esigenza «non ha nulla a che fare né con un relativismo culturale in spregio alle nostre radici né con la riproposizione di un multiculturalismo così ideologico da essere stato accantonato anche nella civilissima Gran Bretagna dove fu per la prima volta introdotto».
A proposito della «civilissima Gran Bretagna» chiediamo al Ministro di informarsi su quello che lì realmente accade. Noi lo abbiamo scritto sul sito che – pur se con pochi mezzi – è tenace come il tafano di Socrate!
La «#civilissima #GranBretagna»? Riflettiamo sull'#Inghilterra! culturacattolica.it/?id=3&id_n=313…culturacattolica.it/default.asp?id…
— Gabriele Mangiarotti (@dongabriele) Settembre 27, 2012