Disertori o protagonisti?
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Una sera impietosa, sottozero, un vento gelido che spazza il cielo e ti regala una stellata mai vista. Sì, mai vista se un Tiberio qualunque non avesse suonato alla porta del Convento. Tiberio è uno dei tanti vagabondi, si distingue un poco solo per i suoi modi cortesi e lo sguardo sognatore. Davanti a un piatto caldo, al camino acceso e all’affabilità di cui lo abbiamo circondato diventa quasi socievole e si abbandona a ricordi e racconti. Mentre lo accompagniamo a un ricovero, in macchina, la conversazione scivola sulla sua condizione precaria, senza famiglia, né casa, né lavoro, né radici. Il labbro assume una piega amara: «Tutta colpa del governo!» dice. Restiamo sorpresi da questa affermazione perentoria e chiediamo il perché. Tiberio non aspettava altro: dalla bocca, prima impacciata, ora si srotola una serie di luoghi comuni sul governo ladro, collaborazionista con i più furbi ma lontano dalla giustizia. Si concede una pausa ma poi incalza, chiede scusa perché siamo anche noi religiosi, e spara a zero sulla Chiesa, sui preti, gente lontana dalla cruda realtà. Di nuovo però si arresta, ricorda quello che ci ha narrato un attimo prima: l’aiuto arrivato da quel prete, l’accoglienza certa che gli riservano in quella parrocchia e allora la conversazione giunge a un punto morto. Siamo giunti alla meta, lo salutiamo e la sua figura allampanata è rapidamente inghiottita dall’oscurità.
Rimaniamo soli a riflettere. In fondo le parole di questo nostro occasionale amico non sono diverse da quelle che si registrano dal benzinaio, al mercato, in posta. La sfiducia generale toglie il fiato, il disimpegno è la conseguenza logica. Dentro a questo quadro ci è venuto in mente quello che Diogneto scrive nella sua lettera: «A noi cristiani è dato un posto che non è possibile disertare». Già, noi cristiani non possiamo chiedere alla politica che ci indichi i campi d’azione o le opere da compiere, ma dobbiamo chiederle che, rispettando profondamente la sua natura, promuova e sostenga ciò che già esiste.
Lo sguardo penetrante del Papa, che ci ha trapassati in aula Nervi, come avrebbe avvolto Tiberio? L’annuncio instancabile di Benedetto XVI sull’avvenimento cristiano, che é incontro e non cultura o idea, come risponde realmente ai luoghi comuni del discorrere di Tiberio? Ci sembra che Diogneto sia quanto mai attuale. Noi cristiani non possiamo essere disertori e neppure è più possibile rimanere neutri. Ci è chiesta la responsabilità di una posizione chiara. Non una formula ci salverà nemmeno una formula politica, ma la capacità di essere protagonisti perché certi dell’opera di un Altro.
Scriveva il grande Eliot nei suoi Cori:
«In luoghi abbandonati / Noi costruiremo con mattoni nuovi / Vi sono mani e macchine / E argilla per nuovi mattoni / E calce per nuova calcina / Dove i mattoni sono caduti / Costruiremo con pietra nuova / Dove le travi sono marcite / Costruiremo con nuovo legname / Dove parole non sono pronunciate / Costruiremo con nuovo linguaggio / C’è un lavoro comune / Una Chiesa per tutti / E un impiego per ciascuno / Ognuno al suo lavoro».
[T. S. Eliot, Cori da «La Rocca»]
Sì, ognuno al suo lavoro, un lavoro che per noi cristiani è segnato dalla dottrina sociale della Chiesa. Per non essere disertori, ma protagonisti. Le tante opere di cui anche noi col sito rendiamo conto ne sono testimonianza.